Roma – Sulla Alan Kurdi,nave della Ong tedesca Sea Eye con a bordo 125 migranti che da giorni vaga in cerca di un porto sicuro, con almeno quattro paesi, Germania, Francia, Malta e Italia, che si rimbalzano le responsabilità, scoppia il caso con le parole della presidente della Commissione Ursula Von der Leyen, “è giunto il momento di alzare la sfida per gestire la migrazione in modo congiunto, col giusto equilibrio tra solidarietà e responsabilità”, che vanno a cozzare con la realtà nel sud del Mediterraneo. Quattro giorni fa, tra il 19 e il 20 settembre, la nave ha effettuato tre interventi di soccorso al largo della Libia salvando 133 migranti. Tra loro 62 minori, il più piccolo dei quali ha cinque mesi. Subito dopo l’intervento la Alan kurdi ha contattato i Centri di coordinamento del soccorso marittimo di Italia, Malta, Germania e Francia, nonché il Ministero degli esteri tedesco, chiedendo un porto sicuro. Ma nessuno di loro ha risposto. La nave ha fatto allora rotta verso Lampedusa dove però è stato negato il permesso di sbarco. I salvataggi sono avvenuti fuori dalla zona Sar italiana, è stata la spiegazione fornita all’equipaggio, e il nostro Paese non ha coordinato nulla. La nave è così rimasta al largo dell’isola fino a questa mattina, quando ha deciso di fare rotta verso Marsiglia, il porto da dove era partita.
Con 125 migranti invece dei 133 salvati: 8, due minori e le loro famiglie, sono stati infatti evacuati martedì sera per ragioni mediche dalle autorità italiane. La decisione di puntare su Marsiglia è stata accolta positivamente dal vice sindaco, Benoit Payan. Parigi però la pensa diversamente. Prima il portavoce del governo Gabriel Attal e poi il ministero dell’Interno hanno sottolineato che la nave “va accolta nel porto sicuro più vicino”. E dunque in Italia. Dicono dal ministero: “Negli ultimi due anni abbiamo sempre garantito solidarietà all’Italia. Siamo al suo fianco con un meccanismo di solidarietà per farci carico degli sbarchi, le chiediamo quindi di rispondere favorevolmente alla richiesta fatta dall’Ong di sbarcare nel porto sicuro più vicino”.