di Lorenzo Vita – Khalifa Haftar è pronto marciare su Tripoli e gli aerei del governo riconosciuto hanno iniziato i primi raid sui convogli del generale a sud della capitale. Il caos in Libia rischia di condurre inesorabilmente il Paese in una guerra civile dai tratti decisamente preoccupanti. Preoccupanti per il Paese, per il Nord Africa e anche, inevitabilmente, per l’Italia.
In queste ore, Francia, Gran Bretagna, Italia, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti hanno lanciato un appello congiunto a tutte le fazioni libiche per cessare le violenze. “I nostri governi si oppongono a qualsiasi azione militare in Libia e riterrà responsabile qualsiasi fazione libica che faccia precipitare ulteriormente il conflitto civile”, si legge nella nota. “In una fase delicata di transizione, iniziative militari e la minaccia di azioni unilaterali rischiano solamente di ripiombare la Libia nel caos”. Ma dietro a questo appello potrebbe nascondersi una verità ben più complessa, dal momento che – è inutile negarlo – Haftar non ha potuto certo decidere in maniera totalmente spontanea di avanzare direttamente sulla capitale conquistando anche Garian, a cento chilometri dalla sede del governo di Fayez al-Sarraj.
Qualche ordine deve essere arrivato. Perché è del tutto evidente che nel gioco delle potenze in Libia, né Haftar né tanto meno Sarraj si promuovono del tutto autonomamente. Abbiamo in questi mesi parlato approfonditamente delle violenze libiche, della guerra e del gioco di influenze esterne che animano e decidono i destini di una guerra che non cessa di riservare inquietanti sorprese. Ed è difficile credere adesso che Haftar, coadiuvato da Egitto, Francia, Emirati, possa aver scelto una via di rottura totale con i suoi sponsor internazionali avanzando su Tripoli. Qualcosa deve essere successo. Qualche via libera deve essere aggiunto.
E allora, visto che si sa che sponsorizza il maresciallo, è interessante la notizia uscita il 2 aprile sul sito di analisi Libya security studies. In questo articolo, che cita un’anonima fonte diplomatica, si legge che da Parigi sia arrivato il via libera per Haftar per scatenare l’avanzata verso Tripoli. La fonte parlava di un’avanzata del comandante dell’Esercito nazionale libico da sud, proprio come accaduto con la presa di Garian, e di un via libera arrivato dalla Francia al termine di “una riunione sulla sicurezza tenuta a Bengasi in un centro di operazioni militari di alto livello tecnologico sotto il comando francese”.
La notizia è chiaramente difficile da confermare. Ma dal momento che Haftar è apertamente sostenuto da Emmanuel Macron e che il comando francese ha supportato ampiamente le operazioni dell’uomo forte della Cirenaica anche nel sud della Libia, è difficile credere che Parigi fosse all’oscuro di tutto. Anzi, visti i contatti sempre più netti fra i due comandi, confermato anche dagli accordi sui raid aerei sui ribelli in Ciad, è molto probabile che in Francia siano ben note le mosse del generale. Mosse che, fra le altre cose, rappresentano anche un problema per il nostro Paese, che proprio ieri, con il viaggio di Giuseppe Conte in Qatar, si fatto ha blindato un asse con un Paese nemico degli Emirati. Che casualmente sostengono Haftar.
Per Macron, la mossa del generale libico potrebbe essere utile. La Francia è stata uno dei Paesi più colpiti dal fatto che il piano delle Nazioni Unite ha provocato lo slittamento delle elezioni e l’imposizione di una road-map che è servita anche all’Italia. Il governo giallo-verde, dopo la conferenza di Palermo, sembrava aver messo più di un piede in Libia. Ma aveva anche rivelato un punto debole: l’eccessivo potere di Haftar che, di fatto, aveva segnato anche la netta sconfitta strategica italiana nel sostegno a Sarraj. Ora, con la mossa del generale, è chiaro che il governo di Tripoli non abbia più le capacità di continuare minimamente a sostenere la transizione del Paese. Mentre gli alleati di Haftar, pur affermando la volontà di una pace, è chiaro che potranno sedersi al tavolo delle trattative da una netta posizione di forza. E la Francia non vede l’ora di colpire gli interessi italiani riprendendosi la pax libica.