Tortona (Maria Ferrari) – Il vescovo Vittorio Francesco Viola, chiamato dal 27 maggio a Roma in Vaticano nella nuova e prestigiosa carica di Segretario della Congregazione per il Culto Divino, anticamera alla nomina a Cardinale, sarà sostituito da monsignor Guido Marini (nella foto a lato), 56 anni come Viola, il sacerdote genovese che già papa Ratzinger aveva voluto come maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie e poi papa Francesco aveva riconfermato (affidandogli nel 2019 anche la responsabilità della Cappella musicale sistina) che dalla prossima primavera sarà il nuovo vescovo della diocesi di Tortona. A dare l’annuncio ufficiale sarà l’arcivescovo di Genova Marco Tasca stamane al santuario della Guardia. Secondo alcune indiscrezioni la scelta di papa Francesco nasce dalla volontà di dare un incarico pastorale a uno dei suoi collaboratori più stretti, nell’ambito di una Chiesa allo sfascio, sia per quanto riguarda le vocazioni, che per quanto concerne la fede. Senza parlare dei casi di pedofilia e omosessualità sempre più frequenti. Intanto a Tortona oggi si celebra la festa della Madonna della Guardia con l’arcivescovo Viola che alle 17 guiderà la processione fino al Duomo.
Una carriera fulminante
La carriera del vescovo Vittorio Viola è degna di nota: da vescovo a arcivescovo e presto cardinale. Ma anche commendatore della Repubblica Italiana nominato dal presidente Mattarella nel 2018. Papa Francesco ha in agenda da tempo il suo nome. Siamo nel 2014 e Vittorio Viola, che ha 49 anni essendo nato a Biella il 4 ottobre 1965, è responsabile della Caritas diocesana di Assisi. Era già stato Custode della Basilica papale di Santa Maria degli Angeli alla Porziuncola. L’anno prima aveva pranzato a fianco del pontefice, in visita ad Assisi, accanto ai poveri del centro di prima accoglienza. Ora il Papa non ha esitato un momento nominandolo vescovo della diocesi più complicata d’Italia, quella di Tortona, con 312 parrocchie in quattro Regioni (Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia). Dopo una lunga visita pastorale alle varie chiese locali, dal 2017 al 2019, il frate-vescovo ha dato vita a una pesante riorganizzazione delle zone pastorali della diocesi, aggregando parrocchie e comunità inserendo forze fresche per realtà toste e grandi da risistemare con nuove logiche più “liquide” che in passato (è il caso di due “giovani” preti mandati a gestire le parrocchie di Voghera, la città più grande della diocesi).
Bergogliano di ferro
Non c’è alcun dubbio che Viola sia un “bergogliano”, e questo non lo avvantaggia in quanto è ormai nota la fronda crescente all’interno della Chiesa Cattolica contro il Papa italo-argentino. Un signore con ombre lunghe alle spalle, che riguardano il periodo della dittatura militare argentina (1976-83) quando tutta la gerarchia ecclesiastica locale non fece una gran bella figura. I dubbi su di lui li ha sollevati qualche anno fa il giornalista argentino Horacio Verbitsky, l’autore del celebre libro “Il volo” in cui per la prima volta si svela l’esistenza del piano sistematico di soppressione degli oppositori al regime attraverso i voli della morte (30.000 vittime secondo le Madri di plaza de Mayo, ottomila secondo altre fonti). Verbitsky ha ricostruito le responsabilità e le omertà della chiesa in Argentina durante la dittatura, mai smentite. Da quell’inchiesta Bergoglio ne esce a pezzi anche se non ci sono testimonianze che lo inchiodano, come ci sono invece per monsignor Pio Laghi, che amava passare i pomeriggi a giocare a tennis coi capi della dittatura. Ma non risulta nemmeno essere stato un eroe nella difesa dai perseguitati del regime.
Capo dei gesuiti argentini durante la dittatura
Dopo il golpe del 24 marzo 1976, Bergoglio è stato subito nominato (?) Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Da gesuita aveva un potere enorme sulle comunità ecclesiastiche di base, che lavoravano molto nelle baraccopoli di Buenos Aires.
Nel febbraio del ’76, un mese prima del colpo di stato, Bergoglio avrebbe chiesto a due sacerdoti, Orlando Yorio e Francisco Jalics, che lavoravano nelle comunità di base, di lasciar perdere, di andarsene, di abbandonare quel lavoro. Loro si rifiutarono. Verbitsky racconta che Bergoglio, dopo la nomina a Superiore, li cacciò dalla Compagnia di Gesù senza averli informati della decisione e fece pressione sull’allora arcivescovo di Buenos Aires perché impedisse loro di dir messa.
La “Purga Bergogliana”
In quei tempi a Buenos Aires bastava essere lontanamente riconducibili a un’area progressista, risultare impegnati in un lavoro considerato “di sinistra” nelle baraccopoli, per essere additati come potenziali sovversivi. Togliere ai due sacerdoti protezione e – ancora più – punirli come disobbedienti equivaleva a far correre loro il serio pericolo di finire nelle “liste nere” dei militari. E così fu: pochi giorni dopo il golpe i due sacerdoti furono rapiti. Erano i giorni in cui sparirono anche decine di sindacalisti, i primi a essere segnalati come potenziali sovversivi poiché, appunto, considerati inclini alla disobbedienza. Dopo sei mesi di prigionia nei solai della Escuela mecanica del armada (Esma), il centro clandestino da cui partirono poi i voli della morte, i due religiosi furono rilasciati grazie alle pressioni provenienti dal Vaticano.
Il sorriso di un demolitore
Quello di Bergoglio è il sorriso di un despota, di un demolitore della tradizione, di un nemico della libertà. Un signore, papa Bergoglio, che ha proibito la Messa in Latino. Per molti cattolici tradizionalisti Bergoglio non è il Papa, restando tale solo Ratzinger.
Di certo c’è che, grazie a lui, la Chiesa è nel caos. Viola, prossimo Segretario della Congregazione per il Culto Divino, dovrà mettere a posto molte cose. Ma lo farà? Riuscirà a riportare nei giusti binari una Chiesa allo sbando totale? O resterà fedele allo sfasciacarrozze che lo ha chiamato in Vaticano?