Monza – Alessandria, giocata sotto una pioggia battente al Brianteo lunedì e vinta dai biancorossi 1-0, non è granché difficile da concepire, anche perché ha seguito la falsariga delle altre 10 partite dei Grigi che l’hanno preceduta. “Ogni partita fa storia a sé”, si dice al bar quando non riusciamo a dare agli astanti una lettura tecnico tattica intelligente, ma i nostri sono stati 11 match nei quali, pur fra storie, evoluzioni, risultati e avversari diversi, sono emerse delle costanti infallibili. Descrizione: il Monza, squadrone partito con l’aperta ambizione di vincere il campionato, lunedì è sceso in campo non potendo contare su almeno 6 titolari che avrebbero una maglia assicurata anche in Serie A. In attacco Stroppa ha potuto schierare suo malgrado due punte che punte non sono, mentre i potenziali titolari di un reparto che, al completo, sarebbe atomico, erano in panchina o in tribuna, vittime di acciacchi e problemi vari. Sia come sia dopo 5’ minuti i padroni di casa sono già in vantaggio grazie ad un’azione da manuale, frutto evidente (almeno per chi non è analfabeta di calcio) di uno schema preparato con cura in allenamento. Il gol l’ha segnato una giovane mezzala che aveva il compito di incunearsi nel cuore della difesa mandrogna partendo da dietro. Forse la difesa grigia ha dormicchiato un po’ nell’occasione ma l’azione palla a terra e l’esecuzione degli avversari è stata da riferimento. Da quel momento, e mancava ancora una partita intera, i brianzoli, tutt’altro che sereni e sicuri di sé, hanno pensato a gestire il vantaggio, sperando in qualche ripartenza occasionale o in qualche sviluppo positivo su calcio da fermo. Abbiamo contato alla fine altre due ottime opportunità per raddoppiare da parte dei padroni di casa mentre l’Alessandria, che aveva l’ingrato compito di capovolgere interamente, o anche solo parzialmente il risultato, ha avuto una bella opportunità al 17’ del primo tempo ma Di Gregorio, “guardapali” monzese, non si è mai dovuto sporcare le mani neppure in quell’occasione. Che i portieri altrui non siano mai chiamati a lavori usuranti quando di fronte si trovano gli uomini di Longo è una costante e pure indicativa. Il fatto poi che, anche quando abbiamo gestito il pallino, ci hanno permesso di farlo, come sempre, in zone di campo e con modalità non sensibili, è un’altra costante. Anche perché non abbiamo praticamente mai visto fin qui, nei 1.100 minuti giocati, un avversario alle corde, in affanno nei recuperi o sbilanciato. Della serie: attacchiamo ma non facciamo del male all’avversario. Longo alla fine ha detto che i suoi giocatori devono dare il 110% (che va così di moda ora) per restare in partita. E “in partita” i nostri ci restano spesso, per carità. Ma se ci si vuole salvare è chiaro che questo trend non sia sufficiente. Longo si ritiene soddisfatto del suo lavoro e di quello che danno i suoi (e nostri) ragazzi quando tutte le potenzialità individuali e collettive sono espresse compiutamente sul campo e, sotto il punto di vista professionale, la lettura non fa una grinza. È ovvio però che a puntellare in modo adeguato l’attuale organico a gennaio ci devono pensare altri in società, quelli, per intenderci, che sono pagati per farlo e sono i responsabili tecnici individuati dalla proprietà. A complicare il lavoro del DS non c’è solo da individuare rinforzi ma preoccuparsi nel contempo di piazzare calciatori che risulterebbero in esubero, viste le limitazioni regolamentari quanto ai senior e alla lunghezza della rosa. Prossimo turno: sabato in casa contro la Ternana, neo promossa, partita meglio di noi ma, viste le due ultime sconfitte consecutive subite, è stata risucchiata nella palude delle pericolanti. Entrambe le squadre sono ora in zona playout ma gli umbri hanno 5 punti di vantaggio su di noi, quelli sufficienti per vederci retrocessi d’ufficio (e dopo solo 11 partite la cosa è preoccupante). Dopo questa partita ci sarà la sosta e con calma faremo il punto della situazione individuando quello che funziona (poco) e le tante cose invece a cui mettere mano, senza trascurare l’inedito particolare che in B, in questo inizio di stagione, sono più i DS licenziati o dimissionati che gli allenatori. Tendenza contraria a quella alla quale ci avevano abituato, quando era solo i mister a “saltare” come tappi di bottiglie di champagne in un night club affollato.