Roma (Paolo Finistrella) – Parliamo del libro Muse dell’Apocalisse di Fabio Tirelli, pubblicato dal Gruppo Albatros Il Filo. Presentiamo qui un’intervista con l’autore del libro per evidenziare gli aspetti letterari più originali e le esperienze più importanti che sono condensate in questo testo. Affronteremo anche i temi che maggiormente sono rilevanti per l’autore e ai quali viene data espressione in modo peculiare.
Muse dell’Apocalisse di Fabio Tirelli, pubblicato dal Gruppo Albatros Il Filo, è un campionario saggistico che affronta con precisione scientifica e perizia letteraria molti temi differenti, accomunati da un unico fil rouge: la critica puntuale e ben argomentata alla cosiddetta “buona scienza”, cercando un’altra via di spiegare la complessità del nostro tempo.
Quali sono i temi decisivi di questo saggio?
Credo che sia uno fondamentalmente: l’attesa. Attesa della fine dei Tempi ovviamente nella consapevolezza, mi si scusi il gioco di parole, di vivere il tempo della fine (intesa non tanto come l’ultima battaglia fra il Bene e il Male ad Armageddon, come profetizzò Giovanni, ma come consapevolezza ultima dell’impossibilità di dare un senso al percorso umano sia individuale che collettivo).
Da questo punto di vista il richiamo a Socrate, che apre il saggio, è imprescindibile: la Norma, la Legge non è un bene fungibile, perché essa stessa costituisce la rete del senso, cancellato il quale solo la Morte vive. E in fondo i capitoli del libro guardano da prospettive diverse allo stesso orizzonte (sia politico che antropologico, che mitico, che Esoterico): lo scontro fra il senso e la mancanza di senso.
Qual è il filo conduttore che tiene uniti i diversi ambiti e i differenti problemi da Lei messi in evidenza?
A questa domanda ho già in parte provato a rispondere nella precedente. Potrei solo aggiungere che ho preferito sempre una lettura dei temi che tratta il saggio dal punto di vista del capovolgimento del senso (appunto) comune. In questo contesto m’è particolarmente caro il capitolo che riguarda la malattia mentale e l’inserto rivoluzionario che la connette con l’esistenza comune.
Fare della malattia un’arma è come dire che l’estraneo che è in noi (l’Altro direbbe Lacan) è la forza più potente, in questa civiltà occidentale troppo ridondante e abitata dalla merce ed è l’unico modo che questa civiltà ha per scalzare il suo destino di fine obbligata. In alternativa la normalità ci porterà a lasciar cantare per l’ultima volta le Muse, che ci riveleranno il nostro nulla.
Come descriverebbe il suo stile di scrittura? Quali autori del presente e/o del passato prende come modello?
Non ho uno stile di scrittura preciso, perché lo stesso varia a seconda dei temi che tratto. Il senso di relatività assoluta che interpreto in qualche modo non prevede uno stile, ma solo un assemblaggio di parole, nulla più.
Forse le mie ascendenze dal lavoro analitico mi fanno prediligere Lacan e il suo oscuro tratteggiare l’inconscio: o anche Derrida a cui faccio un omaggio nel libro, che mi ha insegnato (l’ho tradotto dal francese quando non era ancora del tutto pubblicato in Italia) che l’écriture sconfigge il linguaggio perché è e deve essere una ferita aperta sul foglio bianco.
Cosa vuole comunicare ai lettori?
Credo che siano i lettori (quei pochi) che debbano dirlo; in realtà quando scrivo penso sempre a quei manuali per far funzionare gli strumenti (un tempo erano di carta , incredibile). Pagine e pagine per descrivere il funzionamento di un forno, di cui fondamentalmente non capiamo nulla. Eppure il forno (o qualunque altro oggetto) alla fine funziona. Inutili istruzioni per l’uso, forse: questo sono i miei libri. A loro modo necessari per aggiungere mancanza di senso a mancanza di senso.
Come è stata la sua esperienza editoriale con il Gruppo Albatros Il Filo? Progetta di scrivere altri libri?
Il gruppo Albatros è stata una scoperta tardiva per me e casuale (una pubblicità on-line): tuttavia, oggi non saprei ipotizzare il mio percorso di scrittore un po’ in ritardo (penso a Camilleri ma lui era un gigante al mio confronto) senza la professionalità dello staff di Albatros. Infatti, il mio terzo libro (Sirene di Atlantide, che conclude, forse la trilogia con Muse dell’Apocalisse e con il primo, Nottole di Minerva, anche lui Albatros) sarà pubblicato a novembre. Sperando che i lettori lo accolgano con pazienza. Sto già progettando un nuovo tentativo, totalmente diverso: non un saggio, ma un romanzo. Ma di questo parleremo un’altra volta!