I social mi censurano in quanto, per gli sgrammaticati estensori di certe critiche sgangherate, Cichinisio è uno scomodo controcanto, cronista e commentatore politicamente scorretto, non gestibile, quindi da silenziare. Di fatto nessuno commenta quello che settimanalmente scrivo, perché hanno paura, perché questo sito è come la vecchia DC del dopoguerra: nessuno diceva di votarla ma, nel segreto delle urne, prendeva il 40% dei voti, mentre oggi questo sito è il più letto di tutta la provincia. Il successo del giornale e di questa rubrica si spiega col fatto che qui si scrive la verità. Non siamo stipendiati da una partecipata o dall’Alessandria per scrivere quello che vogliono loro. Io posso chiamare le cose col proprio nome. Chiamare, ad esempio, “incentivo all’esodo” la stecca data a un procuratore o a un giocatore per arrivare a una cessione non rende bene l’idea: sembra ci si riferisca alla mancetta che ti dava la nonna quando andavi in vacanza in campeggio con gli amici, per la prima volta e senza genitori al seguito. Invece, se chiami le cose col loro nome, ti accorgi che sono devastanti sugli investimenti societari. Se avessimo messo in un maialino di coccio le risorse servite per queste discutibili “pratiche” di cessione di tanti nostri giocatori ci sarebbe la liquidità sufficiente per acquistare “cash” un giocatore importante dalla C, tipo un Lucca ad esempio. Che poi con questo DS un’operazione della portata di Lucca è “follia sperar” è ovvio. Tuttavia, a mezza voce, i palafrenieri storici del DS ci venderanno la balla che, in fondo, la perversione degli incentivi all’esodo è “comune a tutte le società”. Se così fosse, provate a chiedere alle truppe cammellate di Artico se e per quale giocatore arrivato qui da noi abbiamo avuto il vantaggio di potergli pagare solo metà dello stipendio, o di aver goduto d’uno sconto robusto sul prezzo del cartellino da parte della società cedente.
Come direbbero a Napoli: “Ca nisciun’è fesso”
Ragazzi, non sono bruscolini! Stiamo parlando di oltre cinquanta calciatori comprati durante la gestione Artico, quindi un numero di tutto rispetto. La domanda sorge spontanea: c’è chi ruba? Forse nessuno, e questo non è un bene perché per dirla con Alexandre Dumas figlio “Agli imbecilli preferisco i mascalzoni perché a volte si concedono una pausa”. Quindi il problema dei Grigi riguarda il quoziente intellettivo. Lo status quo pare essere ascrivibile al Ds, anche se si trascina fin dai tempi di Magalini. Tuttavia con Artico queste cattive abitudini sono assurte a sistema, perché il Nostro, in tema di acquisti, va solo su profili scontati (non ovviamente nel senso che sono acquisti in saldo) perché solo quelli conosce e conosce solo pure i loro procuratori. Chiunque di noi, se un po’ informato, sarebbe stato in grado, quando ci serviva una punta in C, di mettere gli occhi su nomi come Eusepi o Corazza, pagandoli a peso d’oro, riconoscendo loro uno stipendio esagerato e contratti lunghi un’era geologica: poi vai a venderli se sei capace, dato che li hai pagati una barca di soldi e dovrai farlo ancora per troppo tempo. Risultato: nel luglio scorso, ti sei svenato per spedire il primo alla Juve Stabia mentre per Corazza addirittura non hai trovato l’acquirente disponibile a rilevare il suo contratto. Così, a denti stretti, hai morso nel ferro dicendo che era panna montata e, da un errore, ne sono nati altri tre: tenerti nelle croste Arrighini in scadenza per mere ragioni numeriche, cederlo in fretta e furia sei mesi dopo a condizioni di saldo e non recuperare neppure una minima parte del costo del cartellino pagato al Carpi.
Le “Primavere” di Serie A
Se poi parliamo di giovani provenienti dalle Primavere di A va ancora peggio. Parliamo di giovani che mediamente sanno “giocare al calcio”. Sono però calciatori in miniatura, spesso scolastici, materiale umano sul quale devi lavorare per modellare un calciatore vero. E certe criticità individuali di ognuno di loro non possono emergere durante il percorso di crescita nei vivai. Molti di questi giovanotti, quando integrati in un organico professionistico, non reggono alla pressione e ai pesanti carichi di lavoro cui sono sottoposti. A questo punto per alcuni inizia la via crucis per cui a ogni ostacolo si fermano: chi per problemi muscolari, chi per le articolazioni e chi invece per una serie di disagi, quando va bene, perché poi vengono a galla problemi caratteriali di difficile soluzione, della serie: vanno fuori di testa. È stato questo il percorso di Bellodi e Mora. Un classico, al punto che le società che ne detengono la proprietà, pagano il lavoro e i rischi delle società minori che “testano” la loro affidabilità e i loro margini di miglioramento. Sono considerati alla stregua di polli d’allevamento, concordando una serie di incentivi intesi come premi di preparazione e contributi che scattano ad ogni presenza in campionato di ognuno di loro. Vista l’incerta resa al momento dell’ingaggio di questi giovanotti giriamo al DS questa banale domanda: ma perché per i due ragazzi succitati sono stati concordati, anziché i soliti prestiti annuali, prestiti biennali, modalità favorevole solo alle società d’origine? O forse Artico, al momento dell’ingaggio dei due, credeva ciecamente che questi qua sarebbero diventati giocatori a tutto tondo? Risultato: Bellodi ha giocato il primo anno in C poco e male, tormentato da problemi fisici; stesso discorso per Mora. Nella stagione successiva, mentre il primo s’è irrimediabilmente rotto, il secondo, grazie al famigerato “incentivo all’esodo”, è stato collocato ad agosto in una C di basso livello. Risultato di queste due operazioni: l’Alessandria ha mantenuto, pagato, allenato, occupato due posti in organico e, soprattutto, curato questi rottami avendo in cambio solo grane, costi e nessun vantaggio perché non hanno mai praticamente giocato. E se questi qua avessero dimostrato di essere all’altezza? In questo caso la Società avrebbe avuto qualche vantaggio tecnico e una parte del loro stipendio pagato ma a goderne in futuro sarebbero stati altri: comunque la si guardi, si tratta di un’operazione perfetta, sì, ma dal punto di vista del club proprietario e del procuratore. Con Bellodi poi è sorto un altro problema di gestione del ragazzo, occhio alle date: a fine Gennaio scorso si chiude il mercato “delle opportunità” (frase con la quale Artico ci ha triturato i coglioni per due mesi). Il 9 febbraio il ragazzo si è sottoposto a un intervento chirurgico che prevedeva una lunga degenza e una fase riabilitativa dilatata. Difficile da credere che il 31 gennaio Artico non sapesse che il ragazzo sarebbe stato operato 10 giorni dopo, visto che non si trattava di un’estrazione di un molare e neppure d’una peritonite da operare d’urgenza. E se lo sapeva perché non è intervenuto sul mercato parando il colpo, invece di limitarsi a portare a casa “scommesse”, pur legittime e interessanti, come Mattiello, anche lui elemento a rischio?
La verità è che abbiamo una panchina corta
Con Prestia che si ferma a intervalli regolari per ragioni fisiche, Benedetti (triennale a cifre pazzesche) che fa panchina, Bellodi lungodegente, in difesa siamo numericamente ridotti all’osso. Ma adesso siamo “corti” pure a metà campo: l’infortunio di Pierozzi, Casarini che si allena col contagocce, Ba che non pare certo un mostro di affidabilità e Palazzi, arrivato ad agosto, ma oggetto misterioso e fisicamente idoneo, si e no, a fare lo struscio sabato pomeriggio in Corso Roma. È arrivato Gori, è vero, ma se n’è andato Beghetto (ovvio con le tasche piene). Allora non era forse utile tenersi in organico il nostro vecchio Bruccini, tra l’altro evitando di pagare per mandarlo a Mantova? Siamo sfigati? Forse. In realtà pensiamo che il mitico bomber, ora improvvisato DS e tanto amato qui da noi, si dimostri ogni giorno inadeguato nel ruolo, superficiale e incapace di elaborare e perseguire una strategia aziendale ragionevole. Ma il cuore del problema DS non l’abbiamo ancora individuato nei suoi aspetti più inquietanti perché, per ora, abbiamo solo parlato di dettagli. Prima o poi lo faremo ma ora poniamo tre domandine facili facili ai nostri lettori. Quando Fabione uscirà ufficialmente con la scontata dichiarazione: “Ogni mia operazione di mercato ha sempre avuto l’avallo del Presidente!”, un mantra scaricabarile. Seconda domanda: ma siete proprio convinti che Longo, comunque vadano le cose a fine stagione, benché titolare d’un altro anno di contratto, decida di mettere parte della sua carriera in ascesa anche nelle mani di un DS così ignorante? Due volte se l’è sfangata con perizia e professionalità (promozione insperata prima e mantenimento della linea di galleggiamento in B), perché rischiare oltre? E ancora: non vi passa per l’anticamera del cervello che Di Masi si sia stufato, non tanto di spendere soldi, ma di vederli volare via?