di Andrea Guenna – Mio padre s’è fatto due anni nel lager tedesco di Lukenwalde (settembre 1943 – agosto 1945) dove, insieme agli Imi italiani, c’erano prigionieri di tutto il mondo, e lì ha conosciuto i francesi di cui diceva peste e corna: tronfi, prepotenti, sciovinisti, insopportabili e maleducati. Non aveva torto. Ne abbiamo conferma tutti i giorni: dall’arroganza di Arnaud de Puyfontaine (Vivendi) nel Cda di Tim, alla totale insensibilità dei partner francesi di Arcelor Mittal in Acciaierie d’Italia (Ex Ilva), alla maleducazione cronica di un certo signor Macron che guarda tutti dall’alto in basso credendo di contare in Europa e facendo peso su una reputazione che non c’è. Il signor Macron che mi è personalmente antipatico, gioca con l’Italia e con la nostra premier, prima con una politica inaccettabile sugli immigrati (la Francia non li vuole e ce li rispedisce al confine di Ventimiglia) e ora con un atteggiamento sfrontato verso colei che considera una premier d’un Paese di serie B, dimenticando che l’Italia è la seconda potenza manifatturiera del continente. Ma i francesi sono quella roba lì. Ieri è successo che, quando Giorgia Meloni, poco dopo il tramonto, è volata a Bruxelles per il consiglio europeo, a Parigi stava per cominciare la cena fra Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Volodymyr Zelensky. Lei, la premier italiana, non è stata invitata. Né il presidente francese le aveva parlato della cosa l’ultima volta che si sono sentiti al telefono, lunedì scorso. Ebbene quel francese, come quasi tutti i cugini d’Oltralpe, è un emerito cafone. Lo ha confermato anche in questa circostanza, perdendo una buona occasione per dimostrare il contrario. Niente, è più forte di lui e dei francesi. Qualcuno dice che il vertice parigino dimostra solo una voglia di protagonismo del Galletto, alle prese con problemi interni, con le proteste di piazza contro la riforma delle pensioni. Ma lo sgarbo diplomatico c’è e non si può negare, e fa bene Giorgia Meloni a non avere inserito nella sua agenda una visita a Parigi, almeno a breve. Lei va dappertutto, meno che in Francia, e fa benissimo. Oltretutto noi non abbiamo bisogno dei francesi. Stiano pure a casa loro che per noi è anche meglio. Quando vado in Bretagna a trovare i miei consanguinei (che essendo dei Britanni detestano i francesi che sono dei Galli), faccio una tirata senza sosta da Alessandria a Vannes (l’antica Gwened). È un po’ dura, ma quella lunga tappa mi risparmia una sicura litigata col francese di turno. Per dirla tutta poi, non possiamo fare a meno di osservare che Zelensky, nelle sue missioni, è stato a Londra e a Parigi, dopo aver incontrato Biden alla Casa Bianca. Ha incontrato i leader dei Paesi che evidentemente ritiene più affidabili per la causa ucraina – Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania – e non ha fatto tappa a Roma.
E allora sarebbe il caso che Roma non mandasse più armi all’Ucraina.
Per dirla alla napoletana: che si arrangiassero. E uscire da questa Europa di galline, come ha fatto la Gran Bretagna, potrebbe essere un’idea che funziona se ci garantiamo il gas e il petrolio col Piano Mattei.