Nella seconda giornata di ritorno, grazie alla vittoria casalinga ottenuta a spese del Benevento che al pareggio contro il Pisa, abbiamo un po’ raddrizzato una media punti a partita che aveva accusato un brutto contraccolpo a causa della sconfitta nel recupero della XIX di andata a Vicenza. Sconfitta peraltro coronata da una prestazione dignitosa seppur vittima della sorte. Vorremmo pure far presente che la serie delle prime cinque partite dell’andata si è chiusa con zero punti in carniere, per cui i quattro punti ottenuti nei primi due match del ritorno sono un passo avanti determinante rispetto all’andata. Certo, i futuri due impegni sono roba da far tremare i polsi (Brescia in trasferta e Lecce al Mocca) ma mai dire mai. Parlando poi con un mister d’una squadra cadetta nostra concorrente, a margine del pareggio contro il Pisa, ci ha confessato che ora, trovarsi davanti i Grigi, per loro è una grana non da poco perché le marcature a uomo applicate da Longo, il pressing attuato a tutto campo e il netto miglioramento della fase difensiva mandrogna rispetto agli esordi, ne fanno un avversario che tendenzialmente riesce spesso ad annullare il gap tecnico-fisico. Sono così dimostrati due assiomi: per i motivi tecnico-tattici denunciati in tempi non sospetti, se l’avversario di giornata è di alta caratura, le nostre prestazioni migliorano rispetto a quando incrociamo delle ciofeche; se poi parliamo di le marcature “a uomo” (preferibili per motivi anagrafici perché siamo diventati tifosi e appassionati di calcio quando vigeva il modulo “all’italiana”) ci sono vantaggi e svantaggi. Non sappiamo se Longo abbia sfruttato al meglio tutti i plus del modulo applicato. Le marcature difensive su Diaw a Vicenza e di Puscas contro il Pisa non ci hanno convinto: Diaw ha fatto il bello e il cattivo tempo partendo da punta esterna, mentre Puscas del Pisa ha sfiorato ripetutamente il gol quando è stato marcato da Parodi: in questo ultimo caso ci è andata bene ma ciò non toglie che quella marcatura fosse un po’ forzata.
Certo, sono dettagli rispetto alla prestazione collettiva, rimarchevole, offerta contro la corazzata Pisa.
Non è fuori luogo un appunto al pubblico de noantri presente sabato scorso al Mocca. Dando atto che gli spettatori hanno portato come sempre una dose di calore e di entusiasmo, siamo convinti che, per ragioni etico-sportive, un applauso al nostro ex mister D’Angelo, prima dell’inizio della partita, fosse dovuto. Luca D’Angelo, è vero, è stato ingaggiato da un DS (Menegatti) che qui ha fatto ridere i polli ed è arrivato per sostituire “Scusatis”, ma a dispetto della qualità del suo sponsor e del suo predecessore, il buon Luca ha dimostrato di essere, oltre che un ottimo allenatore, una bella persona. Qui ha lavorato con profitto una stagione e mezza, conquistando una salvezza in C2 e la C girone unico, imprese tutt’altro che scontate. Purtroppo è stato bistrattato (magari per cose che col calcio non c’entrano niente) da certa tifoseria che, una volta di più, ha dimostrato di non saper riconoscere l’erba che fa il grano rispetto alla gramigna. Sabato scorso c’era per tutti l’occasione per riscattarsi con un applauso collettivo della curva ma la nostra tifoseria non ha colto l’occasione (con certi “maestri” sarebbe stato sorprendente il contrario… vero Penna Cadente?). La lezione di sportività e attaccamento a questa piazza l’ha impartita invece Luca D’Angelo, autentico uomo di calcio che, a fine partita, ha gratificato il pubblico alessandrino per la passione che dimostra. Il problema di certi personaggetti “col cuore grigio” è meramente culturale: per questa roba qua abbiamo pagato, paghiamo e pagheremo prezzi pesantissimi.
Siamo una piazza “medioevale”, ammalata e senza dignità, che snobba la critica.
Passiamo invece al mercato di riparazione chiuso la settimana scorsa.
Sono partiti in sette (più due ragazzini in Interregionale) e ne sono arrivati cinque. La novità è stata che abbiamo visto esordire, a parte il portiere di riserva, tutti i nuovi ingaggiati: Gori, Coccolo, Mattiello e Fabbrini. Fare ora valutazioni tecniche sui nuovi giocatori ci pare inutile e superficiale. Bene, dirà qualcuno, “avete visto che poi in fondo anche Artico, quando si impegna, è capace pure lui a vendere i giocatori?”. Non è vero: questa campagna di dismissioni è costata alle casse sociali una barca di soldi perché non c’è stato giocatore ceduto senza buona uscita, anche quelli arrivati in presto questa estate (Beghetto, ad esempio) se ne sono andati da qui ma prima si sono riempiti le tasche. Il mancino, pur di proprietà del Pisa, ha preteso infatti da Di Masi la differenza tra lo stipendio mensile pattuito con l’Alessandria giusto sei mesi fa e quanto invece il Perugia gli corrisponderà fino al prossimo giugno.
Capitolo Arrighini: punta ambita in C e in scadenza di contratto. Un DS con le idee chiare l’avrebbe ceduto in estate anziché ridursi a venderlo l’ultimo giorno del mercato successivo, ma fa listess. La cessione però, anziché essere “a saldo zero” come logica avrebbe suggerito, è stata il solito bagno di sangue per il nostro club, perchè il cartellino e i bonus pagati al Carpi per l’acquisto della punta (e non si tratta certo di una cifra simbolica ma almeno con 5 zeri e non con l’uno davanti) nel caso in cui la Reggiana a fine stagione non facesse il salto di categoria, non ci sarebbero riconosciuti, e l’Alessandria si troverebbe pure a scontare un’esosa minusvalenza (quanto poi per lo stipendio al ragazzo ci auguriamo che gli emiliani non abbiano fatto i pidocchi chiedendo a Di Masi un ennesimo intervento).
Sembra che l’Alessandria sia l’unica società professionistica che paga le cessioni a vantaggio dei club che comprano i quali ormai conoscono il giochino. Quindi, quando qualche storico amichetto di Artico sui social invita Di Masi a “scucire i soldi se no è meglio che si ammazzi”, sarebbe opportuno che si facesse raccontare la verità sulle operazioni condotte con tanta sagacia. E tutti quelli che corrono a mettere “mi piace” su post di quel tenore, se magari accendessero il cervello prima di condividere le minchiate partorite dall’amichetto dell’amico: sarebbe già un segnale di crescita. Quindi Di Masi, al quale tutti noi di Alessandria Oggi fanno gli auguri per aver compiuto ben nove anni in casacca grigia, anche stavolta la grana l’ha scucita, caro il nostro tifoso. Solo che anziché i soldi spesi, anziché servire per comprare calciatori buoni, sono stati usati per coprire le fotoniche minchiate del DS in sede di campagne acquisti, presenti e passate. E non illudetevi, perché l’emorragia di denaro fresco senza un reale ritorno tecnico non sono finite con questo giro di valzer. Proseguiranno, sanguinose come sempre, nei calciomercati futuri, senza soluzione di continuità e, per carità di patria, non facciamo nomi e cognomi dei giocatori indiziati. La prossima volta invece, avendo già commentato più volte i mercati iniqui condotti da Artico, si affronterà un altro tema che, se possibile, è ancor meno qualificante per il DS. Parleremo infatti di politica societaria relativa alla struttura tecnica. Analisi che la dirà lunga rispetto alla professionalità e all’impegno del nostro attuale DS. C’è una serie di iniziative che avrebbe dovuto e potuto intraprendere ma s’è ben guardato dal farlo.
Chiediamo inoltre a sportivi e tifosi di andarsi a risentire attentamente le dichiarazioni del nostro DS nell’ultima – e fin qui unica da luglio 2021 – conferenza stampa organizzata la settimana scorsa e confrontatele con quello che il DS (cose ribadite a pappagallo dai suoi “amichetti cichi cichi pucci pucci” sui social) va dicendo in giro per la città. Possibile che cose antitetiche fino a quel punto possano uscire dalla stessa boccuccia? O per lui vige la “Regola Virna Lisi”: “con quella bocca puoi dire ciò che vuoi”? E quali sono le versioni attendibili? Le ultime o le solite? Le cose dette pubblicamente coi giornalisti a far da notaio, o quelle da lui sostenute coi suoi amichetti davanti a una birretta o a un caffè? Sapete come li chiamano a Firenze quelli che dicono un giorno una cosa e il giorno dopo il contrario, secondo l’interlocutore che ci si trova di fronte?
Bandoni.
O forse non a Firenze.
Ma ci siamo capiti lo stesso.