di Andrea Guenna – Dopo che la Corte dei Conti ha imposto a Palazzo Rosso di mettere mano ai bilanci del periodo 2012 – 2017 (Giunta Rossa) perché sono falsi – ma non si tratta di falso ideologico, dottor Ghio, perché stavolta è proprio falso in bilancio – i soliti pennivendoli mandrogni, toccati nel vivo, hanno reagito nel modo più rozzo e scomposto, raccontando un mucchio di balle, sempre più grosse, oltre a quelle che hanno sempre raccontato sull’argomento.
Tornando ai conti da sistemare, nel 2012 il deficit era di 46.887.506 euro, mentre nel 2017 era diventato di 53.566.000 euro, il che vuol dire che la giunta di Rita Rossa & Compagni è stata capace perfino di fare un ulteriore buco in partita corrente di 6.678.494 (53.566.000 – 46.887.506) euro nonostante fosse in regime di dissesto, cioè con controlli incrociati, e stringenti obblighi contabili da rispettare.
Sono stati dei fenomeni: hanno fatto come chi, con la camicia di forza, riesce a grattarsi la schiena.
C’è da dire inoltre che, mentre il deficit di oltre 46 milioni si trascinava in partita corrente da almeno 15 anni, il debito vero, quello in conto capitale, era quasi raddoppiato con la giunta di sinistra di Mara Scagni & Compagni tra il 2002 ed il 2007, anche se, per fortuna, sarebbe stato in seguito stabilizzato da Vandone (vedere tabella sopra).
Parola d’ordine: fermare Vandone!
Il professor Luciano Vandone aveva ereditato una situazione finanziaria disastrosa. Quando si è insediato nella carica di assessore al bilancio della Giunta Fabbio, si dice che, controllando i conti di Palazzo Rosso, avesse scrollato la testa: il debito ereditato dalla giunta di Mara Scagni era esploso e superava i 155 milioni di euro. Quel giorno andò dal sindaco coi fogli in mano deciso a fare approvare il dissesto.
Entrò nell’ufficio di Fabbio e disse più o meno così: “Non c’è niente da fare, la barca fa acqua da tutte le parti. Prendere in mano un Comune in queste condizioni è una follia…”.
“Siamo stati eletti per governare – gli avrebbe risposto Fabbio – tu sei il migliore, sei l’unico in grado di rimettere le cose a posto, abbiamo avuto la fiducia della stragrande maggioranza degli alessandrini che certamente ci rinnoveranno, e avrai tutto il tempo di rimettere i conti a posto”.
Vandone accettò perché sapeva che in dieci anni (due consiliature consecutive) si poteva tentare il risanamento ed iniziò subito programmando il lavoro in previsione del secondo mandato che invece non arrivò.
Iniziò a mettere mano ai conti ed agì in tre direzioni:
1. ridurre i costi
2. fare cassa
3. aumentare la produttività.
Per quanto riguarda i costi operò sulle partecipate e sul blocco del turnover (vedere tabella a lato) arrivando a diminuire quasi del 20% in cinque anni il numero dei dipendenti del Comune.
Alle partecipate diede maggiore autonomia gestionale per far sì che il Comune potesse operare in modo più snello sia per quanto riguarda l’aspetto amministrativo che finanziario.
Per fare cassa costituiva Valorial che aveva il compito di fare liquidità attraverso la vendita dei beni immobiliari (case e terreni) del Comune. In poche parole, se il Comune aveva bisogno di 200.000 euro cash, dato il grande patrimonio immobiliare, dava “in conto vendita” a Valorial – una società di cartolarizzazione di cui era presidente Dario Pavanello (Lega) – un bene in cambio del controvalore in euro che Valorial si faceva liquidare a sua volta dalla Cassa di Risparmio di Alessandria, in attesa di vendere quel bene a terzi e di rientrare del debito.
Per quanto riguarda l’aumento della produttività aveva messo mano alla pianta organica con trasferimenti mirati ma che, evidentemente, avevano infastidito qualcuno che si considerava intoccabile.
Questa politica era molto probabilmente quella giusta e stava dando i suoi frutti, ma doveva essere proiettata in un arco di tempo che superava il quinquennio di mandato per essere completata. Qualcuno lo aveva capito ed ha fatto in modo che Vandone non potesse avere tutto quel tempo a disposizione, lavorando “sotto traccia” per impedirne la rielezione. Solo così, interrompendo cioè il lavoro di Vandone, si poteva causare un disastro che sarebbe stato poi addebitato alla giunta di destra 2007 – 2012.
E così è stato, in quanto l’elettorato che aveva portato in trionfo Piercarlo Fabbio nel 2007, frastornato da una campagna di stampa violentissima nei confronti della maggioranza di destra, al ballottaggio ha preferito non andare a votare spianando di fatto la strada a Rita Rossa, e Vandone non poté finire il lavoro.
Luciano Vandone aveva messo i conti a posto
La perizia del 2011 dei professori Victor Uckmar dell’Università di Genova, ed Elio Borgonovi della Bocconi di Milano, aveva certificato la bontà della gestione finanziaria messa in atto dall’assessore Vandone, il quale aveva studiato e predisposto un preciso piano di rientro che prevedeva l’incasso di otto anni di concessione per il servizio di raccolta e trasporto rifiuti vinto dall’ATI (Associazione temporanea di impresa) Amiu – Iren pari a 15.000.000, l’incasso di otto anni di concessione per il servizio di smaltimento rifiuti (attualmente svolto da Aral Spa) per altri 15 milioni, l’incasso di circa 10 milioni per ruoli suppletivi (multe, ICI, tassa sui fabbricati fantasma registrati dal catasto), l’incasso di circa 20 milioni di IMU per gli anni 2012 – 2013, l’incasso di altri 10 milioni circa (5 + 5) per la vendita di immobili Comunali, per un totale stimato di circa 70 milioni di euro, cui si potevano aggiungere altri 80 milioni di euro derivanti dalla concessione delle reti gas (Amag – Alegas).
Per tutta risposta Rita Rossa & Compagni hanno approvato il dissesto facendo in modo che si generasse la capitalizzazione di somme per interessi ed accessori, si impedissero le azioni esecutive individuali, il riparto “nei limiti della massa attiva” (con ciò ipotizzandosi l’incapienza) insieme alle richieste di crediti di data anteriore all’approvazione del piano di estinzione.
La sinistra ha paralizzato tutto
Non solo, perché la sindaca Rita Rossa avrebbe annullato senza motivo (è stato forse danno erariale dottor Ghio? Perché non ha indagato?) la gara di vendita del servizio di raccolta rifiuti che avrebbe fruttato cash 15 miolioncini senza che nessuno dei partecipanti avesse fatto ricorso. Lo ha reso noto con un laconico comunicato stampa del 27 settembre 2012. Quella gara era valida, essendo stata approvata dalla Autority di Vigilanza sul Contratti Pubblici in via preventiva nel gennaio 2011 come emerge in modo puntuale dalle premesse della documentazione.
Il grave danno erariale provocato da quella decisione, oltretutto in palese violazione della normativa europea che regola l’indizione, alla fine ha determinato la perdita di 40 milioni di euro di canoni di concessione di cui 15 anticipati, e l’AMIU invece di essere assorbita e rafforzata nella partnership con altro soggetto economico (IREN) di solidità certa, sarebbe stata dichiarata fallita nel 2014 con ricadute anche sui dipendenti. Oltre ad annullare quella gara, la Giunta Rossa & Compagni non procedeva alle altre gare che avrebbero fruttato oltre 150 milioni di euro a totale estinzione anche del debito in conto capitale che con Mara Scagni e l’assessore Sandro Tortarolo era schizzato, come sappiamo, a oltre 155 milioni.
Riassumendo, con la gara di vendita del servizio di nettezza urbana si azzerava il deficit (ereditato) o debito in partita corrente che dir si voglia, di circa 46 milioni, mentre con le altre gare si azzerava il debito in conto capitale (ereditato) di oltre 157 milioni di euro.
Risultato? Comune risanato!
“E te credo” che hanno inventato un dissesto che non c’era: l’hanno fatto per sbarazzarsi di coloro che stavano risanando una volta per tutte il Comune di Alessandria senza pesare sui cittadini e con l’effetto politico di liquidare per molto tempo certa sinistra anche qui da noi.
Il rischio era troppo grande per il povero Pd che si è affidato alle solite truppe cammellate presenti in politica, in procura e nella stampa per attuare un fuoco di fila che eliminasse Fabbio e Vandone.
Sembrava ce l’avessero fatta, ma la vita è lunga e la verità, prima o poi, viene sempre a galla.