Alessandria – La lentezza non è amica della buona amministrazione e l’Italia è male amministrata proprio perché la sua burocrazia è lenta. Stavolta il riferimento è alla tanto strombazzata fusione della Camera di Commercio di Alessandria con quella di Asti. Se ne parla dal lontano 9 giugno 2017 quando il presidente della Camera di Commercio mandrogna, Gian Paolo Coscia, annunciava che entro un anno si sarebbe completato il percorso di fusione tra le due camere. Non era una decisione spontanea fra due province, ma l’applicazione della Legge Madia del 2015 che punta a ridurre il numero degli enti camerali da oltre 100 a sessanta. Asti e Alessandria dovrebbero darsi da fare per unire le due camere di commercio, a vantaggio della velocità amministrativa e della tanto sbandierata semplificazione burocratica. Ciò tenendo conto che le due province, insieme, non fanno nemmeno gli abitanti di Genova per cui dovrebbero unirsi, non solo per quanto riguarda le camere di commercio, ma proprio come territorio tornando ad essere una provincia sola. Anche perché Asti fino agli anni trenta del secolo scorso era in provincia di Alessandria. Certo che se di due camere di commercio se ne fa una, alcune poltrone saltano, e qui sta il problema. Chissenefrega degli associati che lavorano 14 ore al giorno per tirare a campare. Risultato è che, tre anni dopo i proclami, il traguardo è ancora da raggiungere, complice anche il solito ricorso definitivamente bocciato dalla Corte Costituzionale. Insomma, bisogna far presto poiché il Decreto Agosto del Governo, pubblicato il 14 di questo mese, all’articolo 61 non lascia spazio ad interpretazioni di sorta: “Tutti i procedimenti di accorpamento delle Camere di commercio si concludono con l’insediamento dei nuovi organismi entro e non oltre il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto”. Per cui c’è tempo fino al 14 settembre e se non ci sarà la fusione, poltrone e non poltrone, arriverà un commissario. Ma qualcuno pensa già di chiedere la solita proroga. Non c’è niente da fare, siamo in Italia.