Alessandria – Dopo la presentazione di ieri nella sala conferenze dell’ospedale cittadino del progetto regionale per la nuova struttura le idee restano confuse in quanto non si sa dove e quando sarà fatto. Inoltre i mal di pancia aumentano perché con tutti i soldi previsti per la realizzazione (oltre 300 milioni di euro) non si parla di assunzioni. I “malpancisti” ricordano che si può recuperare l’attuale struttura integrandola con l’ex ospedale psichiatrico che la fiancheggia, risparmiando un sacco di soldi per favorire l’assunzione del personale medico e paramedico di cui si ha un forte bisogno (a fianco un’ipotesi che collega le due strutture tramite un corridoio sospeso che, oltre tutto, è anche bello dal punto di vista architettonico e funzionale dal punto di vista urbanistico). Quello che si sa, oltre al costo (?), è che non è certo che si farà proprio dove è stato detto, perché sono in corso valutazioni di altre aree, mentre i posti letto non saranno 800, ma tra i 538 del polo principale più quelli dell’Infantile e del Riabilitativo Borsalino, per cui si arriva a 725. I malpancisti affermano che se si recuperasse la vecchia struttura che è perfettamente adatta alle nuove esigenze, si arriverebbe ad avere nel complesso ben 1.000 posti letto. E allora? Allora non ci siamo perché una struttura nuova serve solo a buttare via i soldi e a probabili tangenti. L’operazione prevede la realizzazione del nuovo ospedale di Alessandria, hub della rete e centro di riferimento per la cura di tutte le patologie ad alta complessità, sede Ircss e di percorsi universitari per le lauree in Medicina e Scienze infermieristiche, quindi la riorganizzazione dei posti letto a disposizione nei vari dipartimenti di tutti i presidi ospedalieri dell’Asl. Questo significa anche riordinare gli ospedali dei centri zona come Casale e Ovada: non a caso, in sala, erano presenti anche i sindaci Federico Riboldi e Paolo Lantero. Per rafforzare la sanità territoriale si vuole puntare sull’attività infermieristica domiciliare, messa in funzione di 9 case della salute, tre ospedali di comunità e quattro centrali operative territoriali. Il nuovo ospedale occuperà una superficie di 95.000 metri quadrati, con 538 posti letto, 90 posti tecnici (osservazione, culle, dialisi, chirurgia ambulatoriale complessa, terapie oncologiche), 13 sale di diagnostica, 14 sale operatorie, 4 sale di emodinamica e radiologia interventistica, 5 sale blocco parto, 2 acceleratori per radioterapia, 2 Pet-Tc e 90 ambulatori. Questo garantirà 25.000 ricoveri, 110.000 esami di diagnostica, 20.000 interventi chirurgici, 1.500 parti e 260.000 visite all’anno. Sulla carta perché se assumono nuovo personale si rischia di costruire l’ennesima, costosissima e inutile cattedrale nel deserto. E io pago.
Ora, siccome in Italia si continuano a fare sempre gli stessi errori, informiamo i lettori che di questa porcheria si parla da almeno dieci anni e, a questo proposito, ripubblichiamo (repetita iuvant) un attualissimo ancorché datato, articolo del nostro Guido Manzone che ci ha lasciati per sempre sei anni fa.
5 aprile 2013: “L’ospedale va bene dov’è, basta tangenti a scapito del bene comune”
di Guido Manzone
Spinti da inestinguibile voracità sono nuovamente al lavoro i costruttori di macerie. Non essendo bastata l’illegale distruzione degli ottimi ponti della Cittadella e del Sanatorio, che non erano assolutamente da abbattere, ora vogliono trasferire l’ospedale civile, unica cosa che ad Alessandria funziona molto bene, che non è da trasferire. E vogliono farlo senza avere nemmeno i soldi per finanziare l’operazione. Ma l’essere impuniti nel loro nefando agire li fa credere furbi, inducendoli a confondere corruzione con intelligenza. Con la cupa pazienza dell’avvoltoio aspettano il momento opportuno agitando con le loro indegne zampe le nobili bandiere della salute e della vita dell’uomo, sotto la cui ombra si cerca di celare l’indegna intrapresa. Ma il male non può essere gestito da soli. Il farlo necessita della complicità delle vittime persuase, con false parole, ad agire in modo contrario al loro bene. Una città non è la somma di individui, ma una comunità che si riconosce in un insieme di valori condivisi. Sono proprio questi valori che occorre stravolgere e prostituire per piegare i molti al vantaggio di pochi. Questo agire spiega come, in regime democratico, la gestione del male sia divenuta sempre più costosa, privilegiando i grandi lavori che permettono grandi tangenti. Non è un caso che in questo periodo di crisi, gli appartenenti alla destra e alla sinistra piemontesi, come branchi di lupi affamati, si siano lanciati sugli ospedali con proposte contrarie agli interessi comuni. La giunta Cota vorrebbe cedere ai privati il 40% della proprietà degli ospedali. Ed in particolare gli immobili, che le ASL dovrebbero affittare dai novelli proprietari, a prezzi di totale vantaggio per questi ultimi. Il che in breve tempo distruggerebbe i bilanci aprendo la strada ad una cessione definitiva della sanità piemontese. E così la nostra regione finirebbe come gli Stati Uniti in cui gli appartenenti alle classi meno abbienti non sono curati. Situazione deprecabile contro cui giustamente si batte da anni l’attuale presidente Obama, onde porre fine al fatto che gli abitanti degli USA, proprio per mancanza di cure, vivano mediamente alcuni anni meno di quelli di paesi come l’Italia. In compenso gli appartenenti alla sinistra alessandrina se da un lato si oppongono all’infame proposta Cota, dall’altro si stanno già scannando per l’ipotetica localizzazione del futuro ospedale cittadino. C’è chi vuole metterlo al Cristo in tenuta Taverna, c’è chi lo vuole al Borsalino (giro ex socialista) e c’è invece chi lo vuole ad Alessandria 2000 (Rossa, ex PCI). Tre proposte assolutamente demenziali anche da un punto di vista urbanistico. Il Cristo è fuori baricentro e difficilmente raggiungibile sia per i pazienti che per il personale, e soggetto a continui intasamenti di traffico. Le altre due sorgono in aree golenali con tutte le conseguenze del caso. (Per dovere di cronaca al tempo in cui Guido ha scritto l’articolo non esisteva ancora l’ultimo progetto che, per essere sinceri, sentito Genesio il leghista, non si conosce neppure oggi; n.d.r.).
L’attuale ospedale di Alessandria sta benissimo dov’è. È ottimamente posizionato da un punto di vista urbanistico e, trovandosi sulla circonvallazione, è nell’area più facilmente raggiungibile dell’intera città. A fianco c’è il gigantesco edificio vuoto dell’ex ospedale psichiatrico con vastissimi cortili e lasciato dolosamente inutilizzato proprio allo scopo di creare disservizi, con cui giustificare il trasferimento del vicino ospedale. Inoltre confinante, subito al di là della circonvallazione, vi è l’enorme estensione dei cosiddetti Orti del manicomio, in cui sarebbe possibile creare un gratuito posteggio riservato sia ai dipendenti che ai pazienti. Poiché è profondamente errato aspettare che la casa bruci prima di intervenire, chiediamo a tutti i cittadini di muoversi per impedire il truffaldino trasferimento dell’ospedale civile di Alessandria. Chiediamo pure che si tuteli con ogni mezzo quello che oggi è l’unico e solo orgoglio della città utilizzando per suoi eventuali ampliamenti ciò che già gli appartiene e nel contempo non solo si impediscano i tentativi di privatizzazioni regionali, ma si richieda alla Regione di saldare al più presto i suoi debiti con le nostre strutture sanitarie evitando sprechi di prestigio, come l’inutile e costosissimo grattacielo della Regione, questo sì da vendersi al più presto ai privati, essendo questa l’unica ed auspicabile forma di privatizzazione”.