A voi la seconda parte dell’analisi sull’attuale mezzo disastro tecnico economico sportivo dell’Alessandria edizione 2021/2022. Nella prima parte abbiamo esaminato un elenco serie di realtà vittime/artefici di questa scomoda situazione (pubblico, allenatore, giocatori, presidente, dirigenti della società). Rimane da valutare il comportamento della città e del DS. Fra gli attori ci sarebbe pure la stampa sportiva ma, come spesso succede qui da noi, è la grande assente non appena è chiamata a fare il suo mestiere: la critica. Meglio invece quando il giornalista locale diventa un addetto stampa. Nel nostro caso addetto stampa-ombra di tifosi, società, mister o DS, e così perde d’incanto pigrizia e superficialità e i loro rispettivi direttori ed editori girano la testa dall’altra parte.
- La città. Alessandria ci pare abbia assunto un atteggiamento bipolare rispetto alla promozione estiva in B, sperperando un’occasione ideale di crescita. Il salto di qualità dell’Alessandria peraltro è stato sognato, progettato, voluto, finanziato e realizzato da un imprenditore torinese in solitaria, spesso recepito da noi mandrogni come un sognatore pure un po’ viziato. Di Masi è comunque riuscito, e in tempi ridotti rispetto alle promesse fatte al suo arrivo alla testa dei Grigi, laddove “capitani coraggiosi” alessandrini purosangue hanno miseramente fallito, scappando di notte coi loro calzini della Befana legati al manico della scopa e lasciando alle spalle macerie. Città bipolare, si diceva: una parte positiva e fiduciosa, quella delle aziende che hanno affiancato la proprietà assieme all’amministrazione comunale tramite Amag. L’altra parte invece, quella fatta da organizzazione di categoria, dai commercianti, dagli artigiani, dalla ristorazione, dalla piccola distribuzione e dall’accoglienza, la quale, dopo aver fatto due rapidi conti, si è dileguata, sperando di raspare gratis qualche briciola caduta dalla tovaglia. E sia chiaro che, senza una città presente e propositiva alle spalle, sul pianeta nel quale siamo atterrati a giugno non si va da nessuna parte: questo concetto è calcio puro e lo è ben più di quanto che si pensi. Sentenza: imputato dichiarato colpevole dei reati ascritti, con pena ridotta per le attenuanti generiche applicate per aver parzialmente assunto una condotta processuale collaborativa.
- Il DS. Se, come abbiamo visto, la società ha fatto il suo, il presidente pure, i giocatori fanno quello che possono e l’allenatore è riuscito a ricavare il meglio dal materiale umano a disposizione, questo disastro tecnico sportivo diventa difficile non imputarlo in larga parte a Fabio Artico. La nostra impressione? Nel filmato riprodotto qui sopra vediamo Totò, Peppino e la loro spalla descrivere “la nebbia a Milano”. Giochino: sostituite la parola “nebbia” con “Artico” e avrete l’immagine di come il DS si sia comportato da luglio scorso in poi: Artico c’è ma nessuno lo vede, lo sente, lo pesa e, tantomeno, lo si mette in discussione. Gli errori che ha commesso nell’esercizio delle sue funzioni sono tanti e imbarazzanti, figli di una strategia improvvisata da Guerra dei Puffi e di una condotta condizionata dai suoi errori commessi nelle sue 4 sessioni di mercato precedenti. Le botteghe dalle quali si “rifornisce” sono poche, esose e sempre le stesse; il parco clienti al quale rivolgersi per “sbrogliare il magazzino” desolatamente povero. I giocatori arrivati sono stati spesso sovrastimati, pagati troppo e con condizioni contrattuali troppo a loro favorevoli, quindi fuori mercato. Ci sono stati esempi di giocatori ingaggiati che, dal punto di vista tecnico tattico, sono un non senso. Senza entrare nel valore intrinseco del ragazzo ci spieghino, per esempio, il senso dell’acquisto della giovane mezzala Milanese, arrivata a fine mercato, per inserirlo in un collaudato centrocampo “a quattro”. Quel tipo di reparto così concepito è formato da due mediani e due esterni, mentre una mezzala non è prevista. Ok, si dirà; se quello è il problema giochiamo col 3-5-2 dove invece sono previste due mezzali. Purtroppo però, in quel modulo è necessario un centrale davanti alla difesa che in organico non c’è. E questo è solo un esempio. Ne potremmo citare altre decine di situazioni simili che riguardano almeno un terzo dell’organico. Ma se per cogliere queste minchiatone basterebbe un ipovedente, calcisticamente parlando, l’aspetto che ci ha più deluso non si riferisce agli errori di valutazione tecnico tattica e commerciale bensì all’aspetto squisitamente umano dell’uomo-Artico. A questa città e alla sua gente, il nostro Che Guevara DS, benchè nato a Venaria e valdostano di adozione, deve tantissima riconoscenza perché qui ha goduto, appese le scarpe al chiodo, d’una serie di opportunità e di aperture di credito illimitate. Alcune neppure relative alla sua smania di diventare dirigente sportivo. Dopo due anni e mezzo di attività da DS si ritrova alle spalle una promozione, è vero, ma pure una situazione tecnico-economico-sportiva, come abbiamo visto, imbarazzante, madre d’un avvio di campionato tragico. Ciò nonostante da Luglio abbiamo un DS che non ha mai indetto una conferenza stampa per spiegare e non far comprendere a chi ha avuto fiducia assoluta nelle sue presunte capacità di manager calcistico i motivi, le ragioni e i problemi affrontati. Che ne sappiamo, invece, parlare parla. Ma dove vuole lui, sussurrando all’orecchio di chi decide lui, scaricando errori e responsabilità sue per definizione, sui colleghi di cordata che non hanno né la possibilità di difendersi né godono sulla piazza di certe aperture di credito illimitate che sono invece prerogativa dell’ex bomber. Lui in realtà da sei mesi s’è chiuso in uno sdegnato silenzio, lasciando credere a chi è fuori dal suo Cerchio Magico che “non parlo, ma se lo facessi andremmo a ridere”. E questo sarebbe la sua gratitudine e il rispetto verso gente che gli ha consentito di fare tutto quello che ha voluto senza metterlo mai in discussione, neppure quando, visti i risultati, suoi omologhi (magari ben più accreditati di lui) sarebbero già da anni sul barbecue acceso dalla tifoseria? Lui ha deciso di non dover dare pubbliche spiegazioni, sicuro di essere al di sopra di tutto, compresi noi piccoli, stupidi, noiosi appassionati. Che certe aperture di credito preventive, a lui concesse solo perché bomber grigio certificato, siano dovute è acclarato e “se vi piace è così, se no pensatela come volete che non me ne frega un cazzo. Tanto la pax sociale fra società e tifoseria la garantisco io”. Artico quindi lo percepiamo come Totò la nebbia a Milano: “c’è ma non si vede, avvolge tutto ma nessuno può toccarla” (nella fattispecie è pure meglio). Professionalmente questo atteggiamento è funzionale ma Fabio, secondo noi, morde la mano che gli ha dato tanto finora sulla fiducia. Un giorno o l’altro qualcuno fra la folla si accorgerà che il Re è nudo e lo griderà: la storia questo ci insegna. Ma la storia è materia che non si studia ai corsi di Coverciano per ottenere il patentino di DS (patentino peraltro che ottenuto grazie all’Alessandria Calcio pure quello, se non ricordiamo male). Sentenza: assolto per non aver fatto il DS. Quindi Cichi se le vittime le conosciamo, i colpevoli no. O forse l’assassino è il maggiordomo, come nei migliori noir anni ‘30? Sarà il futuro professionale dei protagonisti di questa ordinaria storia tutta mandrogna, quando il giudice sarà il “sistema calcio”.