Il titolo è ripreso dall’incipit di un brano di Nek e ispirato all’atteggiamento tenuto da Di Masi nel post partita di Lecce. Secondo noi l’arbitraggio di Giacomelli sabato scorso al Comunale di Lecce non è stato determinante ai fini del risultato finale. Determinanti invece sono stati nostri errori e nostre fragilità già evidenziate nei turni precedenti. Se i numeri contano 10 corner a 1 oppure il possesso palla sbilanciato a favore dei salentini indicano segnali di tecnici precisi. Quello che non si riesce a cogliere dalle riprese televisive è un supposto atteggiamento arrogante tenuto dell’arbitro Giacomelli. D’altra parte basta andarsi a leggere le sue doti di mente e di cuore, le minchiate che ne hanno caratterizzato la carriera, le irregolarità amministrative che ha commesso e, soprattutto, il fatto che, per continuare a farlo arbitrare, l’AIA ha smentito il regolamento nella parte riservata al pensionamento. Il quadro tipico di un arbitro raccomandato di ferro, figura diffusa nelle giacchette nere più di quanto sia lecito aspettarsi. Ci facciamo una domanda: ma all’interno della Società esiste una figura paragonabile al vecchio “addetto all’arbitro”? Tale ruolo non serve certo per avere un occhio di riguardo nel trattamento che ci riserverà il giudice vestito di nero (come molti pensano…) bensì utile per far conoscere ai nostri giocatori, dirigenti e tecnici con che tipo di personaggio ti confronterai in partita. Inoltre pensare che un fallo laterale invertito nella tre quarti avversaria sia stato l’episodio che ha favorito la vittoria del Lecce, per chi ha visto con attenzione l’ultimo minuto di gioco, mi pare tesi un po’ temeraria: troppo tempo e troppi metri a disposizione dei Grigi per vanificare il presunto vantaggio. Poi c’è il doppio giallo mancato a un giocatore leccese con l’Alessandria in vantaggio ma la lettura arbitrale è stata discutibile, magari incoerente con il tenore dell’arbitraggio, ma lui era vicino al fattaccio e titolare di una certa autonomia decisionale. Capisco l’ira del concitato finale di partita, capisco l’idea di un lungo e doloroso viaggio di ritorno da affrontare, capisco l’amarezza dell’ambiente tutto ma il nostro Presidente dovrebbe pensare al futuro dei Grigi, magari evitare affermazioni improbabili che gettano ombre sinistre sugli altri 19 club cadetti. La solita litania “se non ci vogliono ce lo dicano” oppure l’inflazionatissimo “meritiamo rispetto” non servono, perché noi in B ci siamo, ce la siamo guadagnata sul campo e non credo che possiamo rappresentare un problema “politico” per nessuno. Inoltre, lasciare che passi la lettura del “furto con scasso”, alla lunga si risolverà nel dare un comodo alibi ai nostri giocatori. Di Masi è il nostro primo tifoso, certo. Ma proprio perché rappresenta il calcio alessandrino e la città tutta al massimo livello non credo sia utile a nessuno che lui parli facendosi interprete del comune sentire della frangia movimentista del tifo se gli argomenti sono deboli, contradditori e segnali di provincialismo riconosciuto. E pure la scelta di media per veicolare le dichiarazioni ufficiali lascia perplessi. A dispetto del fatto che nei ruoli apicali della società operano personaggi che arrivano dal mondo del marketing e della comunicazione lo sfogo del Presidente è stata concessa a due media che a Solero già non li legge più nessuno e lo stesso Tuttosport, al di là della fama che si tira dietro dalla notte dei tempi, viene letto poco e male persino in Piemonte. Siamo in B, categoria nazionale, e il nostro nome e il nostro marchio potrebbe girare dappertutto. Invece la Gazzetta dello Sport, Bibbia ufficiale del calcio nazionale, non è stata coinvolta nelle ultime vicende e neppure La Stampa ha riportato queste ultime notizie in pagina nazionale, nonostante i Grigi siano la terza forza del calcio piemontese. Sul Televideo poi non siamo praticamente mai citati nelle righe di commento alla B, nonostante giochiamo contro piazze come Parma, Lecce, Brescia. Vorrà dire qualcosa questo particolare o no? Peraltro siamo l’unica società che non comunichiamo la lista pre-partita dei convocati e la conferenza stampa settimanale del Mister si tiene prima della seduta di rifinitura e non dopo, come fanno invece, logicamente, tutte le altre di Serie A e B. La motivazione di certi anomali comportamenti? Poco più che puerili, senza nessuna valenza tecnica. Ma queste sottovalutazioni ci costano un pezzo di visibilità gratuita in tutto il mondo del calcio. Anche per tutte queste ragioni mi piacerebbe che Di Masi, in indiscutibile autonomia, decidesse di diventare un dirigente di calcio a tutto tondo, anche quando c’è da mordersi la lingua pensando a un disegno strategico di respiro ben più ampio di quello che sogna legittimamente il tifoso medio della Nord. Non si dimentichi quando, in occasione dell’esodo a Torino di mezza nostra città per la Tim Cup, proprio quelli “con il cuore Grigio” hanno commentato quella incredibile frenesia collettiva come sbagliata, inutile e troppo legata all’evento televisivo. Di Masi vuol diventare in presidente di una società che mira a ripetere certe serate come quella di Torino oppure decide di essere il presidente di una società famosa a Serravalle per la “guerra del panettone”? La Società è la sua, i soldi sono i suoi e faccia come crede. In un caso o nell’altro tenga conto che, dopo la partita casalinga contro il Cosenza, arriverà il momento di tirare le somme di quanto tecnicamente è stato concepito e realizzato dopo la promozione, trarne le conseguenze e disegnare una strategia per l’immediato futuro. Per tornare a giocare a Pieve di Campomorone però non c’è da studiarci poi tanto.