Acqui Terme (Andrea Guenna) – Le due consorti (donne sposate fra loro) che hanno avuto un figlio in modo insolito in Spagna, hanno finalmente potuto ottenere dal sindaco di Acqui Lorenzo Lucchini (nella foto a lato), ieri pomeriggio alle tre, la trascrizione dell’atto di nascita del bambino partorito da una delle due, nato a Barcellona il 24 ottobre scorso. Si tratta di due mamme omosessuali che, secondo natura, fra loro non possono procreare un figlio, che tuttavia hanno ottenuto grazie allo sperma di un tizio di cui non si conosce l’identità. Un’identità che non conoscono neppure loro e che sarà per sempre nascosta a chi hanno messo al mondo nella maniera più difficile, che ora è incosciente in quanto neonato, ma che fra qualche anno saprà come sono andate le cose, capirà e vorrà sapere chi è suo padre.
Le due donne, Chiara e Sara, 37 e 33 anni, si sono sposate in Spagna nel 2015 e lì hanno voluto metter su famiglia ricorrendo alla fecondazione artificiale. Sull’atto di nascita del bambino sono segnati i nomi di entrambe le donne, definite “Madre A” e “Madre B”.
La legge italiana non consente una prassi del genere, ma nel caso che qualche giudice si prendesse la briga di mettere in discussione la legittimità dell’atto, dovrà fare i conti con le due mamme che si sono già dette pronte a dare battaglia per difendere un diritto, che sarà pure il loro, ma che non tiene conto di quello dell’orfano che hanno voluto mettere al mondo a tutti i costi.
Da questa vicenda emerge che la figura paterna è ormai al tramonto come aveva già osservato sul finire degli anni trenta Jacques Lacan, il grande psichiatra, psicoanalista e filosofo francese, morto nel 1981, il quale ha introdotto la tesi dell’evaporazione del padre che, come afferma il nostro Massimo Recalcati, è la diretta conseguenza del trionfo liberista (che non è liberale ma il suo esatto contrario) che distrugge ogni ideale e quindi anche quello paterno. Per Recalcati viene meno l’esperienza del limite nell’ambito d’un universo senza freni, soprattutto simbolici.
La massoneria potrebbe colmare questo vuoto, ma quella di oggi, purtroppo, sembra avere dimenticato gli slanci ideali di quella originaria e non serve più a molto.
Ciò che manca nella nostra sgangherata società è il senso del limite in un contesto del tutto relativo, privo di simboli e di punti fermi. Un contesto in cui tutto è possibile proprio perché, come afferma Recalcati, è il trionfo dell’annientamento e dello sganciamento del desiderio dal suo soddisfacimento.
Quelle due mamme hanno fatto un figlio che non è il loro – perché non possono procreare senza uno sperma che non hanno – che loro non godranno mai nonostante siano convinte di non avere nessun limite alla propria volontà di godimento, ignorando che nel nostro caso l’oggetto del desiderio (un figlio) si confonde con una grande quantità di oggetti (un’auto, un frigorifero, una Tv, una vacanza in montagna, una crociera) mentre la sua essenza sfugge. E si tratta di un’essenza sacra, che viene dalla vita che è trascendente. Ecco che la volontà diviene fine a se stessa poiché il desiderio non può trovare soddisfazione senza vero amore ma solo un vuoto drammatico.
Il pericolo è che scambiando il desiderio con un oggetto, quando sparisce il soddisfacimento dell’oggetto, viene meno l’amore che si era nascosto nel desiderio e che in fondo non c’è mai stato per quell’oggetto che, nel nostro caso è un essere umano, messo al mondo orfano, e voluto a tutti i costi per soddisfare un capriccio che scaturisce dall’egoismo e si manifesta esattamente come quando la bambina vuole una bambola.
Il padre non c’è perché, forse, non c’è mai stato già prima per le due mamme di Acqui Terme.
Un padre che coi suoi no avrebbe dato peso e dignità al desiderio che si poteva soddisfare solo dopo un percorso virtuoso e di amore.
Un no che dà dignità alla legge che pone sempre dei limiti.
Come quello della libertà cosciente e non selvaggia per cui io posso tutto fino a quando non invado la libertà degli altri.
Nella fattispecie la libertà di quel neonato che non può ancora difendersi e gridare la sua disperazione per la mancanza di un padre che non potrà mai conoscere.