Alessandria (Andrea Rovere) – La provincia di Alessandria è ormai quella dei trend negativi. A confermarlo, gli ultimi dati circa i fallimenti dell’anno 2018: +10%. Numeri a cui ormai abbiamo fatto l’abitudine, dando colpa alla crisi, all’attuale congiuntura, magari alla mentalità stessa degli alessandrini, ma forse troppo di rado alle amministrazioni pubbliche, che da anni – potremmo dire decenni – sembrano mostrare scarse doti gestionali nonché totale incapacità di elaborare strategie efficaci di sviluppo territoriale. A pagare il conto c’è un altro diecipercento (come l’anno scorso) di imprenditori costretti alla serrata.
Nessuno parla di piani urbanistici
Ora, la crisi c’è. Nessuno lo nega. Tuttavia, questa provincia è diventata una vera e propria palude, una pozza d’acqua stagnante in cui si vivacchia sospirando le correnti marine. Peccato però che di traghettatori all’altezza non se ne siano ancora visti, e quindi le cose restano come sono, fra chiacchiere intorno alla logistica, sedicente gallina dalle uova d’oro, e confusione perenne in termini di urbanistica che, sarebbe bene ricordarselo, non è mera viabilità. Le due tematiche sono infatti strettamente correlate, poiché un serio progetto inerente lo stoccaggio e il trasporto di merci dovrebbe presupporre la consapevolezza che gli abitanti di un territorio vadano messi in condizione di viverlo al massimo, e che ciò sia possibile soltanto attraverso un’urbanistica sviluppata in modo intelligente e razionale.
Treni come inutili missili
Per dirla in parole povere: a che serve che da qui passino treni merci a tutto spiano, se poi i collegamenti ferroviari della provincia sono un disastro? Della serie: quanto ci mette un abitante della Val Borbera ad arrivare nel capoluogo della provincia? E, sempre ammesso che ci riesca, perché, una volta perso il treno, aspetta e spera di rivederne un altro in tempo utile? Così come andrebbe ritenuto scandaloso che in un territorio come quello alessandrino, contraddistinto da poli importanti a cui fa riferimento tutta una serie di villaggi e centri minori, nessuno abbia mai ritenuto fondamentale la realizzazione d’un progetto volto a creare una rete agile ed efficiente che faccia “muovere” la provincia aprendone le porte verso l’esterno.
Oggi per andare a Tortona capita di dover cambiare treno
A pensare che, grazie ai lavori del Terzo Valico, per spostarsi in treno da Tortona a Novi Ligure ci voglia mediamente un’ora e un cambio tassativo di convoglio, c’è da mettersi le mani nei capelli. Eppure, tutti a parlare di grandi opere. Tortonesi e novesi costretti a cantarsela fra di loro, ognuno a casa propria, o a pigliar l’auto anche per i trasferimenti quotidiani, mentre si devono leggere pagine intere magnificanti il Terzo Valico, la Tav e tutto ciò che arricchisce pochi e non serve a nessuno.
Gli svizzeri, che non sono scemi, la Tav/Tac non l’hanno voluta
Bisognerebbe chiederlo agli svizzeri, che certo sanno fare i propri conti, cosa pensino ad esempio del Corridoio 5, la TAV (TAC?) che correrà da Lione alla frontiera ucraina, e che a Bruxelles ritengono opera imprescindibile (?) per l’Europa. In Svizzera non hanno pensato minimamente ad infilarsi in un simile cul de sac, e infatti hanno realizzato il Gottardo, dove per ogni container e camion trasportati su rotaia a velocità moderata (altro che Tav) sono gran soldi che entrano nelle casse dello stato elvetico, alla faccia delle beghe italiche per stabilire l’utilità della Torino-Lione e del Corridoio di cui sopra.
Rolex ad Alessandria
la realtà è quella che vede i pendolari imbottigliati tutti i giorni in convogli fatiscenti, sempre in ritardo, costretti a giri assurdi per raggiungere la propria meta. Noi alessandrini – novesi, tortonesi, acquesi, eccetera – lo sappiamo bene. Fatta però eccezione, a quanto pare, per i nostri amministratori e per certa stampa che non esita a paventare l’ipotesi di un trasferimento ad Alessandria nientemeno che della premiatissima ditta Rolex Italia da Milano, nel caso si realizzassero “collegamenti più veloci” – leggasi d’élite –. Sì, campa cavallo.
Ma la crisi non si ferma
Intanto, le imprese locali chiudono, i piccoli negozi idem, e i centri commerciali allargano i parcheggi per far posto a chi, impossibilitato a muoversi con fluidità fra i vari quartieri cittadini, finisce col prendere l’auto e andarsene laddove troverà – tutto sommato – quel che gli serve senza tanto stress. Le città si stringono e i centri commerciali si allargano.
Se infatti le varie aree del nucleo cittadino non sono armonizzate attraverso una rete di trasporti efficiente, magari tranviaria – come del resto era nel passato anche qui ad Alessandria –, e se queste stesse aree non sono collegate con intelligenza ai vari ed eventuali megastore dei dintorni, la città resterà sempre frammentata e nelle condizioni meno favorevoli allo sviluppo del proprio potenziale. E così l’intera provincia, valendo il discorso circa le aree del nucleo urbano anche per i vari poli provinciali.