Reggio Emilia (La Pressa) – Dopo 8 mesi dall’avvio del processo “Angeli e demoni” Claudio Foti rompe il silenzio. E oggi è tornato in tribunale a Reggio Emilia dove, per oltre tre ore, ha raccontato la sua versione dei cosiddetti “Fatti di Bibbiano” e respinto al mittente le accuse mosse dalla Procura reggiana nella vicenda dei presunti collocamenti illeciti in affido extrafamiliare di minori della val d’Enza, allontanati dai Servizi sociali sulla base di relazioni che avrebbero attestato falsi episodi di abusi sessuali o incapacità genitoriale. Lo psicoterapeuta piemontese è indagato insieme alla moglie Nadia Bolognini, con cui dirige l’associazione senza scopo di lucro di Moncalieri “Hansel e Gretel”, che nei locali del centro “La Cura” di Bibbiano svolgevano per conto dell’Ausl delle sedute di psicoterapia per i minori. Un affidamento di cui la Procura di Reggio contesta la procedura di assegnazione (senza gara pubblica), l’utilizzo dei locali (per cui era l’Unione dei Comuni della val d’Enza a pagare l’affitto senza chiedere nulla a chi di fatto li utilizzava) e il costo delle prestazioni, a carico dell’Azienda sanitaria e ritenuto gonfiato, che avrebbe arrecato un danno economico alla pubblica amministrazione. Su questo aspetto particolare, secondo il pubblico ministero, sarebbe stato assegnato un contributo più elevato alle famiglie affidatarie che avrebbero poi così saldato le fatture emesse da “Hansel e Gretel” o dalla Sie, “Società intelligenza emotiva” di cui Foti era amministratore delegato e la moglie presidente del Cda.
In quest’ambito si colloca l’abuso d’ufficio, uno dei tre capi di imputazione di cui Foti (se rinviato a giudizio) dovrà difendersi in aula. Il professionista è accusato anche di frode processuale per aver “realizzato una volontaria alterazione dello stato psicologico di una minore” che ha seguito per tre anni e, così facendo, “traendo in inganno” il giudice per le indagini preliminari che indagava su un presunto delitto di violenza sessuale nei confronti della ragazza avvenuto in famiglia.
All’ipotesi di reato di lesioni aggravate sui minori attiene infine il metodo psicologico della “scuola Foti” che sarebbe stata connotata da elementi di forte pressione e forzatura nei confronti dei minori nonchè ingerenze nella loro vita privata con gravi violazioni della “Carta di Noto” e dall’utilizzo di strumenti invasivi come quello ad impulsi soprannominato “la macchinetta dei ricordi”.
Per circa un’ora e mezzo, nelle dichiarazioni spontanee che ha chiesto di poter rendere, l’indagato ha illustrato il suo curriculum – che vanta diverse pubblicazioni internazionali – e la sua attività. Poi, entrando nel merito dei singoli capi di imputazione ha risposto alle domande dei suoi avvocati e del pubblico ministero. Per quanto attiene all’abuso d’ufficio, ha in sostanza ribadito di essere sempre stato all’oscuro di come i locali della ‘Cura’ fossero gestiti. Foti è il terzo indagato – su 24 totali – che in questa fase di udienze preliminari ha iniziato a fornire chiarimenti. Prima di lui, nella scorsa udienza, l’assistente sociale Beatrice Benati e la funzionaria dell’Unione dei Comuni Nadia Benati.
Claudio Foti al termine delle dichiarazioni spontanee in aula ha poi chiesto – in caso di rinvio a giudizio – il rito abbreviato.