di Andrea Guenna – In questi giorni in cui l’Italia si dibatte fra il Covid19 e i tedeschi, mi preoccupa l’aspetto economico di questa brutta storia, perché per noi, una volta finito tutto, sarà una vera tragedia. Qualcuno si spinge a dire che alla fine resterà in piedi la metà delle aziende italiane – vive ma malconce – mentre la disoccupazione toccherà livelli mai visti. Il problema fondamentale, come accade sempre in economia, è la fiducia che l’Italia saprà infondere nel mondo per avere credito. Per ora si va dai fraterni abbracci di Pompeo (Usa) al nostro “Giuseppi”, al disprezzo più viscerale di tedeschi e olandesi.
Già, i tedeschi, questo popolo prepotente venuto per fare la guerra. Un popolo che non sa ridere, tanto meno di se stesso – avete mai visto un Totò, un Sordi, un Mister Bean tedesco? Mai – ma solo disprezzare gli altri. E tra questi altri ci siamo sempre noi italiani: mafiosi, cialtroni, evasori fiscali.
Sembra strano, ma i tedeschi erano malvisti anche dal Duce che scriveva così di loro e del loro fuhrer Hitler appena un anno dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale: “Non ha importanza che i tedeschi riconoscano sulla carta i nostri diritti in Croazia, quando in pratica si prendono tutto e a noi lasciano un mucchio di ossa. Sono canaglie in malafede e vi dico che cosi non potrà durare a lungo. Io, del resto, ho la nausea dei tedeschi, List (Siegmund Wilhelm List feldmaresciallo tedesco durante la seconda guerra mondiale; n.d.r.) fece l’armistizio con la Grecia alle nostre spalle e i fanti della Divisione Gasale — forlivesi che odiano la Germania — trovarono al ponte di Perati un soldato germanico, a gambe larghe, che sbarrava loro il cammino e rubava il frutto della vittoria. E personalmente ne ho le tasche piene di Hitler e del suo modo di fare […]. Io intanto continuo le fortificazioni del Vallo Alpino. Un giorno serviranno” (Renzo De Felice; Galeazzo Ciano, Diario 1937-1943; Rizzoli, pagg. 523-524).
Ma l’avversione di Mussolini per Hitler non è una novità, in quanto già nel 1934, dopo l’assassinio del premier austriaco Dollfuss, suo buon amico, schierò le truppe italiane al Brennero.
Doveva andare avanti, attraversare l’Austria, entrare in Baviera e invadere la Germania che non era affatto preparata e sarebbe stata travolta e occupata in dieci giorni. Così il Duce avrebbe fatto giustizia della morte del cancelliere austriaco ed avrebbe, ancor di più, fatto un piacere all’Europa, che sarebbe diventata alleata dell’Italia coi nostri fratelli britannici in testa, e al Mondo intero.
Infatti, appena andato al potere, il pangermanista Hitler voleva fagocitare l’Austria, mentre l’austriaco Dollfuss voleva consolidarne l’indipendenza e in quel periodo storico il ruolo dell’Italia, anche grazie al genio diplomatico del sottosegretario agli esteri Fulvio Suvich (nella foto a lato con Dollfuss), era cruciale. L’Italia, nel 1934 era una potenza mondiale anche perché, grazie all’Iri, aveva superato brillantemente la crisi del 1929: disoccupazione zero e debito al 60% del Pil. Era militarmente più forte di una Germania ancora alle prese con la crisi industriale e reduce da una recessione pazzesca. Inoltre l’Austria, in quegli anni, era diventata una specie di satellite dell’Italia e quando il governo austriaco – siamo nel 1933 – chiese un aiuto finanziario per contrastare il movimento nazista, la somma elargita dal Duce a fondo perduto fu di ben 5 milioni di lire (quasi 6 milioni di euro odierni). Non basta perché il 25 luglio 1934, quando Dollfuss fu aggredito e ucciso nel palazzo della cancelleria, durante il Consiglio dei Ministri, da una banda di nazisti in uniforme militare, sua moglie e i suoi figli erano ospiti della famiglia Mussolini a Riccione.
Perché il Duce non invase la Germania annientandola una volta per tutte?
Quante tragedie avrebbe evitato al Mondo con l’Italia che avrebbe conosciuto un secondo Rinascimento.
Ma questo è solo il senno del poi e oggi è tutta un’altra storia. Quella di cui ci parla il professor Rinaldi (sotto).