A ridosso del 120° anniversario dell’assassinio del Re Umberto I, in alcune città italiane si sono svolte sconcertanti manifestazioni di celebrazione del crimine commesso il 29 luglio 1900 dal sedicente anarchico Gaetano Bresci. Leggiamo che anche ad Alessandria è stata organizzata una festicciola con brindisi al “Laboratorio Anarchico Perlanera”.
A parte qualche dubbio sulla liceità di questi eventi alla luce dell’art. 414 del codice penale, su cui non è certo compito nostro soffermarci, vorremmo rimarcare come queste iniziative (ed altre, quali ad esempio i mutamenti di toponomastica di vie e piazze per cancellare il ricordo del passato) evidenzino un uso distorto, strumentale e ideologico della Storia, finalizzato soltanto a soddisfare l’ego eccessivo (o l’interesse personale) di qualche “cattivo maestro” che farebbe meglio a tornare sui banchi di scuola.
Purtroppo questi cattivi maestri producono un danno immenso perché riescono a vanificare un secolo e mezzo di Storia patria e memoria condivisa, da cui dovrebbero nascere una coscienza collettiva, sentimenti comuni e coesione nazionale, mentre invece vediamo che gli italiani sono sempre, irrimediabilmente, “separati in casa”, e così in balìa di ogni potentato ostile e di ogni speculazione.
Cosa sanno questi anarchici di Umberto I? Cosa sanno del suo ventennio (1878-1900) di regno? Furono, quelli, anni di grandi cambiamenti, in cui si gettarono le basi dell’Italia del XX secolo. Umberto diede ampia fiducia agli esponenti della Sinistra storica, ai quali affidò il governo dello Stato. Fu promulgato un codice penale che stupì per la sua modernità e abrogò la pena di morte. Trovò attuazione la legge Coppino sull’istruzione pubblica e obbligatoria e furono introdotte la Cassa pensioni per gli impiegati statali e la Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia. Fu promulgata una legislazione sulla prevenzione degli infortuni e sul divieto di lavoro dei fanciulli. Si accrebbero le strutture ospedaliere e l’Italia conobbe un grande sviluppo urbanistico, che prese il nome di “stile umbertino”. In politica estera, fu risolto l’annoso problema dell’isolamento internazionale dell’Italia con la Triplice Alleanza e fu posta fine alla guerra doganale con la Francia. Le stesse imprese coloniali, oggi tanto demonizzate, furono volute proprio da un grande patriota di Sinistra, il ministro Pasquale Stanislao Mancini, non certo per arido imperialismo ma per dare uno sbocco all’eccesso di manodopera in Italia e per ridurre il dramma dell’emigrazione verso altri Paesi.
Se i suoi predecessori si erano occupati dell’unificazione, con Umberto la Monarchia si pose al centro dell’inizio del processo di modernizzazione della penisola e contribuì a costruire l’assetto istituzionale, amministrativo, sociale e culturale dell’Italia del XX secolo. In quegli anni si assistette ad una sintesi tra i valori della Destra (famiglia, religione, patriottismo) e le idee della Sinistra (tutela dei lavoratori, politica sociale) da cui oggi molto avremmo da imparare.
Persino l’avvocato socialista Filippo Turati si rifiutò di difendere l’assassino Gaetano Bresci, tanta era stata la gravità del suo gesto.
Oggi lo vogliamo celebrare?
Alberto Costanzo (responsabile della Delegazione di Alessandria
dell’Istituto per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon)
Carmine Passalacqua (consigliere comunale di Alessandria)