di Andrea Rovere – È degli ultimi giorni la pubblicazione da parte del quotidiano La Stampa di un interessante documento. Si tratta della rappresentazione grafica degli investimenti cinesi in Europa riguardanti la logistica e il trasporto marittimo. Nello specifico, la cartina mostra i porti europei che possono oggi definirsi in mani cinesi, nonché le prossime mire di Pechino. Fra queste figurano i porti di Trieste e Venezia, con investimenti pari a 600 milioni di Euro per il primo e a ben un miliardo e trecento milioni di Euro per il secondo.
Genova non piace ai cinesi
Ora, se nell’elenco di quegli scali italiani, evidentemente considerati strategici, si vanno ad aggiungere gli altri porti del Mediterraneo sui quali la Cina ha già puntato, balza agli occhi il fatto che Genova non compaia. Dei tre porti della costa ovest del mediterraneo, oltre a Marsiglia e a Valencia, spicca, sì, un porto italiano, ma si tratta di quello di Vado Ligure, il quale supera di gran lunga il pescaggio del porto di Genova ed è quindi maggiormente appetibile per alcune compagnie.
La Maersk ha scelto Savona
Lo denota tra l’altro il fatto che proprio la Maersk, colosso danese del trasporto marittimo e leader indiscusso del settore, stia progressivamente trasferendo il grosso delle sue attività nel Mar Ligure da Genova a Vado, essendo che nel porto del Comune savonese hanno modo di attraccare senza problemi anche i mercantili di più grandi dimensioni. Cosa che invece non è più possibile a Genova, poiché i fondali e l’attuale struttura del porto stesso creano grossi problemi se non una completa impossibilità di attracco a certe navi e, di conseguenza, limitazioni sostanziali all’utilizzo di questo scalo per i carichi dal tonnellaggio più elevato. Dati senza dubbio significativi, i quali, in associazione ad altri indicatori, sembrano evidenziare che il futuro del commercio marittimo nel tirreno passi da Vado Ligure più che da Genova. E ciò non a causa di un eventuale sottoutilizzo dello scalo genovese, che svolge invece egregiamente il proprio compito, ma per un fatto sostanziale: stando alle sue caratteristiche e alle concrete opportunità di sviluppo, non è verosimile aspettarsi un aumento considerevole del tonnellaggio in movimentazione da questo porto.
La gomma, per i tragitti di media distanza, costa meno
Le merci movimentate da Genova vanno in special modo verso la pianura padana, raggiungendola praticamente tutta quanta. E questo è sufficiente per l’entità del porto e per le prospettive ad esso collegate. Non si capisce allora perché si continui a parlare di apertura del porto di Genova all’Europa attraverso il famigerato Terzo Valico quando è notorio che Genova non sia Rotterdam, la cui mole di merci in movimentazione è decisamente maggiore, e che la concentrazione di abitanti e società nelle zone di “competenza” dei grandi porti del nord Europa non possa essere neanche minimamente paragonata a quella delle aree a noi adiacenti.
Le linee ferroviarie verso il Nord ci sono già e sono sottoutilizzate
Parliamoci chiaro: il grosso del trasporto merci che da Genova raggiunge la pianura padana viaggia su gomma, e questo resta il modo più pratico. Per quanto riguarda invece le linee ferroviarie che corrono dalla Liguria verso nord, ne esistono già due, solo che sono fortemente sottoutilizzate. Se infatti quattro binari raggiungono Arquata Scrivia, e uno (fra l’altro raddoppiabile) Alessandria, i convogli che vi transitano sono tuttavia molti meno rispetto a quanto potrebbe essere se tali linee fossero messe in condizione di operare a pieno regime. Si stima che il transito di treni merci all’ora potrebbe essere addirittura decuplicato, il che, lo si capisce senza difficoltà, fa una bella differenza.
Un porto superato
Proviamo allora a riassumere: il porto di Genova, perfetto per le navi Feeder, è poco adatto ad uno sviluppo che coinvolga le navi mercantili di più alto tonnellaggio; l’attuale sfruttamento del porto di Genova è pressoché adeguato alle sue possibilità, e lo smistamento delle merci per tutta la pianura padana ne costituisce il canale privilegiato; i collegamenti fra il porto e la pianura padana sono gestiti, per ovvie ragioni, soprattutto attraverso camion, quindi si parla di trasporto su gomma; di linee ferroviarie che muovono da Genova verso nord ve ne sono già due, entrambe sottoutilizzate.
Terzo Valico: soldi buttati via
E a questo punto domandiamoci: non è che investendo nell’ammodernamento ed efficientamento della rete stradale (autostradale soprattutto) e di quella ferroviaria già esistente, si spenderebbe molto meno di quanto previsto per il completamento del Terzo Valico, rendendo per lo più un servizio di maggiore utilità tanto a Genova quanto al Paese?
Certo qualcuno ci verrà a dire che non si può fare, che è complicato, assai dispendioso, magari persino più del Terzo Valico e molto meno utile. Ma in tal caso, è bene dirlo chiaramente, ci sentiremmo un po’ presi per il naso. Se infatti esistono tutti i presupposti affinché lo sviluppo del traffico ferroviario sulle due linee attuali possa essere favorito attraverso un progetto pienamente sostenibile, e che a mancare sia invece la volontà politica ad operare in tal senso – a livello nazionale in primis –, è vero altresì che la scommessa vincente riguardi oggi soprattutto il trasporto su gomma.
Oggi, qui da noi, le autostrade sono più convenienti
Un’implementazione ed efficientamento delle autostrade permetterebbe attualmente un doppio vantaggio: anzitutto, un camion può arrivare ovunque vi sia una strada atta a consentirne il transito, rendendo questo tipo di trasporto ideale per coprire vasti territori in virtù della capillarità della rete stradale; ma a ben pensare, è ad oggi persino possibile favorire la salvaguardia dell’ambiente attraverso investimenti nel trasporto su gomma, essendo che i camion a idrogeno ed elettrici sono ormai una realtà con la quale sarebbe il caso di confrontarsi.
A tal proposito, pensiamo ad esempio ai nostri vicini svizzeri, che proprio su queste tecnologie hanno preso ad investire seriamente, e che forse, potendo tornare indietro, storcerebbero il naso a sentir parlare di Nuovo Gottardo.
Gottardo docet
Se infatti per il mega tunnel, inaugurato non molto tempo fa, sono serviti circa trent’anni, va detto che nel frattempo i progressi tecnologici siano stati notevoli, tanto da rendere simili opere meno strategiche e risolutive di quanto non potessero sembrare in passato. Quantomeno in certi casi.
Ma allora perché se gli svizzeri comprano camion elettrici e ad idrogeno anziché traforare accanto al Nuovo Gottardo, noi stiamo ancora qui a concionare di Terzo Valico?
E ancora: a seguito del progressivo passaggio dalla trazione stradale diesel a quella elettrica e ad idrogeno, che inquina meno e costa meno del trasporto su rotaia, cosa ne sarà della sostenibilità economica dei tunnel ferroviari già realizzati? E per quanto riguarda quelli ancora da realizzare?
Chi vivrà vedrà.
Anche se, a dirla tutta, una consapevolezza non da poco già l’abbiamo, e cioè che i soldi da sborsare per il benedetto Terzo Valico potrebbero essere investiti assai meglio e in modo più razionale.
Che l’abbiano intuito perfino i cinesi? Stando a i loro investimenti nel mediterraneo, sembrerebbe di sì.