Ovada – La bufera che sta travolgendo le Case di Riposo del Piemonte e, di conseguenza, dell’Alessandrino per quanto concerne l’emergenza coronavirus, ha investito anche il Lercaro di Ovada, una delle strutture per anziani più note del Basso Monferrato.
Il dito è puntato contro l’Asl, da un lato, e il direttore sanitario e il sindaco di Ovada, Paolo Lantero, dall’altro che non sarebbero stati abbastanza incisivi nell’arginare il contagio.
Dati alla mano, nell’Ipab dal 21 febbraio al 17 aprile ci sarebbero stati ventinove decessi contro gli undici di un anno prima nello stesso periodo. Non tutti per coronavirus ma in gran parte riconducibili ad esso.
Ma che cosa non ha funzionato?
Secondo quanto ricostruito finora, i primi casi sospetti di febbre risalgono a metà febbraio. Il 23 c’era stata una prima e tuttavia solo parziale restrizione per quanto riguarda gli ingressi, ma il personale aveva continuato a lavorare per almeno 20 giorni senza mascherine, come se si affrontasse un’influenza.
I lavoratori erano senza certezze e senza precise informazioni e ciò, inevitabilmente, ha generato panico.
I pazienti sono stati affidati agli Oss che se ne occupavano ventiquattr’ore su ventiquattro.
Le segnalazioni del direttore sanitario ci sono state, anche molte, ma l’Asl ha sottovalutato la situazione e i tamponi sono arrivati tardi.
Insomma, un disastro, come anche concordato dal direttore sanitario del Lercaro, Elena Configliacco, ammalata pure lei, che adesso pretende chiarezza.
Secondo quanto spiegato dalla Configliacco “i problemi arrivano da Sisp e Unità di crisi, non dall’Asl che ci ha dato appoggio costante: senza, avremmo chiuso. Sul resto, solo inesattezze: fino al 22 febbraio non era stata dichiarata alcuna emergenza ma da quella data abbiamo attuato le limitazioni previste, reso obbligatori maschere, guanti, gel. Abbiamo fatto formazione, con l’appoggio di Progess che alle Oss non ha mai fatto mancare nulla. Dal 9 marzo abbiamo chiuso, fatti salvi i permessi sanitari. I primi casi sospetti sono del 18. Capisco l’esasperazione dei lavoratori ma non mi sono mai sottratta al confronto, non l’avrei fatto neppure col sindacato se l’avesse chiesto”.
Il direttore sanitario dice di aver consegnato due giorni fa, al Nas, i registri e i provvedimenti presi, di essere pronta a pubblicare le ordinanze interne “perché non c’è stata leggerezza, si è fatto il possibile”.