Sanremo (da Genova Today) – La 73esima edizione del Festival di Sanremo è andata in archivio con la vittoria di Marco Mengoni con ‘Due vite’ davanti a Lazza con ‘Cenere’ e Mr. Rain con “Supereroi”. L’Udc Liguria critica però lo spettacolo condotto da Amadeus attraverso una nota redatta dal responsabile regionale della comunicazione Paolo Carini.
“Quest’anno abbiamo pazientato – si legge -, avremmo voluto mettere in guardia gli organizzatori del Festival di Sanremo di non permettere azioni che potessero offendere nessuno ma abbiamo poi deciso di attendere speranzosi. Puntualmente invece ci troviamo a dar voce a milioni di italiani che hanno assistito ad un Festival che ormai ha ben poco a che fare con la canzone italiana e che con i loro soldi hanno pagato uno spettacolo desolante. Si è dovuto ricorrere a linguaggio scurrile, mimiche di rapporti sessuali, vestiti indecenti e baci omosessuali nel vano tentativo di accaparrarsi il favore dei giovani e per nascondere la povertà artistica che invece ha contraddistinto lo spettacolo. Non con i nostri soldi – scrive l’Udc ligure in una nota – vorremmo che ci fosse un ritorno alla decenza e vorremmo che gli influencer e gli artisti si rendessero conto che, in questo tempo, i giovani prendono esempio dai loro comportamenti. Non si può mascherare e promuovuore il diritto alla libertà di espressione con atteggiamenti del tutto fuori luogo e volgari perché altrimenti si rischia solo di abbassare l’asticella morale della nostra società. Il turpiloquio, la mancanza di decenza e atteggiamenti provocatori non sono sinonimo di libertà ma anzi di prevaricazione. La nostra libertà finisce dove inizia quella altrui. Per questi motivi – conclude l’Udc Liguria – diffidiamo gli organizzatori del Festival di Sanremo a continuare su questa strada dannosa per l’immagine dello spettacolo e soprattutto per la sensibilità di una gran parte dei telespettatori, augurandosi che fin dalla prossima edizione si possa tornare alle origini del Festival valorizzando ciò che conta: l’ottima musica italiana”.
Sul Festival di Sanremo, sul quale non diamo giudizi per il semplice fatto che noi di Alessandria Oggi abbiamo preferito guardare Poirot e Il Tenente Colombo, riceviamo dal Sovrano Militare Ordine del Tempio la Prima Lettera di San Paolo ai Romani, che pubblichiamo volentieri per la sua straordinaria attualità, nella speranza che il Festival di Sanremo torni ad essere quello che è: una gradevole rassegna di bella musica italiana.
(Prima Lettera ai Romani) – Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture, riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore. Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell’apostolato per ottenere l’obbedienza alla fede da parte di tutte le genti, a gloria del suo nome; e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo. A quanti sono in Roma diletti da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo. Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché la fama della vostra fede si espande in tutto il mondo. Quel Dio, al quale rendo culto nel mio spirito annunziando il vangelo del Figlio suo, mi è testimone che io mi ricordo sempre di voi, chiedendo sempre nelle mie preghiere che per volontà di Dio mi si apra una strada per venire fino a voi. Ho infatti un vivo desiderio di vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale perché ne siate fortificati, o meglio, per rinfrancarmi con voi e tra voi mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io. Non voglio pertanto che ignoriate, fratelli, che più volte mi sono proposto di venire fino a voi – ma finora ne sono stato impedito – per raccogliere qualche frutto anche tra voi, come tra gli altri Gentili. Poiché sono in debito verso i Greci come verso i barbari, verso i dotti come verso gli ignoranti: sono quindi pronto, per quanto sta in me, a predicare il vangelo anche a voi di Roma. Io infatti non mi vergogno del vangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco. È in esso che si rivela la giustizia di Dio di fede in fede, come sta scritto: Il giusto vivrà mediante la fede. In realtà l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.
Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.
Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa.