Moreno Longo, mister dei Grigi della cavalcata verso la B e della successiva retrocessione dopo un solo anno di cadetteria, l’altro giorno ha rescisso “consensualmente” il contratto che lo legava ancora per una stagione all’Alessandria. Il giorno dopo l’addio l’ex mister si è sentito in dovere di scrivere la classica lettera d’addio. Lo fanno tutti i calciatori, gli allenatori e i DS (e persino i massaggiatori), ringraziando la piazza calcistica che li ha supportati (e a volte sopportati). Sono comunicati scritti con lo stampino, nei quali il neo ex ringrazia tutti, ma proprio tutti, in un festival di sdolcinature e frasi fatte, prevedendo un tacito possibile arrivederci (nella vita non si sa mai). L’amanuense che si è invece dedicato alla stesura della missiva in oggetto non ha ringraziato tutti. Però aveva le idee chiare e una conoscenza approfondita delle realtà che compongono l’attuale galassia mandrogna ora impegnate in una guerra civile senza quartiere, dividendo, bontà sua, i buoni dai cattivi. Senza addentrarci in giudizi di merito sul lavoro e i risultati qui raccolti da mister Longo (quello è stato fatto partita dopo partita) c’è qualche passaggio della lettera d’addio che non convince luogo. Anzi, siamo sorpresi che la critica sportiva cittadina si sia acriticamente bevuta ogni parola di quanto pubblicato su Instagram, della serie: “Conformisti si nasce”. Longo esordisce nel suo scritto esaltando “il sostegno unico e incessante ricevuto dentro e fuori dal campo”. Peccato che nei primi sei mesi (quelli della cavalcata promozione) le partite siano state giocate a porte chiuse, parte dei play off compresi. Quindi ci sarebbe stato “sostegno unico e incessante”? Ma dai, come non ricordare che si giocava in un acquario? Longo così continua, testualmente: “nelle favole non sempre c’è il lieto fine, lo avremmo meritato noi e voi (?) che abbiamo lottato contro tutto e tutti”. L’autore (o gli autori, comunque attenti: la punteggiatura è zoppicante) a chi si riferisce scrivendo “voi”? Se escludiamo gli avversari di turno, Longo si riferisce a tutto e tutti quelli contro i quali avrebbe lottato. Chi sono? Ma, soprattutto, possibile che nessuno in società (se abbiamo capito il non detto) l’ha aiutato a fare il suo lavoro? Caro Moreno, noi pensiamo, e lo abbiamo scritto a più riprese, che tu abbia portato avanti un ottimo lavoro. Immediatamente dopo la retrocessione però nei social sei stato indicato da molti tifosi come il colpevole principale della stagione fallimentare. Sappiamo bene che, Di Masi a parte, se non fossi stato individuato tu come capro espiatorio, in tanti avrebbero dovuto prendersela col “Fantasma del Louvre”, cioè il massimo responsabile tecnico sportivo: Artico. Nessuno ha voluto rischiare la pena di morte per il reato di Lesa Maestà così tu, dopo la maglia col tuo faccione impresso venduta dai tifosi, in un mesetto sei passato come il babbeo di turno. Tu che comunque, dopo la serataccia contro il Vicenza, sei sparito e adesso troverai un’altra panchina per la stagione che sta per iniziare. Te ne vai con le tasche piene, salutando e ringraziando chi pensi ti possa essere utile in futuro: tutto legittimo. A noi invece, che ai Grigi teniamo sul serio, preme ringraziare chi è rimasto qua a lavorare per salvare il salvabile. In questo momento di totale confusione e anarchia, c’è stato chi ha tentato di tenere la barra dritta tra insulti e sberleffi, guadagnando un decimo di quello che hai portato a casa tu e il tuo DS da questa città. E se al Mocca vedremo ancora giocare i Grigi dobbiamo ringraziare questi modesti travet che, senza nascondersi dietro mielosi comunicati e senza sperare in buone uscite milionarie, hanno permesso ai Grigi di “esserci” ancora. Dopo di che siamo arrivati a un’altra amara conclusione: per fare cose importanti non servono geni ma bravi professionisti che cercano di unire e motivare i gruppi di lavoro. Questo vale sia per Longo che per il nostro attuale DS. Pure lui, guarda caso, in attesa d’una robusta buona uscita. L’Alessandria Calcio ormai è un’azienda la cui ragione sociale è “la risoluzione consensuale”. E per questo a volte si muore.