Casale Monferrato (Andrea Guenna) – Sono molte le incongruenze sulla morte di Anna Maria Ravetto (nella foto), una signora di 61 anni, ospite da poche settimane della Casa di Riposo cittadina, che è precipitata da una finestra, forse del secondo piano, forse del terzo, sfracellandosi sul selciato della centrale Via Cavour. Il suo corpo ormai privo di vita è stato trovato riverso a terra nel primo pomeriggio di giovedì 10 gennaio da un passante, vicino al marciapiede, fra due automobili in sosta, a poco più di un paio di metri dall’ingresso del Pensionato Civile. Ovviamente i carabinieri hanno avviato le indagini, ma sono già troppe le cose che non quadrano. Innanzi tutto c’è da chiedersi come sia stato possibile che nella struttura dov’era ospitata nessuno si fosse accorto di niente, al punto che è stato un passante a trovarla morta in strada. Dov’erano gli addetti alla sorveglianza e gli infermieri quando la poveretta è precipitata dalla finestra? Perché nessuno controllava gli spostamenti degli ospiti?
Inoltre, stando ai primi riscontri, pare certo che la poveretta sia caduta non a causa di un malore.
E allora, come ha fatto a precipitare?
Si è buttata lei? Con le ciabatte ai piedi? O è stata buttata? E da chi? Perché poi?
La sera prima la signora Ravetto non aveva voglia di morire
In questa vicenda c’è puzza di bruciato e, da cronista, mi sono messo a cercare. Ho trovato la figlia della vittima, la signora Valeria Angelino, 39 anni, impiegata di banca, che è stata molto gentile ed ha risposto alle mie domande.
“Sono sicura – mi ha detto – che la mia mamma non si sarebbe mai tolta la vita. Inoltre la sentivo tutti i giorni perché io ero il suo punto di riferimento e lei il mio”.
La sera prima della tragedia la signora Angelino era andata a trovare la madre intorno alle sei. Sono state insieme un’ora e poi il saluto: “Ci vediamo domani”. Ma quel domani è stato fatale.
Infatti, intorno alle 14, mentre la signora Angelino si trovava all’ospedale col papà per una seduta di chemioterapia, è arrivata la chiamata dei carabinieri: “Siamo i carabinieri, è la figlia della signora Ravetto?”.
“Sì sono io, cos’è successo?”.
Ma la risposta da parte del maresciallo non lasciava spazio al dubbio.
Un ricovero temporaneo e tragico
La signora Ravetto, come mi ha detto la figlia: “Era in casa di riposo temporaneamente, in vista di una terapia che avrebbe dovuto iniziare a breve, e quel ricovero era stato necessario a causa della recente diagnosi di mesotelioma in stadio avanzato di mio papà. Gli oncologi mi avevano consigliato di preservarlo in fase iniziale dai rapporti con la mamma almeno fino a che non l’avessimo stabilizzata con la terapia corretta. Due giorni prima del tragico incidente – ha continuato la signora Angelino – l’avevo accompagnata io stessa in ospedale per una tac e un elettroencefalogramma consigliati dal dottor Cavallini, il neurologo che si stava occupando di lei. Gli esiti avrebbero poi confermato, con due giorni di fatale ritardo, purtroppo, che le due cliniche dov’è era stata ricoverata l’anno scorso e che avevano cambiato più volte le terapie antidepressive senza mai farle fare un esame, avevano purtroppo sbagliato, in quanto la mia mamma aveva una malattia rara, simile all’epilessia, e andava quindi trattata con farmaci specifici”.
Troppe domande senza risposta
La signora Ravetto è caduta da quella finestra perché aveva perso i sensi?
La dinamica dimostrerebbe piuttosto che sia stata buttata a forza fuori dalla finestra da almeno due persone che hanno impresso al suo corpo una spinta tale che ha fatto sì che l’atterraggio avvenisse molto distante dall’edificio.
E poi le ciabatte ai piedi. Come è possibile che un suicida si getti dalla finestra con le ciabatte ai piedi?
“Stavo facendo il possibile per portare la mia mamma via da quel posto – ci ha detto ancora la signora Angelino -, lei non si era mai lamentata di nessun posto in cui era stata ricoverata, ma lì aveva paura: qualche giorno prima aveva detto, davanti a me e a mio marito, che un giorno sarei andata a trovarla e non l’avrei più trovata, questo mi aveva detto”.
Dov’era finito il telefonino?
Un ultimo elemento getta l’ennesima ombra sulla vicenda: il giorno stesso del mortale incidente la signora Ravetto non aveva in tasca il telefonino, dal quale non si separava mai, che sarebbe stato poi trovato in portineria.
“Mi sono molto stupita di questa cosa – ci ha detto in proposito la figlia – perché la mia mamma non si separava mai dal telefonino, col quale mi chiamava più volte al giorno”.
E poi un altro particolare tremendo e inquietante: “Quando mi hanno reso il cellulare di mia madre – ha aggiunto la signora Angelino – accendendolo ho notato che dopo la morte della mamma era stata fatta una foto, di sicuro inavvertitamente. Qualcuno aveva sbloccato e cercato qualcosa nel suo telefono. Perché?”.
Siamo di fronte a un caso intricato
La vicenda diventa un vero e proprio giallo che si infittisce man mano che vengono alla luce particolari inquietanti.
Ci ha detto ancora la figlia: “Il giorno 5 (sabato 5 gennaio 2019; n.d.r.) mia mamma mi aveva disperatamente chiesto di portarla via di lì perché aveva paura. Ora ho visto che quel giorno aveva chiamato anche il commissariato di Casale in una telefonata durata più di un minuto. Qualche giorno prima avevo apostrofato una Oss perché aveva dato della stronza a mia mamma senza nessun motivo”.
La signora Angelino non si dà pace: “Ho solo tardato a toglierla di lì perché aspettavo gli esiti degli esami per portarla a casa con una terapia che permettesse la convivenza con mio papà malato. La prima colpevole sono io per non aver capito l’emergenza di quella situazione e per aver presunto di poter aspettare ancora qualche giorno”.
Gli orari non quadrano
“In casa di riposo – ha precisato la figlia – mi hanno detto che alle 13.30 la mia mamma dormiva tranquilla. Mi ha contattata la ragazza che l’ha trovata a faccia in giù dicendomi che alle 13.40 già chiamava i soccorsi”.
Tuttavia quello che non quadra è proprio la dinamica dell’incidente. Ci ha detto la signora Angelino: “Ma com’è possibile? Il corpo era distante dal muro nello spazio delle macchine oltre il marciapiede, come ha fatto a cadere tanto in là? All’arrivo dei carabinieri e dei soccorsi in casa di riposo non si erano neanche accorti che la mia mamma mancava dalla stanza”.
E poi una rivelazione scioccante: “La mia mamma era terrorizzata da un infermiere, al punto che la notte si rigirava nel letto e faticava a dormire”.
Il telefonino scomparso
La signora Angelino termina così questa prima intervista: “Un’ infermiera mi aveva consigliato di toglierle il telefono perché la mia mamma aveva minacciato di chiamare i carabinieri e, a quel punto, avevo messo nero su bianco affinché nessuno le toccasse quel telefono perché se aveva bisogno doveva potermi chiamare”.
La figlia nutre troppi sospetti e non si fida più di nessuno: “Ho provveduto anche a richiedere, in sede di autopsia, una perizia tossicologica perché l’ultima sera che l’avevo vista era molto intontita, anche se nei giorni precedenti era lucida. Ho due registrazioni di sue chiamate nella giornata di sabato da cui facilmente si può intuire che ragionasse bene”.
A questo punto il cronista si ferma, in quanto dovrebbe essere la magistratura a muoversi.
Anche se, in ogni caso, noi andiamo avanti, da giornalisti che, come sempre, rincorrono la verità.