di Emanuele Lusi – Il 19 luglio 2018, come un fulmine a ciel sereno, sono arrivate del dimissioni del Generale Enrico Cataldi (nella foto) da Procuratore Generale del Coni.
Il Gen. Cataldi era stato scelto dal Presidente Malagò per puntare su una persona super partes ed evitare che nei processi sportivi la giustizia rimanesse nelle mani di giudici scelti proprio dalle Federazioni.
Una rivoluzione, quindi, che depotenziava il ruolo di organi di controllo nominati dagli stessi soggetti che avrebbero dovuto essere sottoposti al controllo.
Le dimissioni del Gen. Cataldi sono state accompagnate da un comunicato che non lascia spazio ad equivoci: “all’interno del Coni c’è una lobby potente, contraria al progetto di Malagò […]. Sapevamo, io, il presidente e i miei sostituti, che la riforma avrebbe incontrato resistenze procurandoci molti nemici. Ma qui c’è un muro che si oppone a ogni cambiamento: la giustizia è e deve restare cosa delle federazioni e nessuno super partes deve poter metterci il naso. Ho passato la vita a lottare cercando di fare giustizia e seguendo casi difficilissimi, ora mi rendo conto nello sport l’impresa è superiore alle mie forze”.
È evidente, nelle dichiarazioni del Gen. Cataldi la fotografia del “sistema sport” all’interno del quale i Consigli Federali delle varie federazioni hanno facoltà di nominare gli organi di tutti i membri degli organi di giustizia: Procuratori (quelli chiamati a indagare), nonché Tribunali Federali e Corti Federali di Appello (quelli chiamati a giudicare).
Tralasciando commenti e approfondimenti di tutt’altra natura, ciò che risulta maggiormente minata è la credibilità di tutto il sistema sportivo italiano.
È facile immaginare come, anche in tema di giustizia sportiva, lo sport lo si voglia lasciato allo sport, senza se, senza ma e senza alcuna intromissione esterna.
Eppure l’attuale Governo, con l’annunciata creazione di Sport e Salute SPA, vorrebbe togliere allo Spot (cioè al CONI) la possibilità di attribuire i fondi pubblici destinati alle Federazioni Sportive Nazionali.
Per quanto Coni e Governo abbiano avviato un tavolo di confronto per trovare una “quadra” sul tema, siamo tutti stati colpiti dalla levata di scudi, anche di atleti pluri-medagliati nazionali, al grido di “lasciamo lo sport allo sport”. Quasi una difesa strenua di quei diritti acquisiti negli anni grazie ai quali le Federazioni beneficiano dei fondi pubblici erogati al Coni e dal Coni girate a tutte le Federazioni, senza verifica e controllo di quanto veramente venga poi destinato ai movimenti di base, ovvero al motore immobile di tutto lo sport italiano. Soprattutto, senza vincolo di risultato! Che si vinca o che si perda, che si cresca o ci si riduca.
Anche in questo caso, se veramente si ha a cuore lo sport, ci si sarebbe aspettati una riforma del sistema scolastico che agevoli la promozione dello sport nelle scuole primarie dove spesso le pochissime ore mensili di educazione motoria vengono svolte da volenterose insegnanti di Italiano che utilizzano quelle ore senza attribuirgli pari dignità di insegnamento: a quanti dei nostri figli viene detto “oggi vi siete comportati male e quindi non andiamo in palestra”?
Possiamo anche concordare sul fatto che lo sport vada lasciato allo sport ma è innegabile che il sistema sport ha bisogno di integrarsi con la scuola, come le migliaia di associazioni sparse sul territorio al fine di promuovere una ormai improcrastinabile educazione motoria di base che funga da linfa vitale per il reclutamento di tutte le discipline sportive.
Reclutamento necessario al fine di allargare la base e far emergere i tanti talenti che con lavoro e sacrificio daranno futuro lustro allo sport nazionale.
E a proposito di lustro, pochi giorni fa la Federazione Ginnastica Italiana ha festeggiato i sui 150 anni. Pare che Juri Chechi, pluri-medagliato e riconosciuto, assieme ad Igor Cassina, tra i maggiori talenti della disciplina sportiva nel mondo, non sia stato invitato alla festa svoltasi alla Presenza di Malagò nel Salone d’onore del CONI.
Certamente vi saranno delle motivazioni valide alla basa di questa scelta fatta dal Presidente Tecchi: non sappiamo se le stesse scelte siano state condivise anche dal padrone di casa che ha ospitato la celebrazione. Certo è che nessuno ha preso pubblicamente le parti di Juri Chechi al grido di “lasciamo lo sport allo sport”.
Non che ne avesse bisogno, ma ai meno attenti a certe dinamiche, basterà rammentare che Chechi è stato candidato alle ultime elezioni federali perdendo la carica di Presidente per un pugno di voti riportando il 47,69% delle preferenze.
Che si lasci pure “lo sport allo sport”. Ma si costruisca un “sistema sport” che utilizzi la politica per fare sistema con le istituzioni e che non anteponga l’interesse personale a quanto di buono costruito nel tempo.