Novi Ligure – Lascia ben sperare, per quanto concerne i cantieri del Terzo Valico ancora chiusi, l’incontro, avvenuto ieri pomeriggio a Roma, tra la viceministra alle Infrastrutture, Teresa Bellanova, e il commissario governativo Calogero Mauceri.
La viceministra Bellanova ha affermato che il lavoro nei cantieri del Terzo Valico di Cravasco e Castagnola, al momento bloccato dopo il ricorso alla cassa integrazione per circa 300 lavoratori da parte del Consorzio Ctg, dovrà riprendere quanto prima. Si pensa anche nei prossimi giorni.
Secondo quanto affermato da entrambe le parti, l’incontro è stato positivo e soprattutto costruttivo per il prosieguo dei lavori. Le condizioni, insomma, pare ci siano tutte. Adesso si attende la definizione di un nuovo cronoprogramma.
Quella del Terzo valico dei Giovi, nodo di Genova, attualmente il più grande cantiere in Italia, è un’infrastruttura ritenuta assolutamente strategica. Questo per la mole di risorse investite, per la natura dei territori che attraversa, per il Paese e la sua forza competitiva, per gli oltre 3.000 lavoratori occupati negli oltre 30 cantieri e le altre migliaia coinvolte nell’indotto. Oltre che per la particolarità stessa dell’opera che vede l’utilizzo, nella realizzazione dei 27 chilometri di galleria, di tecnologie altamente innovative e strumenti di ultima generazione.
Le premesse per la riapertura dei cantieri tra Liguria e Piemonte e la sospensione della cassa integrazione, sono quindi ottimistiche. Oggi dovranno essere contattati anche i responsabili dei cantieri appaltati dal Cociv, ovvero le aziende Pizzarotti e Collini del consorzio Ctg e anche i sindacati.
L’incontro tra Bellanova e Mauceri è stato organizzato d’urgenza per far fronte all’applicazione di 13 settimane di cassa integrazione per i dipendenti di Cravasco, in Liguria, e di Castagnola, nel Basso Piemonte, dove si chiedono maggiori finanziamenti in seguito alle nuove varianti sul tracciato, ritenute più impegnative e costose. Il blocco dei cantieri riguarda 300 lavoratori, ma sono in realtà un migliaio, tenendo conto dell’indotto.
I sindacati temono un effetto domino che potrebbe far saltare numerosi altri cantieri, rimandando così l’intera opera, il cui termine è per adesso atteso entro il 2024.