Nel 1974, il cantautore Edoardo Bennato cantava: “Salviamo il salvabile”. Oggi in Alessandria il duo Sindaco Abonante e Assessore Perrone, sperando nelle loro doti canore, riproducono quel brano quasi disperati. In effetti, da anni il Gruppo AMAG ha intrapreso una china di declino non solo economica, ma forse soprattutto programmatica e strategica. Sarà un po’ per gli enormi sprechi: regalìe, prebende, assunzioni “politiche”, consulenze inutili agli “amici degli amici”, pensionamenti d’oro, e un po’ perché a livello nazionale il settore dei servizi pubblici a domanda individuale è ormai appannaggio di pochi che operano in situazione di oligopolio. Ci si è messa anche l’Europa con le sue leggi sul libero mercato e la concorrenza a danneggiare quel poco di imprenditorialità pubblica che, creata ai tempi dell’odiato fascismo da un grande uomo che si chiamava Alberto Beneduce (1877 – 1944; nella foto a sinistra), è poi proseguita nel secondo dopoguerra col pensiero economico del vituperato Amintore Fanfani (1908 – 1999; nella foto a destra), anch’egli snobbato in patria, ma ispiratore di grandi personalità politiche mondiali quali il Presidente J.F. Kennedy che dichiarò di essere entrato in politica dopo aver letto i saggi del nostro statista. Gli è che il nostro capitalismo non è mai riuscito ad abbracciare fino in fondo l’etica protestante del mondo anglosassone, freddo e spietato nei confronti di chi fallisce perché punito da un Dio che non concede libero arbitrio all’uomo. Non a caso l’art. 1 della nostra Costituzione parla di lavoro (certo non tanto e non solo come lavoro dipendente) ma come opera delle mani e della mente degli uomini al servizio della redenzione (per chi ci crede) o del progresso dell’umanità (per chi non ci crede o ci crede poco). Tutto è andato più o meno bene fino a quando la sovranità di battere moneta e la piena discrezionalità di promulgare leggi sono rimaste a casa nostra. Avendo oggi perso e l’una e l’altra facoltà, ai nostri “poveri” amministratori alessandrini non resta che intonare la canzone di Bennato, perché come si usa dire dalle nostre parti: “Sono cambiati i musicanti, ma la musica è rimasta la stessa”.