da Ilpost.it – Una bozza di accordo su Brexit è stata finalmente raggiunta tra negoziatori europei e britannici, anche se il cammino per trasformarla in un accordo definitivo è ancora lungo. Tuttavia, all’interno di questo lungo e complicato procedimento, questa appena passata è stata una settimana molto importante. Intanto il governo britannico e il Partito Conservatore che lo sostiene si sono divisi e non è chiaro che conseguenze questo potrebbe portare sul futuro dell’accordo.
Che accordo è?
È un compromesso in cui ognuna delle due parti ha dovuto cedere qualcosa. Il risultato è una Brexit che molti hanno definito “morbida”, poiché prevede tra le altre cose un periodo di transizione lungo quasi due anni (e ulteriormente prorogabile) durante il quale i negoziati proseguiranno e le attuali regole europee rimarranno in vigore. È una soluzione che non piace a molti dei “duri e puri” su Brexit all’interno del Partito Conservatore, ma che non sembra soddisfare nemmeno le opposizioni. Secondo i calcoli dei giornali britannici, quasi due terzi dei deputati sono orientati a votare “no” all’accordo.
Cosa c’è dentro l’accordo?
La prima ministra May ha riassunto ieri sera i principali risultati che ha ottenuto nell’accordo: fine della libera circolazione delle persone, fine dei versamenti di denaro all’Europa, fine della giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione Europea e delle politiche agricoli comuni. Il prezzo di queste conquiste, però, è un’unione doganale con l’Unione Europea potenzialmente eterna, un regime speciale per l’Irlanda del Nord (il famoso “backstop”, il punto più controverso dell’accordo), un regime severo nei confronti del settore finanziario e un nuovo e lungo periodo di trattativa su una serie di altri temi.
Come l’hanno presa i conservatori?
Molto male: due ministri e diversi sottosegretari e alti dirigenti politici si sono dimessi in polemica con l’accordo. I sostenitori di una Brexit più “dura” stanno raccogliendo le firme necessarie a chiedere una mozione di sfiducia interna che probabilmente sarà messa ai voti nei prossimi giorni. Secondo molti analisti May dovrebbe riuscire a superarla, anche perché nessun altro dirigente di partito vorrebbe prendere il suo posto in questo momento difficile.
L’accordo passerà in Parlamento?
Secondo i giornali britannici ci sono poche possibilità: il Partito Laburista, gli scozzesi del SNP, i nordirlandesi del DUP e più di 50 deputati conservatori hanno tutti detto o fatto capire che voteranno contro. A May mancano quindi circa un centinaio di voti. Se tutto andrà come previsto si voterà ai primi di dicembre, quindi la prima ministra ha poche settimane per cercare di recuperare i voti che le servono. Se non dovesse riuscirci ha due possibilità: modificare la bozza di accordo oppure ritirarlo per evitare di essere sconfitta in Parlamento. In ogni caso, riaprire i negoziati con l’Europa.
Cosa succede se l’accordo viene votato dal Parlamento?
A quel punto il suo percorso sarebbe quasi concluso e i passaggi successivi dovrebbero svolgersi senza tante sorprese. A dicembre sarà ratificato dal Consiglio dell’Unione Europea, dove siedono i capi di governo degli stati membri. All’inizio dell’anno prossimo ci saranno i voti finali sia del Parlamento Europeo che del Consiglio dell’Unione Europea. Il prossimo 29 marzo il Regno Unito sarebbe ufficialmente fuori dall’Unione Europea. Da quel punto comincerà la fase di transizione in cui saranno conclusi i negoziati e che terminerà alla fine del 2020 o all’inizio del 2021.
E se il Parlamento non approvasse l’accordo?
Le conseguenze a quel punto sarebbero difficili da prevedere. Con ogni probabilità May si dimetterebbe. Il suo successore potrebbe tentare di negoziare un nuovo accordo con l’Unione Europea, nella speranza di ottenerne uno migliore e riuscire a farlo passare in Parlamento. I negoziati dovranno comunque arrivare a termine entro il 29 marzo 2019, la data ufficiale dopo la quale il Regno Unito sarà ufficialmente fuori dall’Unione Europea. Se entro quella data non ci sarà un accordo che preveda un periodo di transizione, il Regno Unito uscirà dall’UE senza alcun tipo di accordo, cosa che potrebbe causare enormi danni al paese.
Ci sarà un secondo referendum?
Non sembra più probabile oggi di ieri, e ieri non era molto probabile. May ha escluso esplicitamente il ricorso a un secondo referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, dicendo più volte che il popolo britannico si è già espresso e che ora spetta ai politici mettere in atto le loro richieste. Le forze politiche che potrebbero sostenerlo, una parte del Partito Laburista e lo scozzese SNP, sono ancora minoritarie, quindi al momento non si vedono strade per arrivare a questo risultato, a meno di non immaginare rivolgimenti politici al momento imprevedibili.