Torino – Oltre il 50% dei lavoratori in Piemonte sono operai che non arrivano a guadagnare 1.500 al mese per 14 mensilità, 21.000 euro all’anno, contro gli oltre 100.000 euro d’un dirigente e i 30.000 di un impiegato di primo livello. Il divario è insostenibile anche alla luice delle molte difficoltà contemporanee, dalla pandemia al caro bollette. Me le differenze esistono anche in riferimento al sesso: se sei donna per lo stesso lavoro prendi il 30% in meno d’un uomo, con conseguenza anche sulle pensioni. Ma anche il rapporto tra impiego a tempo indeterminato e precariato, fino ad arrivare all’aumento dei pensionati che allarga la distanza tra chi versa contributi e chi invece percepisce una pensione.
Ad essere precisi in Piemonte gli operai sono il 51,7% dei lavoratori, gli impiegati sono il 39,1%, poi ci sono i quadri e i dirigenti. Qui da noi operai e impiegati prendono di più rispetto alla media nazionale, mentre i quadri percepiscono meno dei colleghi nella Penisola, così come i dirigenti.
Anche gli aumenti premiano di più gli uomini, visto che rispetto al 2020 gli stipendi sono saliti di 117 euro contro aumenti di 84 euro per le donne. Rispetto al dato nazionale, comunque, le retribuzioni piemontesi sono superiori del 7,6%.
La differenza tra uomo e donna si vede anche nelle carriere: la presenza femminile nei ruoli dirigenziali è del 17,9% ( la media nazionale è del 20,2%) anche se è in crescita: nel 2017 erano il 14,7%. Anche tra i quadri la presenza i maschi sono di più e le donne sono il 30,5%.
La differenza retributiva si riverbera anche sulle pensioni. Se il dato medio assoluto è di 1740 euro, nel settore privato le donne percepiscono circa il 44,7% in meno rispetto agli uomini: a fronte di un dato medio di 1.107 euro, gli uomini percepiscono 1.482 euro e le donne solo 819. Nel settore pubblico il dato medio di pensione è di 1.916 euro: gli uomini prendono 2.367 euro e le donne 1.676. Una forbice che si mostra anche nelle pensioni previdenziali (1.209 di media, uomini a 1.639 euro e donne a 878), mentre le assistenziali sono sostanzialmente allineate su una media di 474 euro.
Cresce il precariato: aumentano le assunzioni, ma ogni cento ingressi solo 22 sono a tempo indeterminato. Mentre su cento cessazioni, sono 32 quelle di rapporti a tempo indeterminato.