“Tanto tuonò che piovve”: a proposito dell’Alessandria Calcio, dal maggio scorso a oggi, l’antico adagio calza alla perfezione. Tutto quello che a maggio temevamo succedesse è successo. Inoltre, fra i pochi (se non l’unico) organi d’informazione che abbiano posto al centro dell’attenzione l’interesse, l’immagine e il futuro del club, è stato questo giornale on line, e per questo noi che lo facciamo siamo oggetto di insulti da trogloditi da parte di quei beduini appartenenti alla frangia più radicale del tifo, in assenza d’un qualsiasi apprezzamento espresso da chi è rimasto nella società grigia. Ci rincuorano invece i numeri dei nostri lettori e magari, dietro questa testimonianza, ci sono persone che hanno condiviso il nostro punto di vista. Ma andiamo oltre, scrivendo quello che è giusto, senza timori, impermeabili a sofismi o capriole a cadenza settimanale, tipici di chi invece tende a scrivere quello che certa gente, magari vocata ad atteggiamenti intimidatori, vuole leggere. La situazione è fluida: saltata la catena di comando societaria coloro i quali pensano di avere in mano le sorti della piazza (parliamo d’un centinaio di personaggi bene identificati) sono in realtà privi di autorevolezza, cultura sportiva ed equilibrio. Brutto momento questo e non ci sentiamo di escludere gesti clamorosi (basta leggere fb) che proietterebbero questa piazza calcistica sulla stampa specializzata nazionale che ha cominciato a trattarci come una manica di cialtroni. Adesso proviamo a rispondere ai molti che ci hanno posto la “domanda delle domande”: ma quando, come e perché Di Masi ha cambiato atteggiamento, dopo nove anni di presidenza, trasformandosi da proprietario munifico e motivato nel più svogliato e disinteressato dei patron? Premesso che non abbiamo notizie dirette in merito se non quelle che sono a disposizione di tutti, ci proviamo. Prima però diciamo ben chiaro che, secondo noi, il responsabile maggiore di questa situazione non può essere altri che Di Masi, in qualità di proprietario e massimo esponente dell’Alessandria Calcio. Vero è anche che chi avrebbe dovuto suggerire e indicare percorsi utili per ruolo, competenza e professionalità si è subito chiamato fuori, anzi, ha lasciato che il bombardamento esterno progredisse e meraviglia che nessuno lo abbia mai rilevato.
La “crisi di rigetto” di Di Masi, secondo noi, non è coincisa con la retrocessione del maggio scorso, come tempi e dichiarazioni suggerirebbero, ma è partita prima, diciamo nel mese di febbraio. La crisi, per quel che riguarda il Presidente, è rimasta latente fino alla sciagurata sconfitta contro il Vicenza anche perché, dalla fine del mercato di gennaio fino alla retrocessione, si era diffusa la malcelata convinzione che la salvezza fosse comunque a portata di mano. Cedere poi l’Alessandria ancora in B sarebbe stato certamente agevole. Purtroppo, almeno secondo noi, il mercato di riparazione sballato, gestito da Artico, unito al successivo mese di febbraio caratterizzato da un tour de force disastroso per la nostra classifica con tre partite alla settimana ha contribuito a far precipitare la situazione.
Probabilmente tutto ciò non sarebbe bastato se non ci fosse stata una rottura di natura personale e caratteriale fra Presidente, Ds e Mister. Questi ultimi due, durante la crisi tecnica e sportiva ricordata, forse hanno abbandonato ogni sorta di correttezza formale e lealtà per il loro datore di lavoro, magari smentendo pubblicamente passaggi concordati con Di Masi in camera caritatis, cercando di scaricare anche i propri errori sulle spalle della proprietà. Queste motivazioni, almeno secondo chi scrive, sono alla base della totale sfiducia che a un certo punto ha attanagliato Di Masi nei confronti dei suoi dirigenti tecnici e sportivi. Il Presidente si sarebbe quindi sentito “tradito” dai suoi collaboratori benché avesse concesso loro trattamenti generosi sotto ogni punto di vista.
Da aggiungere che alla base di questa crisi presidenziale potrebbero esserci anche motivazioni di ordine patrimoniale, finanziario e famigliare ma non necessariamente legate al vil denaro e comunque non determinanti. Inoltre, nella fattispecie, ricordiamo che Ds e Mister erano legati alla società da contratti pluriennali e quindi il loro scaricabarile a chi avrebbe giovato, se non al loro orgoglio? Qui hanno dato di sé l’immagine di due professionisti poco avvezzi a lavorare in gruppo.
Queste sono le cause della crisi in cui è entrato Di Masi, tenendo conto che i buoni rapporti personali sono spesso il segreto delle grandi imprese aziendali, quando ognuno fa proficuamente il suo e aiuta il collega in difficoltà. Purtroppo ci siamo giocati in questi ultimi mesi quanto di buono era stato costruito nelle nove stagioni precedenti quando s’era lavorato per fare dei Grigi un Club all’avanguardia dal punto di vista dell’immagine e della comunicazione e, pure dal punto di vista agonistico e sportivo, sono state portate a termine stagioni premiate da risultati importanti.