di Giusto Buroni – Le due guerre mondiali del XX secolo hanno causato lo sterminio di intere popolazioni e la distruzione di preziose infrastrutture, ma nello stesso tempo hanno stimolato la creazione e lo sviluppo di nuove e rivoluzionarie tecnologie, con le relative capacità produttive. Una volta stipulata la pace, mancavano sia la forza lavoro per ricostruire le infrastrutture che le opportunità di sfruttare i nuovi ritrovati tecnologici. Ai Paesi cosiddetti “industrializzati”, occorsero almeno tre lustri per riorganizzarsi e raggiungere la soglia di condizioni di vita e di salute di nuovo accettabili, a prezzo di duro lavoro per la maggioranza. Lauti profitti pervennero alla solita minoranza che, anche durante le guerre, seppe come stare a guardare chi lavora (o combatte), per captare e sfruttare le occasioni di guadagno (spesso create grazie a ciniche scelte), in barba a ogni ipocrita professione di “comunismo”. Questo stato sociale in cui molti lavorano e pochissimi ne approfittano, è gestito mediante le “leggi” dell’Economia una materia apparentemente difficile a livello scolastico, ma che in pratica può essere affrontata e gestita con leggerezza (cioè con frequenti cadute e sorprendenti rinascite), se si riesce a mantenere alto (altissimo) il divario tra chi guadagna e chi lavora. Poiché chi guadagna detiene anche il potere (che spesso si compra), è facile il gioco di indurre le masse a tenere un dato comportamento, la cui caratteristica principale deve essere quella di sembrare indispensabile per il benessere delle masse stesse; in caso contrario il sottoposto potrebbe essere tentato di deviare dalle leggi imposte e addirittura di ribellarsi al potere. Dopo vari tentativi e aggiustamenti, e dopo diversi atti di “terrorismo mediatico” (cioè l’uso di mezzi di comunicazione sempre più invasivi per terrorizzare la gente già sottoposta, in ogni ambito, a trattamenti di disinformazione), i detentori del potere hanno constatato che per il raggiungimento del proprio scopo, la sottomissione permanente delle masse, non c’è niente di meglio che inculcare nel sottoposto anche un forte senso di colpa, per avere commesso ingiustizie o violenze contro un soggetto indifeso. Non penso che storicamente ciò sia una novità, ma azzardo che le due guerre e i cambiamenti di regime governativo nella maggior parte degli Stati industrializzati, richiedesse la rifondazione dei principi economici vigenti all’inizio del XX secolo.
Colpevolizzati e puniti solo gli utenti finali
Come “soggetto indifeso da proteggere” si era romanticamente scelto in un primo tempo il Genere Umano, ma si constatò che ciò metteva a rischio proprio i detentori del potere, che si sarebbero dovuti accollare il pesante compito, troppo umanitario e costoso, della salute e della sicurezza dei Popoli, di tutti i popoli. Con abile mossa i Potenti dichiararono che era necessario proteggere l’Ambiente, cioè la cosiddetta Natura, dalle malefatte dei loro sottoposti. Ma con questa astuta insinuazione: è l’Uomo Comune, e non la Natura, con le sue Leggi Fisiche in gran parte sconosciute, il responsabile dei danni all’Ambiente (e oggi anche al Clima); ed ora è l’Uomo Comune deve correre ai ripari, senza nemmeno la sicurezza di essere ancora a tempo per farlo. Il passaggio tra le varie situazioni è stato graduale (un paio di secoli, da quando ha avuto inizio l’Era Industriale), tanto che la Massa nemmeno si è accorta che l’oggetto delle sue attività protettive cambiava; e, ciò che è più grave, la Massa non si è accorta che ogni volta venivano chieste modifiche più o meno onerose al proprio Stile di Vita, o, all’Americana, “The Lifestyle”, come è d’obbligo dire al giorno d’oggi per fare sembrare la cosa più nobile, più globale e più impegnativa. Questo articolo passerà in rassegna la lunga serie di inganni e soprusi di cui continuano a essere oggetto centinaia di milioni di cittadini, che si suppongono civilizzati e si dicono istruiti, ma sono dei gonzi, e mi dispiace che la Democrazia dia loro l’autorità di imporre certi comportamenti alle minoranze. L’ignoranza e il fanatismo, che dall’ignoranza deriva, hanno trasformato alcuni, politici e “pensatori” benestanti, in “tiranni intellettuali” che pretendono dai loro simili un comportamento insensato che porterà tutti alla rovina economica, dopo averli ormai portati a quella culturale.
La risorsa energia nucleare subito affossata
Il Secondo Dopoguerra nasce dunque col turbamento provocato dalle Stragi di Hiroshima e Nagasaki compiute da due bombe atomiche (americane) prototipali, e quindi di basso potenziale (!), che per i “sudditi” di tutto il mondo significavano: “Fate i bravi, perché se capiamo che sta per scoppiare una terza Guerra Mondiale vi vaporizziamo con una decina di bombe prodotte in serie!” . Infatti nel frattempo le spie russe a tempo di record avevano dotato l’URSS di bombe identiche a quelle americane, dando così inizio alla “Guerra Fredda”, fatta di minacce equipollenti che pertanto non potevano essere attuate in un eventuale conflitto tra USA e URSS. In seguito, alle due grande potenze iniziali si sono aggiunte, formando oggi un temibile “club”, una decina di altri Paesi, ravvivando la paura delle bombe atomiche (all’Uranio e Plutonio), a cui negli anni si sono affiancate la molto più potente bomba H, all’Idrogeno (nata praticamente insieme alle bombe a fissione, ma più difficile da produrre in serie), e più tardi la Bomba Pulita, ai neutroni; e così diventano sempre più probabili, almeno sulla carta, innumerevoli “guerre-lampo” locali, con effetto domino sui Paesi più vicini membri del “Club”. Ma quella sacrosanta paura, associata alla solita disinformazione della divulgazione scientifica mercenaria, ha da subito ostacolato e oggi forse affossato definitivamente, una delle risorse energetiche alternative più abbondanti e competitive, oltre che “pulite”, come è d’uso precisare da alcuni anni. Si tratta, come ormai pochi sanno in Italia, dell’energia elettronucleare, che è possibile produrre in centrali nucleari ormai disponibili in una dozzina di modelli (alcuni bloccati al livello prototipale), uno più “sicuro” e più duraturo dell’altro. Il reattore a fissione, inventato e costruito da Enrico Fermi nel bel mezzo della seconda Guerra, e presente da mezzo secolo in quasi tutti i Paesi del Mondo, Italia esclusa, è stato bandito da cittadini fanatici e governanti “illuminati”, per il fatto incontestabile che l’uranio che vi si adopera si trasforma in plutonio, che può sì essere riutilizzato in altri reattori civili, ma è anche la base per la costruzione della più potente delle due bombe a “fissione”. E così gli USA, pur di non avere altri possibili nemici dotati di armi nucleari, come l’Iran e la Corea del Nord, preferisce rinunciare all’esportazione di reattori a fissione, istigandone ovunque il boicottaggio (che in Italia cominciò addirittura nel 1963). Liberi esportatori di tecnologia e energia nucleare erano fino a pochi anni fa i Francesi, ma le politiche ambientaliste europee, specialmente dopo il disastro provocato dallo tsunami del 2011 a Fukushima, rischiano di togliere anche i Francesi dal mercato del “nucleare a fissione”, rinviando tutti alle “calende greche” dell’arrivo del nucleare a fusione, previsto ormai da mezzo secolo in ritardo di un altro mezzo secolo (insomma: il prototipo è atteso a Cadarache, Francia, progetto ITER, intorno al 2050, data immaginaria che indica solo “fra molti anni”).
Finisce il petrolio? Finisce la pacchia
Ma che c’entrano, ci si chiederà, le politiche energetiche nucleari col Lifestyle? C’entrano, perché al tempo della scoperta della presunta scarsità del petrolio la produzione di centrali elettronucleari era in fase avanzata (negli anni ’60 l’Italia era il terzo Paese al mondo, dopo USA e URSS, per disponibilità di energia nucleare propria) e, dato che a quel tempo erano l’unica alternativa al petrolio, a parte l’idroelettrico, il loro arresto fece nascere il problema del “risparmio energetico”, che, come al solito fu imposto solo ai privati e in modo spettacolare nel 1973, con blocchi del traffico automobilistico, chiusure anticipate dei negozi, termine delle trasmissioni televisive alle 22 e altri provvedimenti che per qualche mese cambiarono la vita dei cittadini semplici di tutto il Mondo, fossero o non fossero disciplinati. Il 1973 dunque segna l’inizio dei soprusi nei confronti dei cittadini in nome di un poco romantico risparmio energetico, senza danneggiare troppo i venditori di petrolio, che, a scanso di equivoci, fecero salire il prezzo alle stelle, anche se l’offerta era superiore alla domanda, ma chi se ne accorge, quando il terrorismo viene dai Governi?
L’annuncio della fine imminente del petrolio in coincidenza con la demonizzazione del nucleare a fissione (in Italia nel 1963 morì in uno “strano” incidente aereo Enrico Mattei, Presidente dell’ENI, mentre fu arrestato Felice Ippolito, responsabile per lo sviluppo del Nucleare) dimostrò in ogni caso quanto sia possibile manipolare la coscienza dell’opinione pubblica con false informazioni, ma la mancanza di reazioni spontanee indicava la necessità di incidere più a fondo. C’era il rischio che, una volta saturato il mercato coi beni di prima necessità e anche con comodità voluttuarie (automobili e elettrodomestici), divenute più costose a causa dell’energia che consumavano, i consumi si stabilizzassero o piuttosto diminuissero, almeno per una decina d’anni, che erano la metà di un ragionevole tempo previsto per la durata dei beni suddetti. Si doveva perciò trovare il modo di indurre a sostituire alcuni di quei beni, prima che arrivassero a fine vita; nel frattempo però già spuntavano le seconde e terze automobili in molte famiglie. Per puro caso, e non perché fosse particolarmente “antipatico”, tutt’altro, la prima vittima delle “fake news” risultò essere il frigorifero.
Il buco nell’ozono, primo falso allarme globale
Alla fine degli anni ’70 gli studi sulla composizione dell’atmosfera, già favoriti da alcuni satelliti artificiali scientifici, rivelarono che lo strato di ozono atmosferico, che ci difende dall’aggressività dei raggi ultravioletti, sembrava assottigliarsi di anno in anno e si attribuì la causa di questo fenomeno a un gas relativamente poco costoso, il freon, usato industrialmente per azionare gli spruzzi delle bombolette e per le espansioni adiabatiche (e quindi refrigeranti) nei frigoriferi. Fu immediatamente vietata la vendita di entrambi i prodotti (bombolette spray e frigoriferi) a meno che non venisse sostituito il micidiale freon con altro gas. Se ben ricordo, tutto il mondo, eccetto l’India, si sensibilizzò immediatamente e fu colto da un indescrivibile (forse perché incomprensibile) senso di colpa per avere esposto l’umanità per tanti anni al rischio di sviluppare melanomi mortali a causa dei raggi ultravioletti. Un osservatore anche distratto avrebbe potuto notare che la medesima Umanità così preoccupata a causa dei frigoriferi non cessava però di abbronzarsi coi raggi UVA (le “lampade”) o con i meno costosi raggi solari da spiaggia o da montagna, che sono da sempre la causa dei melanomi. Anche i fabbricanti di innovative bombolette spray scongiurarono la crisi del proprio settore. La corsa al frigorifero nuovo dimostrò, se ancora ce ne fosse stato bisogno, con quanto poco si possa influenzare la gente dovutamente (di)sinformata: il freon dei nostri frigoriferi si sprigionava solo dopo lo “smaltimento” di un apparecchio usato ed era in quantità minime, che forse potevano anche essere recuperate con poca spesa; una grossa dispersione di gas poteva avvenire (e di fatto avveniva) nella fase di assemblaggio del frigorifero: ecco dunque il primo esempio di come esista il vezzo di incolpare il consumatore, l’ultimo e il più vessato della catena, invece del produttore, col risultato che i profitti del produttore vengono sempre salvaguardati e i costi del consumatore aumentano sempre più, ma sono considerati inevitabili per la salvaguardia dell’Ambiente.
I millenaristi: dagli al consumatore
Nel frattempo si sviluppava tutto un complicato discorso sul risparmio energetico e sull’efficienza energetica, sempre come conseguenza della preoccupazione per l’esaurimento del petrolio, e apparvero i primi scienziati catastrofisti che calcolarono il momento esatto della catastrofe, che sarebbe potuta coincidere con la fatidica scadenza del Millennio, che tanto ispira il popolino, ma soprattutto i superstiziosi intellettuali. Forse gli scienziati sanno poco di storia o non ricordano che un simile fenomeno di demenza collettiva (ossia a ogni livello di cultura) si era verificato proprio alla fine del primo Millennio, bloccando per diversi anni lo sviluppo della società civile di allora; con la differenza che per l’anno Mille il terrore fu innescato da una religiosità superstiziosa, mentre per il Duemila il panico fu seminato da cinici movimentatori di ricchezze e dalla scienza mercenaria. Visto che prima dell’anno 2000 il computer si era già affermato in tutte le istituzioni, nella burocrazia e nei complessi industriali e commerciali, autorevoli “esperti” immaginarono il caos che si sarebbe generato quando i programmi avessero visto i numeri della data e dell’ora piombare contemporaneamente a zero, causando un indietreggiare del tempo che la maggior parte dei programmatori non aveva previsto (dovunque l’anno fosse stato indicato con meno di quattro cifre). Il 1999 fu dunque un anno fortunato per gli specialisti che dovettero affrettarsi presso tutti gli uffici amministrativi a verificare che un tale errore non fosse stato fatto. anche alcuni programmi tecnologici dovettero essere verificati, nel caso prevedessero una sequenza di attività correlata in qualche modo col calendario. Anche questo allarme, che fece passare notti insonni a molti “manager”, si rivelò essere una bufala enorme, ma per saperlo occorse aspettare la mezzanotte del 31/12/1999 quando la task forse messa in piedi ovunque per rimediare a eventuali errori poté finalmente tirare un sospiro di sollievo. Eccetto negli ambienti militari, di cui non si sa mai niente né in bene né in male, non mi risulta che ci sia stato in nessun posto un solo inconveniente. Ma certo era stata per molti un’occasione per dotarsi, a scanso di sorprese, di un nuovo computer o almeno di un nuovo software, e si può scommettere che l’allarme-bufala fu seminato dai produttori di computer e di software, che già a quel tempo costituivano una potente lobby.
La definizione di “energia” in fisica è recente
Il discorso da fare sul risparmio energetico era quello giusto, perché da qualche decennio si andava precisando il concetto di “energia” (fino all’avvento della “macchina a vapore”, per esempio, l’equivalenza fra calore ed energia non era ancora chiara agli scienziati) e si intuiva che presto o tardi sarebbero cominciate a scarseggiare alcune risorse, data la richiesta improvvisa e imprevista di fonti energetiche. Sorprendentemente infatti a fine ‘800 non si era ancora data una definizione scientifica all’Energia e ciò mi spiega la credenza purtroppo ancora diffusa di poter realizzare quanto prima il “moto perpetuo”, cioè l’antico sogno dell’energia che si autorigenera, ancora presente nelle menti un po’ esaltate di Marconi e Tesla (e discepoli) alla metà del XX secolo. Purtroppo, trasformata in formule matematiche, l’Energia si è rivelata una brutta gatta da pelare, soprattutto se associata alla Potenza e, peggio ancora, all’Entropia, che è la grandezza “inventata” dai tecnici per misurare il continuo degrado dell’energia verso forme sempre più deboli. I tre concetti sono tuttora molto ostici perfino per gli addetti ai lavori, che hanno difficoltà a distinguere tra i MegaWatt della Potenza e i GigaWattora dell’energia consumata o prodotta. Io stesso mi sono spremuto e prodigato per anni cercando di correggere gli errori alla fonte di ogni disinformazione (i giornalisti “scientifici”), ma dopo un inizio promettente ho dovuto rinunciare, anche perché, come vedremo, l’interesse si era rivolto all’inquinamento atmosferico e infine all’attuale pietra dello scandalo: i Cambiamenti Climatici. Insomma il concetto banale che, se le risorse sono una “quantità finita”, prima o poi si esauriranno, come “dimostrato” dall’Entropia sempre crescente, non è stato recepito da nessuno, e continua cadere nel vuoto ogni esortazione a migliorare l’Efficienza (altro concetto ostico per molti) di ogni processo energetico e delle macchine coinvolte. L’unica cosa chiara sarebbe che risparmio energetico significa minor consumo di materie prime e ciò contrasta con gli interessi dei finanzieri e, finché durerà, dei petrolieri, i quali sono subito corsi ai ripari mettendosi a produrre e vendere plastica. Durante la stessa campagna per il risparmio energetico è emerso che gli studiosi del problema si affannano a fare i conti in tasca solo ai consumatori, destinati a fare i sacrifici finanziari e materiali necessari, e non ai produttori; magicamente poi nei rendiconti non appaiono mai i consumi per attività belliche, anche se nei più pacifisti dei Paesi “civili” si fabbricano e si vendono a tutto spiano armi di offesa, esplosivi, lanciarazzi (oltre a armi chimiche, che immagino consumino meno materia prima delle tradizionali, ma non sono meno micidiali); infine, condannata più o meno ufficialmente l’energia elettronucleare, per i suddetti motivi legati alla costruzione di bombe a fissione, e mancando per almeno mezzo secolo la tecnologia della “fusione” ,si è approfittato dei risultati delle analisi energetiche per lanciare le stravecchie, ma dimenticate, nonostante il recente uso nei Paesi sottoposti a “embargo”, “Nuove Tecnologie Rinnovabili”: quelle ricavate dal Vento e dal Sole. Si è parlato sempre poco, invece, dell’affermatissima e “rinnovabilissima” energia idroelettrica, sulla quale Paesi come Norvegia, Austria e…Costarica giurano di sostenersi, e il motivo evidente è che l’energia idroelettrica in realtà non è mai diventata “vecchia”, ossia non è da “riscoprire” grazie a pesantissimi investimenti, perché dal XIX secolo in poi si è evoluta senza interruzione, nel senso delle dimensioni delle dighe e dei bacini, delle cadute d’acqua e delle turbine, e con un’efficienza sempre sorprendentemente molto elevata, nonostante la reale abbondanza della fonte non lo richieda.
Le cosiddette energie rinnovabili
Le Fonti Energetiche Rinnovabili, falsamente rivalutate come “Inesauribili”, sono, come tutti sanno: Sole (che si usava già sulle prime automobili di inizio ‘900) e Vento, che i Fiamminghi, oltre agli Iberici e ai Francesi e Tedeschi, usavano da tempo immemorabile al posto degli animali domestici da “tiro” e da “soma”; naturalmente ce ne sono altre, come Maree e Geotermia, considerate del tutto trascurabili (ma non diciamolo agli Islandesi, che si offenderebbero), ma anche obbiettivamente poco redditizie per gli imprenditori, essendo risorse “locali” in regioni piuttosto ristrette. Dopo una trentina d’anni di utilizzo e di innegabili ma costosi progressi tecnologici, sole e vento sono insieme fonti che oggi forniscono meno del 10% dell’energia prodotta nel mondo e sono in declino a causa degli alti costi, anche di manutenzione, e della bassa potenza, un concetto che non è mai entrato nella testa degli ambientalisti che all’inizio non capivano che ben 600 torri eoliche da 1 MW ciascuna equivalevano a una centrale termoelettrica considerata piccola: dopo 30 anni il mercato offre circa 7 MW per torre, ma anche così ne occorrono un centinaio per fare l’equivalente di una piccola centrale termoelettrica (700 MW): l’industria “pesante” sarà tale per secoli e secoli e non si può sostenere su alcune girandole o batterie a “stilo”! In questi 30 anni di esercizio i maggiori costi di produzione e manutenzione degli impianti “rinnovabili” sono stati sostenuti “per punizione” da quei cittadini che per vari motivi non si sono potuti dotare della nuova tecnologia (il vento e il sole della Danimarca non si trovano certo a Milano), e molti non se ne sono nemmeno accorti (quelli che se ne accorgono trovano il modo di non pagare impunemente), perché i possessori di Rinnovabili hanno ricevuto dai Governi rimborsi sottoforma di “incentivi”, ricavati dalle solite ingenti tasse sui redditi di tutta la popolazione.
I rifiuti come risorsa energetica
La ricerca di nuove fonti di energia per rimpiazzare il presunto esaurimento del petrolio ha portato in auge anche la raccolta differenziata dei rifiuti per incenerire, e trasformare in elettricità, quelli non riciclabili, ma questa nuova via ha trovato molta ipocrita opposizione perché contemporaneamente al problema dell’energia era ormai stato sollevato il problema dell’inquinamento atmosferico da anidride carbonica, gas ritenuto “dannoso” (già qui dico che non è velenoso) che si produce ogniqualvolta si brucino con ossigeno sostanze carboniose (quindi animali o vegetali). I bruciatori (cogeneratori di elettricità e calore) di rifiuti sono tuttora ostacolati ovunque, almeno in Italia, e si preferisce a quanto pare vedere bruciare le “discariche a cielo aperto” invece di dotare di appositi filtri i fumi di scarico dei bruciatori “ecologici”, detti anche “termovalorizzatori”. Peggio ancora si preferisce trasportare i rifiuti su enormi navi in mare aperto, oppure su enormi autotreni verso inceneritori all’estero dove ci tocca anche pagare, e salato, per il servizio di incenerimento.
Un nuovo lyfestile per camuffare l’obbligo di rinnovare i beni di consumo
Lo studio delle implicazioni contenute nel rinnovo delle fonti energetiche ha permesso di valutare il passato “comportamento sconsiderato” dei cittadini comuni e di decretare il “Lifestyle” da tenere in questo primo secolo del Terzo Millennio. L’analisi ha esaminato tutti gli aspetti di una vita di lavoro e spostamenti, illuminazione, alimentazione, svago (tempo libero), religione, cura della persona, necessità sanitarie, gestione della famiglia, relazioni, invecchiamento e morte (sepoltura, tumulazione o cremazione); per le attività che ciascun aspetto comporta si sono valutati il consumo di energia e le modalità del consumo, ricavandone una situazione preoccupante (nel passato) da modificare urgentemente per il bene futuro dell’Umanità. Ripeto che uno studio del genere non è mai stato fatto (o almeno non è mai stato reso pubblico) per le attività produttive e commerciali e men che meno per quelle burocratiche e militari, addossando al solo consumatore finale ogni responsabilità (e dovere) di ottimizzare l’uso dell’energia; ma attenzione: senza diminuire i consumi! prescrivono gli economisti. Affinché questo “nuovo ordine” non sembrasse imposto, le Autorità hanno fatto in modo che l’esigenza di rispettarlo nascesse spontaneamente da un forte senso di colpa inculcato nella gente comune con martellamenti spesso subliminali, ma anche e soprattutto espliciti. Praticamente si accusano uomini e donne, civilizzati e industrializzati, degli ultimi 250 anni di essere stati e di essere ingordi, spreconi, epicurei, sventati, improvvidi, irrispettosi verso la dea Natura e, a bassa voce, anche troppo longevi. Al tempo delle polemiche sui consumi energetici pochissimi riconoscevano queste colpe, visto che gli accusati erano onesti lavoratori che nel lavoro buttavano tutta la propria Energia Fisica; solo le due fasi seguenti, in cui si riuscì a convincere la gente di essere la maggiore responsabile anche dell’inquinamento atmosferico e “quindi” dei cambiamenti climatici, diedero il colpo di grazia agli increduli cittadini che, come il bravo cavallo di “Animal Farm” di Orwell, si misero di buzzo buono a rivoluzionare il proprio stile di vita, ossia a spendere tutti i propri risparmi (meglio se riescono a fare spendere quelli degli altri) nella speranza di fermare l’ineluttabile catastrofe. Non si resero conto che non si trattava solo di rinunciare a certe cose considerate superflue, bensì di rimpiazzarle o addirittura integrarle con altre, più sofisticate, ossia costose, fatte sembrare indispensabili e utili per il risanamento del Mondo gravemente ammalato a causa delle loro innominabili colpe.