di Marcello Veneziani – Chi sono oggi i Potenti della Terra? In altri tempi avremmo indicato i nomi dei principali Capi di Stato, più i grandi comandanti degli apparati militari delle Superpotenze. Ma i leader delle democrazie sono di passaggio, vulnerabili e con limitati poteri, ben riassunti dall’impacciata leadership di Biden; molti autocrati di potenze regionali hanno grande peso nella loro nazione e nella loro zona di influenza ma non possono dirsi Potenti della Terra. Ad eccezione di Xi Jin Ping, e solo in parte di Putin, i veri potenti della Terra gestiscono risorse chiave del mondo globale. Oggi i Potenti della Terra sono soprattutto i giganti planetari della Finanza, i padroni dei grandi colossi tecno-economici, nel regno della comunicazione e della distribuzione, delle fonti energetiche o di Big Pharma, che hanno visto raddoppiare i loro profitti nell’epoca del Covid. Ma il loro potere non deriva semplicemente dalla loro ricchezza in espansione e non è quella a suscitare la maggiore preoccupazione: si possono definire Potenti della Terra coloro che dispongono di imperi transnazionali e hanno l’ambizione e i mezzi per condizionare il futuro dell’umanità.
Nei giorni scorsi è stato pubblicato dall’Oxfam un rapporto intitolato La pandemia delle disuguaglianze in occasione del summit dell’economia e della finanza che si tiene a Davos. Tutti i media del mondo hanno ripreso i dati e i nomi di queti superricchi, soffermandosi dal punto di vista delle disegueglianze, sottolineando cioè che mentre mezzo mondo, anche in Occidente, si impoveriva o viveva in difficoltà con la pandemia, c’era chi si arricchiva smisuratamente. Il sottinteso era il tema, eticamente indiscutibile ma praticamente irrisolvibile, di condannare l’ingiusta concentrazione della ricchezza, rispetto alle povertà sempre più vaste e diffuse, e di auspicare una distribuzione più equa dei beni nel pianeta.
I loro nomi e i loro marchi sono famosi in tutto il mondo: Jeff Bezos di Amazon, Elon Musk di Tesla e Space X, Mark Zuckenberg di Facebook-Meta, Bill Gates di Microsoft, Larry Page e Sergey Brin di Google, e poi il francese Bernard Arnault e il suo impero famigliare; Larry Ellison, Steve Ballmer, Warren Buffet e altri giganti cinesi, indiani, giapponesi, arabi. I dieci uomini più ricchi del mondo hanno raddoppiato i loro patrimoni da 700 a 1.500 miliardi di dollari, nel giro di pochi mesi. Ma il tema della super ricchezza, pur così importante, è secondario rispetto alla concentrazione della potenza nelle loro mani, che è poi il vero tema in gioco per i destini dell’umanità. Ovvero, i grandi supericchi inquietano non tanto perchè si arricchiscono smisuratamente in un momento di disgrazia planetaria; ma perché alcuni di loro fanno pesare la loro potenza finanziaria, industriale, commerciale e mediatica in ambiti che modificano pesantemente la vita dell’umanità. Quando si considerano i progetti di Elon Musk e di Jeffy Bezos, di Bill Gates e di Zuckenberg, o di Soros, ci rendiamo conto che la loro ambizione va ben oltre i profitti aziendali; è quella di mutare i comportamenti e gli orientamenti dei cittadini-consumatori. Non tutti i super-ricchi perseguono questi obbiettivi: ad esempio, il primo supericco italiano è la famiglia Ferrero, al quarantesimo posto nella classifica dei paperoni planetari: ma Ferrero vuol vendere i suoi prodotti, non intende modificare il pianeta e le sorti dell’umanità a colpi di… Nutella. Diverso se l’ambito di partenza già attiene la comunicazione, l’infotainment, la distribuzione a domicilio di ogni genere di prodotto, facendo saltare ogni filiera commerciale legata al territorio. Si delinea un altro modello di società e di infosfera.
Ma chi dovrebbe controllare la loro vertiginosa espansione, la loro influenza in ambiti assai delicati, in campo tecno-scientifico, spaziale, neurologico, e sui temi che attengono all’intelligenza artificiale? Dovrebbe farlo la comunità internazionale, con i suoi organismi sovranazionali, che però appaiono farraginosi e impotenti. O dovrebbero farlo gli Stati, singoli o confederati. Che sono come scavalcati, soverchiati dal potere extraterritoriale di queste multinazionali, spesso inafferrabili anche dal punto di vista fiscale; figuriamoci sul piano delle strategie planetarie perseguite.
Già sono inquietanti le notizie di usi e abusi della ricerca scientifica da parte degli Stati. L’ultima di cui si è parlato riguarda la cosiddetta sindrome dell’Avana che avrebbe colpito decine di diplomatici, militari, agenti segreti statunitensi; si tratta di neuro-armi in grado di “pilotare la mente”, alterandone le funzioni. Un’evoluzione più sofisticata e devastante di quello che un tempo veniva chiamato “lavaggio del cervello”. La denuncia è venuta dal segretario di stato americano, Antony Blinken e dalla commissione Usa di esperti di guerra psicologica, istituita allo scopo di studiarne gli effetti e proporre i rimedi. Si tratta di applicazioni già usate dagli stessi apparati militari statunitensi e ora in uso dai cinesi, con risvolti ancora inimmaginabili, non solo in campo difensivo o militare.
Già gli Stati, che sono dentro una rete di relazioni e controlli, nel quadro giuridico internazionale, presentano risvolti così inquietanti; figuriamoci se queste ricerche e sperimentazioni fanno capo all’inafferrabile Volontà di Potenza di singoli imprenditori che non rispondono a nessuno, tantomeno a una sovranità popolare e ai controlli istituzionali; rispondono solo alla propria indole e al fatturato della propria azienda. Siamo in balia del loro delirio di onnipotenza.
MV, Panorama (n.4)