di Franco Velcich – Facebook è stata la protagonista ieri sera di uno dei più grandi crolli mai registrati a Wall Street da un singolo titolo. In poco più di 90 minuti le quotazioni del social network sono scese del 24% mandando in fumo circa 150 miliardi di dollari di capitalizzazione: è come se in un’ora e mezza fosse stata cancellata dal listino un’azienda come Ibm (Big Blue capitalizza 134 miliardi). Oggi pomeriggio le quotazioni di Facebook che nel preborsa sono leggermente risalite, sono rimaste a -17% rispetto alla chiusura ufficiale di ieri.
Qualche analista temeva risultati deludenti, ma nessuno si sarebbe mai aspettato un terremoto di questa portata. Tant’è vero che la seduta ufficiale di Borsa era terminata con l’azione Facebook in rialzo dell’1,3% a 217,5 dollari, a un soffio dal massimo storico di 218 dollari.
Poi, come previsto, a Borsa chiusa Mark Zuckerberg ha preso la parola nella conference call con gli analisti e ha iniziato a fare il punto sulla sua creatura. Pur sapendo che la delusione sarebbe stata forte, non ha potuto rinunciare a un inizio roboante: in tutto il mondo, ha detto, circa 2,5 miliardi di persone, cioè un terzo della popolazione del Pianeta, usano almeno un prodotto Facebook una volta al mese. Applausi e fine delle buone notizie.
I dati dei tre mesi aprile-giugno 2018 hanno mostrato ricavi complessivi in crescita del 42% sullo stesso periodo dell’anno precedente a 13,23 miliardi di dollari, poco meno della previsione degli analisti che in media si spettavano 13,36 miliardi. L’utile netto è salito a 5,11 miliardi, che vuole dire 1,74 dollari per azione. Gli analisti avevano stimato profitti per 1,72 dollari per azione.
Per quanto riguarda il numero degli utilizzatori, i dati mostrano un rallentamento della crescita, passata dal 13% anno su anno del precedente trimestre all’11%: è il più debole aumento trimestrale dal 2011. In particolare sono calati gli utenti in Europa, dove Facebook ha perso 3 milioni di utenti giornalieri e 1 milione di utenti unici mensili. Secondo Zuckerberg questi dati risentono dell’entrata in vigore in Europa della nuova normativa sulla privacy Gdpr.
Già questi numeri hanno fatto storcere il naso agli analisti e l’azione Facebook, scambiata nei circuiti dell’Aftrerhours, ha iniziato a scendere con un primo calo dell’8%. Il tracollo è arrivato quando ha preso la parola il Cfo (Chief financial officer) David Wehner. Cari analisti, ha detto, in questi anni vi abbiamo abituato a una crescita esorbitante dei ricavi e degli utili, trimestre dopo trimestre. Bene, sappiate che nei prossimi anni Facebook non galopperà più così, continuerà a crescere ma al massimo andrà al trotto. E anche la redditività scenderà.
Peggio di una doccia gelata. Infatti, un conto è annunciare che un trimestre si è chiuso con risultati deboli, e ben altra cosa è dire che da ora in avanti, nei prossimi due o tre anni, ci sarà un rallentamento su tutta la linea: ricavi, margini operativi e utili.
Wehener ha spiegato che la crescita dei ricavi rallenterà dal +42% del secondo trimestre e che il margine operativo scenderà rispetto al 44% (ultimo dato comunicato).
“Guardando ai prossimi mesi del 2018 e al 2019 vediamo che la crescita totale dei costi supererà la crescita dei ricavi – ha detto il Chief financial officer –, per cui ci aspettiamo che il margine operativo scenderà verso il 35% dei ricavi”.
Tre sono i motivi principali di questa frenata di Facebook.
1. Il primo ha a che fare con le fluttuazioni dei cambi: il rialzo del dollaro penalizza i conti del gruppo nel momento in cui converte in valuta americana i ricavi realizzati fuori dagli Usa.
2. Il secondo sono i nuovi prodotti su cui Facebook sta spingendo, come le Storie, con gli utilizzatori che sono spinti a pubblicare pacchetti di foto e post che però spariscono dopo 24 ore, e questo non piace agli investitori pubblicitari.
3. Infine c’è il terzo e più importante dei motivi, che però Zuckerberg & C. hanno solo accennato, senza entrare nei dettagli. Si tratta degli effetti degli scandali sulla gestione “allegra” dei dati degli utilizzatori, di cui il più famoso è quello relativo a Cambridge Analytica, la società che ha attinto dai profili di Facebook per inviare messaggi falsi a centinaia di migliaia di persone nel 2016 allo scopo di influenzare il loro voto in vista delle presidenziali americane.
Come richiesto da mezzo mondo e come promesso dallo stesso Zuckerberg davanti ai parlamentari Usa, Facebook rafforzerà la sicurezza nella gestione dei dati e attuerà un più acuto controllo delle fake news. Ma tutto ciò comporterà inevitabilmente un aumento dei costi.
Usciti sconvolti e frastornati dalla conference call, gli analisti hanno incominciato a rifare i loro conti. Secondo uno di loro, la crescita dei ricavi nel quarto trimestre 2018 non andrà oltre il +20%. Ma ci sono anche investitori che hanno reagito con rabbia: il fondo Trillium Asset Management, che ieri prima del crollo possedeva azioni Facebook per circa 11 milioni di dollari, ha annunciato questa notte di avere chiesto ufficialmente le dimissioni di Mark Zuckerberg da presidente della società. Zuckerberg oggi è sia presidente che Ceo, e secondo Trillium questa situazione genera un eccesso di potere nelle mani del fondatore. Ma la proposta ha ben poche possibilità di essere approvata, visto che Zuckerberg ha una quota azionaria che gli permette in assemblea di avere ben oltre il 50% dei voti.