Roma – La cosiddetta “Riforma Bonafede” abolisce la prescrizione dopo il primo grado partendo dalla falsa convinzione che la prescrizione è uno strumento riservato “ai ricchi” che possono permettersi avvocati bravi che la ottengono, non tenendo conto che i termini di prescrizione non decorrono quando nel processo si fanno rinvii, cioè si perde tempo, su istanza dell’avvocato (per suo impedimento, sciopero o altra istanza dilatoria), ma solo quando a rinviare il processo è il Giudice.
Bisogna inoltre ragionare sul fatto che la gran parte dei procedimenti si prescrive, o matura gran parte del periodo di prescrizione, in Procura, in fase di indagini, quando l’avvocato non è ancora intervenuto.
Quindi la soluzione che si vuole dare al problema della impunità che la prescrizione oggi favorisce in Italia non è la sua abolizione (che sarebbe come dire che dal momento che ci sono molti incidenti in auto si abolisce la circolazione delle auto), ma:
- l’aumento degli organici della Magistratura, nella misura che la Magistratura stessa dovesse indicare;
- la fissazione di termini di durata dei processi per fasi e un reale sistema sanzionatorio per chi non li rispetta (salvo valide ragioni);
- il potenziamento dei riti alternativi, che però, per non scadere nell’impunità, debbono prevedere come condizione imprescindibile l’avvenuto risarcimento del danno;
- l’abolizione dei Collegi in primo grado, laddove a giudicare basta e avanza un solo Giudice.
Senza contare che il nostro ordinamento prevede anche l’azione civile nel processo penale, cioè la possibilità per il danneggiato di far valere nel processo penale il proprio diritto al risarcimento attraverso la costituzione di parte civile.
Quindi, chi opera nel diritto sa, ma evidentemente il Ministro no, pur essendo egli un avvocato, che la parte civile (il danneggiato) nel momento in cui ottiene condanna in primo grado del reo e condanna quindi dello stesso al risarcimento del danno, in caso di appello dell’imputato si vede sospendere il diritto al risarcimento in attesa dell’appello. Con la riforma cd Bonafede non avremmo quindi solo il fine processo “mai”, ma anche, e non è poco, il risarcimento del danneggiato “mai”. Trattasi di un altro effetto distorto della riforma, di cui la riforma stessa non si fa carico. Senza l’incentivo della prescrizione del reato, e senza sanzioni per chi ritarda i processi, la sentenza d’appello e quella di Cassazione potrebbero arrivare dopo decenni, con il reo costretto ad attendere tutta la vita il risarcimento o ad intasare vieppiù le aule civili.