Red – Gutta cavat lapidem. A forza di scrivere che i Dpcm del signor Conte (dargli del dottore in giurisprudenza, alla luce di quello che combina, sembra improprio) non sono legge, qualcuno si è accorto che è vero e qualche giudice si è svegliato decretando che sono illegittimi ed incostituzionali. Esattamente come noi di Alessandia Oggi – in beata solitudine come sempre – lo scriviamo da sei mesi. Gli è che, dopo la sentenza del giudice di pace di Frosinone Manganiello del 29 luglio 2020, ora c’è la sentenza del tribunale di Roma per cui i Dpcm “sono viziati da violazioni per difetto di motivazione [e] da molteplici profili di illegittimità”. Dunque non producono effetti concreti dal punto di vista giurisprudenziale e sono da annullare. Sì, avete letto bene: A N N U L L A R E !
Infatti, come abbiamo ampiamente scritto noi in tutti questi mesi, il giudice spiega che i decreti con cui è intervenuto il governo non sono di “natura normativa“, bensì “amministrativa“ e dunque, in quanto tali, dovrebbero fare riferimento a una legge già esistente.
A conforto di questa tesi sono scesi in campo i Presidenti Emeriti della Corte Costituzionale, Baldassarre, Marini, Cassese che hanno confermato non esservi una legge ordinaria “che attribuisca il potere al Consiglio dei ministri di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario“. Dunque i Dpcm sono incostituzionali e per essere validati avrebbero dovuto essere votati dal Parlamento e convertiti in legge, una legge che, tuttavia, sarebbe stata bocciata dalla Corte Costituzionale in quanto inerente provvedimenti contrastanti con gli articoli che vanno dal 13 al 22 e con la disciplina dell’art 77 della Costituzione. Nella sentenza del tribunale di Roma si legge inoltre che “per essere validi, i Dpcm, in quanto atti amministrativi, devono essere motivati ai sensi dell’articolo 3 della legge 241/1990. Alla base di ogni decisione è sempre stato citato il Comitato tecnico-scientifico, le cui analisi – spiega il giudice – sono state riservate per diverso tempo e sono state rese pubbliche solamente a ridosso delle scadenze dei Dpcm stessi: ritardo tale da non consentire l’attivazione di una tutela giurisdizionale“.
E mo’ – come dicono a Roma – che fammo?