Bruxelles – La Commissione europea pubblica le linee guida da seguire per poter ricevere le risorse europee previste dal fondo per la ripresa. Al governo Conte sono destinati circa 65,4 miliardi di euro in sovvenzioni, sbloccabili solo a patto di attenersi alle raccomandazioni specifiche indicate per il 2019 e 2020. L’Europa chiede, già da prima del 2019, le riforme della pubblica amministrazione, della giustizia, delle pensioni – quota cento non va -, il taglio del cuneo fiscale per le imprese, il superamento del divario di genere, lotta all’evasione che passa per l’aggiornamento del sistema catastale. Rimettere mano al catasto potrebbe essere l’anticamera della patrimoniale. Della serie: gli italiani sono i più ricchi d’Europa ma lo Stato italiano è pieno di debiti, per cui i cittadini devono essere puniti. È un concetto barbarico, franco-tedesco, dettato da un’atavica invidia nei nostri confronti, che non tiene conto del fatto che in Italia, come in Giappone, il debito pubblico non incide più di tanto sulla vita di ciascuno e ciò manda in tilt gli invidiosi barbari del nord che non riescono a capire gli equilibri un po’ troppo bizantini di Italia e Giappone. Ma il tempo dei tentennamenti è finito. Si dovranno operare scelte obbligate. Il soddisfacimento delle raccomandazioni specifiche per Paese è del resto uno dei tre parametri chiave per la concessione delle risorse del Recovery fund assieme agli obiettivi di spesa per digitale (il 20% delle risorse) e sostenibilità (30% del totale), e la capacità di creazione di posti di lavoro, meglio ancora se sostenibili. Senza dimenticare che si dovrà rispondere alle modifiche degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra al 2030, adesso al 55% in meno, e non più al 40%, rispetto al 1990. Cio vale a dire che il gas serra lo generano i paesi più industrializzati e i globocrati che bruciano l’Amazzonia, mezzo Congo e l’Australia, mentre noi che mangiamo pomodori e viviamo in mezzo alle piante dobbiamo pagare per loro. Complice di questa rapina ai danni dell’Italia è Paolo Gentiloni che detta un’agenda non scitta da lui: “Le linee guida intendono aiutare gli Stati membri a preparare piani nazionali di alta qualità in linea con i nostri obiettivi concordati. Il documento di indirizzo politico dell’esecutivo comunitario è concepito non solo in modo che i finanziamenti possano iniziare a fluire il più rapidamente possibile a sostegno della ripresa, ma in modo che possano essere un motore di un cambiamento trasformativo”. Meraviglia delle meraviglie è che nel piano finanziario del prestito Ue è previsto un buon 37% di politiche green. In sostanza, dopo che abbiamo azzerato le nostre centrali nucleari (mentre la Francia ne ha 58 e la Germabia 40) dobbiamo anche spendere un sacco di soldi per specchi solari e mulini a vento. C’è tempo fino al 30 aprile 2021 per predisporre il piano nazionale per la ripresa, ma entro il 15 ottobre prossimo si attende la bozza con le indicazioni principali.