Apprendiamo increduli e sconcertati della scelta da parte della Commissione Toponomastica del Consiglio Comunale di Alessandria che autorizza la Giunta a deliberare l’intitolazione di una via cittadina a Giorgio Almirante. Si tratta di una decisione incomprensibile e oltraggiosa in netto contrasto non solo con i principi democratici, valori ispiratori e fondanti della Costituzione della Repubblica Italiana, ma anche con la storia della città di Alessandria e dell’intera provincia che è stata insignita della medaglia d’oro al valore militare per i meriti avuti nella Resistenza al nazifascismo: “terra di antiche tradizioni di libertà, fedele alle sue glorie civili e sociali, le popolazioni dell’Alessandrino, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, opposero una strenua resistenza alle forze germaniche di occupazione […]. I 5.680 partigiani combattenti della Provincia, di cui 535 caduti e 75 uccisi per rappresaglia, oltre alle centinaia di cittadini feriti e mutilati a seguito di devastanti bombardamenti di Alessandria e di Novi Ligure, stanno a dimostrare l’asprezza della lotta, fatta di sacrifici, privazioni e rappresaglie feroci. Contro quel regime del terrore, le popolazioni dell’Alessandrino tradizionalmente pacifiche, seppero eroicamente manifestare tutto il loro amore per la libertà e la giustizia, a difesa di una Patria occupata ed oppressa” (dal D.P.R. 17 maggio 1996). Ignoriamo le ragioni che spingono l’Amministrazione Comunale di Alessandria a dedicare una via a Giorgio Almirante, ma ci preme ricordare a tal proposito che Giorgio Almirante fu segretario di redazione dal settembre 1938 del quindicinale La Difesa della Razza, la rivista che tra il 5 agosto del 1938 e il 20 giugno del 1943 attuò una virulenta propaganda antisemita affermando la superiorità della razza ariana che condusse alle tragiche leggi razziali fasciste del 1938. Nel n.13 de “La Difesa della Razza” del 5 maggio 1942 scriveva Giorgio Almirante (pag. 9-11) che “il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. Il razzismo nostro deve essere quello del sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me, e posso vedere, analizzare e confrontare col sangue degli altri. Il razzismo nostro deve essere quello della carne e dei muscoli; e dello spirito, sì, ma in quanto alberga in questi determinati corpi, i quali vivono in questo determinato Paese; non di uno spirito vagolante tra le ombre incerte d’una tradizione molteplice o di un universalismo fittizio e ingannatore […]. Altrimenti – scriveva ancora Almirante – finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei; degli ebrei che, come hanno potuto in troppi casi cambiar nome e confondersi con noi, così potranno, ancor più facilmente e senza neppure il bisogno di pratiche dispendiose e laboriose, fingere un mutamento di spirito e dirsi più italiani di noi, e simulare di esserlo, e riuscire a passare per tali. Non c’è che un attestato col quale si possa imporre l’altolà al meticciato e all’ebraismo: l’attestato del sangue”.
Dopo l’8 settembre del 1943, Giorgio Almirante aderì alla Repubblica Sociale Italiana arruolandosi nella Guardia Nazionale Repubblicana e nell’aprile del 1944 fu nominato Capo Gabinetto del Ministero della Cultura Popolare. Tenente della Brigata Nera, si occupò strenuamente della lotta contro i partigiani: porta la sua firma il manifesto datato 10 aprile 1944 che decretava la pena della fucilazione per tutti i partigiani che non avessero deposto le armi. Più volte, nel corso della storia recente, Giorgio Almirante fu deferito all’autorità giudiziaria della Repubblica Italiana per le proprie manifestazioni politiche di esaltazione del nefasto ventennio fascista e di propaganda di principi sovvertitori delle istituzioni democratiche.
A titolo esemplificativo – contro Giorgio Almirante – si ricorda la denuncia della Questura di Trieste del 5 maggio 1958 per “Vilipendio degli Organi Costituzionali dello Stato” e l’autorizzazione a procedere richiesta dal Procuratore della Repubblica di Spoleto e concessa dalla Camera dei Deputati nel Luglio del 1974, per i reati di “Pubblica Istigazione ad attentato contro la Costituzione”. In un’area geografica in cui la presenza di comunità ebraiche è stata in passato alquanto numerosa e molto significativa, la Fondazione Elisabeth de Rothschild, con sede presso Palazzo Lignana di Gattinara a Rivalta Bormida (AL), nasce con il preciso intento di far conoscere al grande pubblico la storia, la cultura e le tradizioni del popolo ebraico. Dalla sua istituzione, la Fondazione combatte ogni forma di discriminazione affermando e promuovendo i principi democratici di libertà ed eguaglianza. Presso Palazzo Lignana di Gattinara si può visitare la mostra permanente Orgoglio e Pregiudizio: duemila anni di storia ebraica attraverso le fonti storiche curata dalla Fondazione. Una sezione della mostra è specificamente dedicata alla propaganda fascista antisemita con materiale iconografico tra cui diverse pubblicazioni del quindicinale La Difesa della Razza al quale Giorgio Almirante contribuì attivamente.
Alla luce di quanto sopra, auspichiamo che la Giunta del Comune di Alessandria e l’Ill.mo Sig. Sindaco Dott. Gianfranco Cuttica di Revigliasco vogliano dar seguito, nel valutare la proposta, a quanto dichiarato nei giorni scorsi circa “l’individuazione di soggetti a cui intitolare luoghi e spazi della città, caratterizzata da una visione unanime della commissione e non solo da alcune componenti” e che la vergognosa scelta di intitolare una via cittadina a Giorgio Almirante venga respinta con fermezza. Ci auguriamo, dunque, che la coerenza, vero faro morale di chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica per l’intera collettività e nel rispetto della Sua Storia, non manchi di manifestarsi anche a tal proposito, rammentando a tutti, ora, domani e per sempre, che dietro un nome riabilitato nello smarrimento culturale c’è sempre una storia, spesso né onorevole né tantomeno meritevole.
Cordialmente,
il presidente Yehoshua Bubola Levy de Rothschild