di Jimmy Barco – Il mio pezzo pubblicato su queste colonne la settimana scorsa, pur essendo il primo dopo tanti anni, è stato letto da molte persone. Ma un articolo tanto cliccato non è necessariamente compreso e condiviso. Non sono ecumenico e la mia tendenza a sostenere teorie divisive non ha certo contribuito a far crescere la mia popolarità. Non posso dire di essere mai stato apprezzato dal tifo organizzato e in generale da tutti quelli convinti di essere spesso al centro della narrazione (adesso si dice così) di quella Commedia Umana che, a suo modo, è il calcio. “Se l’Alessandria continua a giocare male (da interpretare: se non vincono le partite; n.d.r.) al Mocca non ci vado più!”: lo hanno detto tanti sportivi e tifosi. Come se, notando l’assenza sugli spalti di un tifoso deluso, Di Masi in persona abbia il dovere di telefonare all’appassionato riottoso (no ore pasti) e blandirlo per vederlo di nuovo allo stadio, magari con biglietto omaggio. Il timore che, in assenza di certe qualificate presenze sugli spalti, l’arbitro possa non fischiare l’inizio della partita e mandare tutti a casa è totalmente infondato. Anche perchè chi si assume l’onere e l’onore di acquistare e gestire un Club professionistico lo fa per una sfida personale, ben sapendo che, nella migliore delle ipotesi, perde un po’ di soldi (sempre tanti per un comune mortale) oltre a tempo ed energie rubate alla famiglia e agli affetti. Oltre queste incombenze non possiamo chiedere a un Presidente di fare pure il “buttadentro” perché lo stadio non è un night club. E vale anche per gli addetti ai lavori che non hanno come obiettivo la gratificazione dei tifosi ma cercano di far al meglio il proprio lavoro per progredire dal punto di vista professionale. Infine i calciatori ai quali piace essere considerati dei miti dal pubblico, non per vanità, ma perché certa popolarità favorisce serve loro per chiedere ai datori di lavoro più soldi e contratti più lunghi. Nell’universo sportivo, e in quello della pelota in particolare, è matematico che quando non sei all’altezza del ruolo, presto o tardi, sarai messo in un angolo dal sistema. La nostra città in questo senso ha un record penso imbattuto: quello di aver idolatrato nel tempo personaggi mediocri che solo qui sono stati apprezzati (quando si dice “conoscere l’erba che fa il grano”…, e noi come botanici siamo sotto la media sindacale). Ho promesso nel pezzo d’esordio che mi impegnerò “a volare alto”. Voglio cominciare a farlo attraverso considerazioni generali che ritengo utile ribadire. Premessa: l’Alessandria Calcio è stata acquistata da Di Masi qualche annetto fa: eravamo in C2, alla fine del girone d’andata e alla vigilia (impossibile non ricordarlo) d’una possibile liquidazione pubblicamente annunciata dal Duo Fasano “Capra-Pavignano”. A quel punto si fa avanti quatto quatto l’attuale Patron sabaudo e, dopo lunghe trattative (gli allora proprietari, peraltro tutti mandrogni, erano perplessi sul da farsi, incredibile ma vero!), alla fine l’affare va in porto e, da quel momento, la proprietà dei Grigi passa dal Duo Fasano a Di Masi: quindi è lui il proprietario dei Grigi, piaccia o non piaccia. Dopo l’acquisizione, sia la verde età del Presidente che la sua dichiarata inesperienza di dirigente di calcio, fanno credere che in fondo, stavolta, è cambiata solo l’intestazione alla locale Camera di Commercio ma in sostanza è tutto come prima. Il diritto di veto e la maggioranza “morale” che assumerà le decisioni sarà la stessa che, allora come ora, si considera il padrone autentico della Società, cioè una componente agguerrita e ben conosciuta del tifo organizzato, pilotata dai suoi storici “ideologi”. In pratica: “Tu sei il Presidente, ci metti i soldi e la faccia, noi invece ti diciamo come spenderli e vedrai che, grazie alle tue risorse e attraverso i nostri illuminati e disinteressati consigli, faremo grandi cose”. E lì comincia la luna di miele, come in tutte le storie d’amore che si rispettano. Tutto perfetto: un proprietario munifico e generoso sotto tutela da parte di chi, spesso, almeno nelle ultime stagioni, aveva avuto mano libera per dettare lo spartito. Era già successo altre volte in passato e la costante era sempre la stessa: società deboli e tifoseria forte. Una società debole è sotto perenne ricatto da parte della sua “clientela” autoreferenziale e, ogni volta che alla dirigenza viene “misurata la giacchetta”, l’invadenza diventa protervia. “Volare alto” significa anche pretendere chiarezza dei ruoli: chi gioca deve allenarsi e impegnarsi a condurre una vita da atleta e, quando la situazione lo richiede, gettare pure il cuore oltre l’ostacolo. Mister, DS e sanitari, i responsabili organizzativi, amministrativi, della comunicazione, della segreteria, della sicurezza e dei rapporti coi tifosi devono muoversi di concerto, ognuno nel proprio ambito ma con responsabilità ben definite e comuni obiettivi prefissati, dove la mano destra sa cosa fa e cosa dovrà fare la mano sinistra. La catena di comando parte dal Presidente e arriva al magazziniere. Il pubblico e il tifo organizzato invece hanno il compito di spalleggiare squadra e società, fare il tifo, pagare il biglietto o l’abbonamento, rincuorare e sostenere l’ambiente, soprattutto nei momenti difficili della stagione agonistica. L’organizzazione e la gestione quotidiana di un campionato di B non è la stessa cosa di quella che fa giocare i bambini, e le incombenze richieste dalla Lega sono moltiplicate rispetto alla C. Direi che, con queste premesse, chi tenta di tirare la giacchetta a proprietà, dirigenti e squadra ha già deragliato ancor prima di partire. Vittima designata è la Società, quindi la squadra e la città. Purtroppo mi accorgo che queste semplici e ragionevoli regole comportamentali sono recepite a fatica, a volte mai recepite. Volete una prova? Eccola: qualche leone della tastiera ha già intrapreso il proprio personale assurdo braccio di ferro con la Società nel tentativo di condizionarne le scelte di mercato. Non appena è diventata di dominio pubblico una trattativa imbastita col Pisa per un ritorno in Grigio di Marconi, su FB è partita la contraerea, accusando il nostro ex centravanti di qualunque nefandezza, preparando un comitato di accoglienza tutt’altro che accogliente verso il nostro ex, con lo scopo di convincere Artico a ritornare sui suoi passi e cercare soluzioni diverse per ricoprire quel ruolo chiave nello scacchiere tattico, evidentemente giudicato al momento non coperto adeguatamente da mister e DS. Al di là degli insulti gratuiti e delle proditorie bugie vergate sui social contro questo giocatore firmate da qualche sedicente “col cuore grigio” (!) non vorrei che dietro questa campagna denigratoria si nasconda l’ennesimo tentativo di forzare la mano alla società. Quindi, a prescindere dalla bontà della scelta, mi pare che da parte di qualcuno emerga non esplicitata e preoccupante sfiducia nelle capacità e nelle valutazioni tecniche di Artico e Longo. Mi piacerebbe sapere se questi diffamatori professionisti conoscano per caso l’attuale Serie B, in particolare le peculiarità e le difficoltà della nuova categoria. Se non la conoscono, come penso, questi sapientoni a che titolo e in base a quale riconosciuta autorevolezza si permettono di svilire le scelte di DS e Mister e le loro opzioni tecniche e tattiche. Va da sé che nel momento in cui la Società interrompesse una trattativa del genere solo perché Marconi non è gradito a qualche tifoso, la debolezza del management e il deficit di autonomia della Società verrebbero certificati. In tutta l’Italia pallonara si insinuerebbe la convinzione che, per venire a giocare nell’Alessandria, si debba prima passare per le forche caudine di quattro tifosi senza arte né parte, che hanno dichiarato una loro incomprensibile guerra personale a Di Masi e ai suoi, e che nessuno sia in grado di spiegarne le ragioni. Nessuno, a parte il sottoscritto che non teme certo di inimicarsi questi sedicenti tifosi da operetta: sul nome di Marconi si vuol mettere in discussione la leadership della Società. Un aiuto decisivo per ribadire la credibilità, l’autorevolezza e la competenza di Artico e Longo, e quindi indirettamente della Società, nella fattispecie me lo aspetterei dai nostri giornalisti sportivi. Che non facciano, come spesso succede a molti di loro, i pesci in barile. Assumano dunque una posizione chiara a favore dell’ingaggio di Marconi o, se preferiscono, a favore di certi diffamatori seriali, argomentando però i giudizi senza aspettare che certe diatribe si risolvano da sole. Mi riferisco a certi giornalisti, dei quali, se non assumono una posizione netta sulla vicenda, farò nome, cognome e testata che rappresentano, producendo i loro scritti vergati in passato nei quali hanno assunto posizioni sbagliate poi smentite dai fatti, rispetto ai valori tecnici e morali di questo nostro ex giocatore. Adesso è comprensibile che costoro, autentiche “palle di velluto” cerchino di svicolare facendo gli indifferenti. Per loro si prospettano due opzioni: o mi schiero contro l’arrivo di Marconi bollando quindi Artico e Longo come incapaci ma nel contempo insisto nell’errore di valutazione originale e corro il rischio di essere considerato un incompetente visto quello sostenuto neppure tanto tempo addietro in merito al centravanti pisano. Inoltre, se sono una persona seria e preparata, dovrei suggerire un nome alternativo praticabile, una punta che nel campionato scorso in B sia andata in doppia cifra. Oppure propongo il ritorno di Marconi e allora perderò un po’ di lettori e sui social diventerò lo zimbello di quei quattro analfabeti di ritorno che usano la tastiera del loro PC come la clava del protagonista del cartone animato “Gli Antenati” di Hanna e Barbera che si sono dimostrati sempre vendicativi. Se poi sono solo un “orecchiante” delle cose di calcio (fattispecie peraltro diffusa) cercherò di barcamenarmi assumendo posizioni diverse suggerite della convenienza del momento. Nel caso sarà opportuno che entri nell’ordine di idee di smettere di dire minchiate di calcio e dei Grigi e cominci a farmi una piccola cultura sportiva su un Bignamino per commentare adeguatamente gare di corsa nei sacchi e/o duelli di tiro alla fune. Così facendo libero la mia postazione in tribuna stampa consentendo ad una persona pagante in più di entrare al Mocca, visto che le presenze negli stadi saranno contingentate. Una scelta generosa e previdente, così ci guadagnano tutti: Società, pubblico, giocatori, staff e, anche gli affezionati lettori i quali, leggendo altri giornali o ascoltando altre emittenti, cominceranno a rendersi conto di quello che succede davvero il sabato al Mocca e, qualche volta, addirittura il perché.
Per aspera ad astra!