Israele e Hamas hanno trovato un’intesa per ridurre le violenze e le tensioni che proseguivano da mesi nella Striscia di Gaza, territorio controllato proprio dai palestinesi radicali di Hamas. Il piano – mediato dall’Egitto, finanziato dal Qatar e avviato alla fine del mese scorso – prevede l’arrivo nella Striscia di gasolio per azionare un secondo generatore nell’unica centrale elettrica di Gaza, e di soldi per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici impiegati da Hamas. L’obiettivo è quello di fermare la pericolosa escalation di tensione a cui si stava assistendo nella Striscia, e che rischiava di provocare una nuova guerra tra Israele e Hamas: negli ultimi mesi gli scontri al confine e i bombardamenti su Gaza avevano provocato la morte di 170 palestinesi, mentre molti territori sul lato israeliano erano stati danneggiati dal lancio di oggetti e razzi provenienti dalla Striscia.
Gli effetti dell’intesa hanno già cominciato a vedersi, anche perché la situazione della Striscia era da mesi vicina al collasso.
L’arrivo di gasolio ha già aumentato in maniera significativa la fornitura giornaliera di elettricità (da poche ore al giorno ad almeno 12), permettendo per esempio a ospedali e aziende di riprendere le loro attività a un ritmo più intenso. Giovedì 8 novembre, Israele ha permesso l’entrata nella Striscia di un’auto con a bordo 15 milioni di dollari in contanti mandati dal Qatar per pagare i migliaia di dipendenti pubblici e agenti di polizia che lavorano nel territorio. Da parte sua Hamas ha iniziato a ridurre l’intensità delle proteste vicino alla recinzione che divide la Striscia da Israele, durante le quali negli ultimi mesi erano stati uccisi diversi palestinesi.
Gli aiuti delle ultime due settimane, nonostante non ancora ingenti, sembrano essere già molto importanti per la Striscia di Gaza, che da mesi è in una situazione complicatissima. I problemi non derivano solo dall’embargo imposto da Israele ed Egitto, che impedisce l’arrivo di beni di prima necessità nella Striscia, ma anche dall’aggravarsi della crisi nei rapporti tra Hamas e Fatah, fazione politica palestinese considerata molto più moderata rispetto ad Hamas. Da mesi Fatah – che guida l’Autorità Palestinese, il governo palestinese in Cisgiordania – ha tagliato le forniture di energia elettrica alla Striscia e gli stipendi di decine di migliaia di impiegati pubblici, contribuendo a far precipitare la situazione di Gaza.
Il giornalista David Halbfinger ha provato a capire sul New York Times quali siano i rischi e le pressioni che potrebbero subire in futuro le parti coinvolte nell’intesa.
Secondo Halbfinger, l’accordo potrebbe mettere in difficoltà sia il governo conservatore israeliano guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu, sia la leadership di Hamas. Per Netanyahu il problema potrebbero essere le pressioni che arrivano da destra, cioè dai partiti politici più intransigenti verso Hamas, ma necessari per la sopravvivenza del suo governo. Hamas potrebbe invece essere accusata da altre fazioni radicali di avere “venduto” la causa palestinese. Tuttavia, ha scritto Halbfinger, il gruppo più danneggiato dall’intesa è certamente Fatah, che ha già iniziato a sostenere che qualsiasi accordo che non lo coinvolga è un tentativo di dividere la popolazione palestinese: c’è però da considerare che Fatah e il suo leader, il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas, hanno reso difficile qualsiasi tentativo di riconciliazione con Hamas, imponendo per esempio come precondizione per i colloqui il disarmo del gruppo rivale. Halbfinger ha scritto che molti in Israele credono che Fatah vedrebbe di buon occhio una nuova guerra nella Striscia di Gaza, mentre ogni tentativo di cooperazione tra Hamas e Israele è visto dalla leadership di Fatah come una minaccia seria alla sopravvivenza politica del partito.
Non è facile dire quanto sollievo porterà l’intesa raggiunta da Israele e Hamas agli abitanti della Striscia di Gaza. Per come stanno le cose oggi, ci si aspetta che nelle prossime settimane Hamas continui a bloccare le forme più aggressive e violente di protesta vicino al confine con Israele, per esempio evitando l’uso di esplosivi, ha detto Basem Naim, ex ministro della Salute di Gaza. In cambio Hamas si aspetta che l’Egitto, cioè il paese che ha mediato l’accordo e che ha facilitato le conversazioni tra le parti, permetta agli abitanti di Gaza di muoversi attraverso il passaggi di Rafah, l’unico che collega la Striscia con l’Egitto; Hamas vorrebbe anche che fosse permesso il passaggio attraverso il territorio israeliano di migliaia di lavoratori di Gaza, cosa che finora il governo di Israele ha sempre negato per ragioni di sicurezza.