Bosio (r.c.) – Il Terzo Valico continua a far parlare di sé. C’è chi è favorevole e chi è contrario, ma il problema è: dove metto i detriti? Not in my back yard: “Non nel mio giardino”. Resta anche il dubbio dell’inquinamento anche perché la gente teme per il futuro della falda acquifera e lo smarino non aiuta a tenerla pulita. In questi giorni s’è tornato a parlare dell’ex cava Cementir a Voltaggio dove, ormai da circa sei anni, non si sentono più gracidare rane e rospi.
Un chiarimento si impone, da parte della Regione Piemonte, anche perché la zona in questione è una delle poche umide dell’alta Val Lemme, oltretutto situata nel sito di importanza comunitaria (Sic) Capanne di Marcarolo, cioè un’area protetta istituita dall’Unione Europea.
A chiedere chiarimenti è stato il consigliere alessandrino Sean Sacco, Movimento 5 Stelle, in seguito al flash mob organizzato da Legambiente Val Lemme in occasione della Giornata mondiale delle zone umide che si era tenuta lo scorso 2 febbraio.
Sacco ha ricordato, infatti, che la Regione già nel 2013 aveva rilevato che nel progetto relativo all’ammasso di smarino fosse del tutto assente “un’analisi degli habitat forestali e umidi presenti”.
Per questo, l’allora Parco Capanne di Marcarolo, titolare del Sic omonimo, aveva chiesto una serie di compensazioni di carattere ambientale al Cociv, incaricato di realizzare il Terzo valico, riferite anche al corso del torrente Lemme.
Compensazioni che, a distanza di sei anni, sono ancora lontane dall’essere realizzate.
Era infatti prevista nell’area almeno la piantumazione di un bosco di ontani.
Adesso, però, dopo sei anni e con l’ammasso da quasi due milioni di metri cubi che cresce, pare difficile pensare di poter riascoltare rane e rospi nella ex cava. E le compensazioni ambientali non servono, a questo punto, a nulla.
Insomma il Terzo Valico continua a fare danni e questo è solo uno degli ennesimi episodi.
Per chi ancora non lo sapesse ancora, quella del Terzo Valico la ferrovia Genova – Tortona/Novi Ligure, conosciuta anche come Terzo Valico dei Giovi o, per l’appunto, più semplicemente come Terzo Valico, è una storia che va avanti ormai da anni, dal 2013 per l’esattezza, e si concluderà nel 2023. Forse.
Ma che cos’è, con esattezza, il Terzo Valico?
È una linea ferroviaria in costruzione, finalizzata a creare un collegamento veloce fra Genova e l’entroterra ligure.
La linea è ritenuta una priorità nell’ambito del collegamento con l’Europa centrale per il trasporto delle merci che transitano giornalmente dal porto ligure. In particolare, l’opera si inserisce nel Corridoio Reno – Alpi, che è uno dei corridoi della rete strategica transeuropea di trasporto che collega le regioni europee più densamente popolate tra il porto di Rotterdam (sul Mare del Nord) e il Nord Italia. Costo 6/7 miliardi di euro.
Insomma detto così appare come un’opera effettivamente imponente e utile per la rete di trasporti tra l’Italia e l’Europa.
Ma la sua storia appare decisamente complicata e travagliata, legata soprattutto a vicende di corruzione e alla chiusura e successiva riapertura dei cantieri in cui si effettuavano i lavori.
Gli ultimi accadimenti risalgono al 2018 e riguardarono l’analisi costi-benefici da cui risultò che i costi erano superiori ai benefici ma in considerazione dello stato di avanzamento dei lavori e del fatto che gli appalti fossero già in corso, abbandonare l’opera avrebbe avuto dei costi contrattuali notevoli.
In un rapporto presentato l’anno scorso il 13 dicembre 2018 il Ministro Danilo Toninelli aveva espresso un parere favorevole alla prosecuzione dell’opera con opportune modifiche.
Questa la storia recente sullo stato di avanzamento lavori dell’opera Terzo Valico.
Poi vi è quella dell’impatto ambientale, come è accaduto per la vicenda di cui abbiamo parlato sopra relativa all’ex cava Cementir a Voltaggio.
Recentemente, siamo ai primi di dicembre dell’anno scorso, un gruppo di esperti, incaricati dalla Regione Piemonte, aveva effettuato delle analisi nell’alessandrino, nella fattispecie a Pozzolo Formigaro, il Comune più impattato dai lavori della nuova linea ferroviaria e dalle cave di deposito che, nella pianura pozzolese dove è in costruzione la ferrovia, in parte sotterranea, verso Tortona, sono ben sette.
La più grande del centro storico del paese è la cascina Romanellotta dove finisce tutto lo smarino con gli schiumogeni utilizzati dalle talpe meccaniche che scavano il tunnel verso Genova, sotto l’Appennino, ricco di amianto.
Ma ve ne sono anche altre dove terre e rocce da scavo appenniniche servono per riportare i “buchi” a livello della campagna.
In sostanza, c’era pericolo concreto per gli abitanti della zona in quanto a dispersione di amianto?
Per Andrea Carpi, dirigente regionale che si occupa proprio della fibra killer, e che aveva fatto il punto sui cantieri, insieme ai dirigenti e tecnici di Cociv, Arpa, Asl Al e Osservatorio Ambientale, nel corso di un consiglio comunale a Pozzolo che si era tenuto a dicembre, no.
La soglia di legge non sarebbe mai stata superata, secondo quanto rilevato dagli incaricati della Regione Piemonte che avevano effettuato nell’ultimo anno e mezzo ben dodicimila analisi in zone come, ad esempio, Bettole di Tortona, che conta ben tre cave dove i camion portano lo smarino e dove gli abitanti, da tempo, chiedono verifiche costanti.
Controlli ulteriori erano stati chiesti da parte dell’opposizione, per contro il sindaco di Pozzolo Formigaro, Domenico Miloscio (Pd) aveva rassicurato tutti affermando che territorio, ambiente e salute sono sufficientemente tutelati come anche sottolineato da Massimo D’Angelo, Asl Al, che aveva rimarcato come il protocollo amianto garantisca l’abbattimento del rischio per la popolazione imponendo comportamenti che impediscono la dispersione.
In pratica: non c’era rischio.
Polemiche poi però erano state sollevate da un lettore di Alessandria Oggi che, tramite i social, aveva voluto denunciare l’apertura di una nuova cava come l’ennesima presa in giro per i cittadini pozzolesi.
“La circostanza è particolarmente grave – ci aveva scritto – perché il primo cittadino anziché protestare o quantomeno informarsi e informare, tace. Un silenzio che pare essere quasi un subalterno consenso a un Cociv che spadroneggia trattando il nostro Comune, il nostro territorio e noi come se non esistessimo. La venticinquesima cava/discarica – spiega il nostro lettore – è il riassunto esemplare del disinteresse e dell’assenza dell’attuale Amministrazione del nostro Comune di fronte ad un fenomeno di assoluta rilevanza per i rischi di ricadute sulla salute dei pozzolesi. È entrata in funzione per lo smaltimento dello smarino del Terzo valico nello scorso mese di aprile ai margini della statale per Tortona, poco prima di Rivalta Scrivia, senza la benché minima informazione da parte del Cociv, il gestore generale dell’opera, al Sindaco, alla Giunta, al Consiglio comunale. E, cosa ancor più grave, non è stata sollevata nessuna contestazione formale, nessuna protesta, nessuna denuncia alla pubblica opinione al cospetto di tanta arroganza”.
Parole forti indubbiamente ma che avevano rimarcato, ancora una volta, il fatto che nella pianura pozzolese la questione “Terzo Valico” è sempre stata, ed è tuttora, ben presente nella mente dei cittadini.
Insomma, tra aree verdi protette e adesso irrimediabilmente rovinate dallo smarino di materiali e zone a rischio di inquinamento amianto, Pozzolo Formigaro e dintorni, il Terzo Valico ha continuato, e sta continuando, a far parlar male di sé.