Casale Monferrato – Vite legate a numeri. Circa trecento famiglie potrebbero restare senza lavoro per la crisi che sta attanagliando la Newco Gruppo Cerutti srl. Centotrenta operai non avranno più la cassa integrazione richiesta per Covid dalla proprietà. Per il blocco della produzione decretato dai curatori fallimentari, ora sono in cassa a zero ore. E dal 20 marzo altri 169 non avranno più la cassa chiesta l’anno scorso a febbraio per chiusura della Officine Meccaniche Cerutti di Casale e della Cerutti Packaging Equipment di Vercelli. E fra una ventina di giorni scade il termine per le offerte da altri imprenditori per evitare il fallimento della newco.
Una situazione complessa e delicatissima che ieri è stata esposta dai sindacati ai sindaci di Casale e Vercelli, Federico Riboldi e Andrea Corsaro, nella videoconferenza organizzata dalla Regione sul “caso Cerutti. Si chiede di fare presto perché le scadenze sono dietro l’angolo. L’assessore regionale Elena Chiorino, interpellata già qualche giorno fa da Riboldi, ha promesso tutto l’aiuto possibile: “Durante il confronto sono state ripercorse tutte le fasi di questa vicenda. Occorre avere il quadro della situazione il più chiaro possibile, per questo organizzeremo un incontro con la curatela per capire quali margini ci siano ancora e sviluppare la migliore strategia percorribile a tutti i livelli istituzionali. Faremo di tutto per sostenere l’azienda e a tutela dei lavoratori e delle famiglie, ma anche di un marchio storico per il nostro Piemonte” ha affermato la Chiorino.
“ Il marchio Cerutti è conosciuto in tutto il mondo e potrebbe ancora essere speso bene sul mercato. La nostra speranza è che qualche imprenditore si faccia vivo per salvare azienda e lavoratori” le parole di Riboldi e Corsaro.
Un argomento ripreso dal sindacalista Fiom Maurizio Cantello che ha paragonato il marchio Cerutti a quello altrettanto storico della Borsalino: “Se l’avventura sottoscritta otto mesi fa con la Cerutti e approvata dal tribunale fosse andata bene – ha rimarcato – altri lavoratori fra quelli espulsi dalla produzione sarebbero potuti rientrare. Noi lo speravamo, invece ci siamo sentiti dire dai curatori che continuare la produzione costerebbe circa 500 mila euro al mese, cosa impossibile da sostenere. Preferibile bloccare la produzione”.
Ivan Terranova, Fiom di Vercelli, ha sottolineato che “ora è fondamentale garantire gli ammortizzatori sociali”.