Milano (Francesco Rigatelli de La Stampa) – “Se la circolazione del virus restasse a questi livelli e non si riscontrassero problemi particolari nei bambini, la vaccinazione degli Under 12 potrebbe essere evitata”. Guido Rasi, professore ordinario di Microbiologia a Roma Tor Vergata, ex direttore dell’Ema e consulente per la campagna vaccinale del generale Figliuolo, ritiene “non scontata la copertura dei più piccoli, così come non lo è la terza dose a tutti”.
I tanti tamponi legati all’effetto Green Pass hanno portato a una leggera crescita dei positivi, è un trend preoccupante?
“Il tasso di positività rimane stabile, anche se l’inverno è lungo ed è presto per cantare vittoria. Un quadro chiaro si avrà a fine novembre, quando dovrebbe arrivare l’autorizzazione dell’Ema per la vaccinazione degli Under 12. A quel punto si capirà se è davvero necessaria, così come la terza dose, cioè se la nostra immunità di comunità sarà sufficiente o meno”.
Se tenesse non si vaccinerebbero i bambini?
“Negli Stati Uniti si nota una crescita di casi pediatrici, ma in Italia grazie a Green Pass e mascherine potrebbe andare diversamente”.
Un richiamo generalizzato visti i dati sulla caduta dell’immunità non sarebbe necessario?
“Non è detto, saranno i dati dei prossimi due mesi a dirci quanto la popolazione sotto i 60 anni si reinfetterà. Intanto, giusta la terza dose ad anziani e fragili per prudenza”.
Si arriverà al 90% di vaccinati over 12 entro dicembre?
“Sarebbe un ottimo risultato. La vaccinazione è rallentata, ma procede e migliora la nostra vita”.
Quanto manca allo zoccolo duro di inconvincibili?
“Ci siamo vicini, ma esistono ancora alcuni impauriti con cui si può ragionare. La strategia del generale Figliuolo punta sui medici di famiglia, sull’accoppiamento con l’antinfluenzale e su una campagna personalizzata di convincimento”.
Per l’Ue la decisione di riconoscere i vaccini non autorizzati dall’Ema spetta ai singoli governi, è così?
“Sì, è un problema legato ad alcuni lavoratori stranieri. Per non essere in apparente contraddizione con il passato bisogna ricordare che l’efficacia dei vaccini non approvati dall’Ema risulta inferiore, ma ogni vaccino va visto nel contesto epidemico in cui si usa. Oggi l’Italia ha una trentina di contagi ogni 100 mila abitanti, dunque anche una protezione inferiore può diventare accettabile”.
Quali vaccini coinvolgerebbe questa decisione?
“Il russo Sputnik e i cinesi Sinovac e Sinopharm. Tutti vaccini che non vengono riconosciuti dagli enti regolatori principali, legati all’Oms, ma solo da singoli Paesi”.
La terza dose aggiuntiva a questi vaccini sarebbe una condizione per ottenere il Green Pass?
“Sarebbe la decisione migliore per il lavoratore, per il datore e per il sistema sanitario. Va tenuto presente che le persone di cui si parla non sono No Vax, ma già vaccinate. Bisogna offrire loro la possibilità di coprirsi efficacemente”.
Non c’è il pericolo che questo riconoscimento spalanchi le porte a vaccini di minor qualità?
“La terza dose aggiuntiva lo impedirebbe e, in ogni caso, riconoscere per alcune limitate categorie dei vaccini fatti all’estero non significa autorizzarne la somministrazione in Italia, dove ormai sono quasi tutti vaccinati”.
Nel frattempo l’Ema ha chiuso Sputnik in un cassetto?
“Il cassetto è aperto, ma i russi non hanno mandato i dati necessari per l’approvazione. Probabilmente hanno perso interesse nel mercato occidentale. Del resto, i vaccini di cui disponiamo sono i migliori”.
E tutti gli altri che dovevano arrivare?
“Novavax procede a rilento, Curevac e Sanofi hanno rinunciato. Alla fine AstraZeneca non sfigura piazzandosi al terzo posto a pari merito con Johnson&Johnson: vaccini più utili dei russi e dei cinesi in Africa e in Asia”.
Quali dosi per il terzo mondo?
“Vanno bene tutte, perché meglio che niente. L’Ema ha approvato anche una nuova conservazione dei vaccini a Rna per aiutarne la distribuzione”.
È sempre importante coprire tutto il mondo?
“Finché la variante Delta rimane stabile no, ma poi chissà. Resta una questione etica, oltre che di prudenza”.