Milano (Francesco Bottino di Business Insider) – Nell’ambito di quel processo che viene comunemente definito ‘transazione energetica’, e che dovrebbe portare a una progressiva sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili, un ruolo di primo piano potrebbe giocarlo il biogas, e in particolare il biometano, su cui già stanno investendo i grandi gruppi del settore. In Italia proprio nei giorni scorsi Snam, la società che gestisce tutta la rete nazionale di gasdotti per la distribuzione del metano, ha fatto il suo ingresso nel settore delle rinnovabili scegliendo di acquisire una società italiana specializzata proprio nella costruzione di impianti per la produzione di biometano.
Cos’è il biometano
Il biometano è un combustibile che si ottiene dalla raffinazione del biogas, a sua volta generato dalla lavorazione delle biomasse, ovvero la frazione organica dei rifiuti urbani (il cosiddetto ‘umido’), alcune tipologie di prodotti agricoli (colture dedicate, soprattutto masi, sottoprodotti e scarti agricoli e deiezioni animali) e agroindustriali (scarti della filiera della lavorazione della filiera alimentare).
Dal primo processo di lavorazione delle biomasse, il cui prodotto di scarto può essere utilizzato come concime, si ottiene il biogas, che può essere impiegato direttamente per il riscaldamento domestico e per la produzione di energia elettrica. Con un secondo passaggio di raffinazione (eliminazione di CO2 e di altre sostanze), dal biogas viene prodotto il biometano, un combustibile ‘green’ adatto sia per l’utilizzo nella rete domestica, al posto del metano di origine fossile (il gas naturale), sia per la propulsione di veicoli stradali.
L’impatto positivo di questo prodotto a livello ambientale è duplice: da un lato il biometano è CO2 ‘neutro’, ovvero non contiene anidride carbonica, e dall’altro è una fonte energetica completamente rinnovabile, prodotta riutilizzando scarti di altri processi industriali, e contribuisce quindi all’implementazione dell’economia circolare.
L’investimento di Snam
Ed è proprio alla luce di tali considerazioni, ed evidentemente anche del potenziale di sviluppo individuato in questo combustibile ‘green’, che Snam ha deciso di effettuare il suo primo investimento nelle energie rinnovabili scommettendo sulla produzione di biometano.
Nei giorni scorsi, l’azienda di San Donato Milanese – tramite la sua controllata Snam4Mobility – ha infatti rilevato, per circa 4 milioni di euro, il 70% di IES Biogas, una delle principali aziende italiane attive nella progettazione, realizzazione e gestione di impianti per la produzione di biogas e biometano con una quota di mercato superiore al 10%.
Fondata nel 2008 a Pordenone, con un fatturato 2017 superiore ai 20 milioni di euro, IES Biogas ha realizzato fino a oggi più di 200 impianti su tutto il territorio nazionale e negli ultimi anni la società ha sviluppato progetti anche fuori dall’Italia.
“Questa acquisizione – ha commentato in una nota l’Amministratore delegato di Snam Marco Alverà – è il nostro primo passo nell’energia rinnovabile e conferma la nostra ambizione di essere un leader nella transizione energetica. Il biometano e le altre forme di gas rinnovabile daranno un contributo essenziale alla riduzione di anidride carbonica, in Italia e non solo. Nel nostro Paese c’è un grande potenziale per sviluppare una filiera del biometano, a beneficio dell’ambiente, dei consumatori, dell’agricoltura e della mobilità sostenibile. Auto, bus, camion e navi alimentati a biometano garantiranno prestazioni, risparmio e tutela dell’ambiente”.
La strategia italiana sul biometano
L’investimento di Snam non è frutto di una semplice intuizione dei vertici del gruppo, ma si inserisce in una più ampia strategia messa a punto dal Governo italiano per favorire la diffusione e l’utilizzo del biometano come carburante alternativo e sostenibile nel Belpaese.
Già nella Strategia Energetica Nazionale (SEN) 2017, redatta dal Ministero dello Sviluppo Economico lo scorso anno, si faceva esplicito riferimento al biometano, “che sembra – si legge nel documento – essere un’alternativa efficiente per convertire biogas in un biocarburante per il settore trasporti, nel quale potrà sostituire biocarburanti di importazione senza oneri aggiuntivi per i consumatori”. Già oggi, secondo i dati contenuti nella SEN, in Italia il potenziale di produzione di biometano, calcolato sulla base della produzione elettrica da biogas, raggiunge i 2,5 miliardi di metri cubi, cifra che però potrebbe arrivare a 8 miliardi di metri cubi nel 2030. Quest’ultimo valore sarebbe infatti il potenziale massimo teorico di crescita stimato “tenendo conto di 2,7 miliardi di metri cubi di biometano proveniente dello sfruttamento di 400 mila ettari da dedicare a colture di primo raccolto a scopo energetico, 2,7 miliardi di metri cubi di biometano provenienti da scarti di produzione e altri 2,7 miliardi di metri cubi di biometano provenienti da colture di integrazione”.
Ancor più ottimistiche sono le stime del CIB, il Consorzio Italiano Biogas (“la prima aggregazione volontaria che riunisce aziende agricole produttrici di biogas e biometano da fonti rinnovabili” si legge sul sito istituzionale dell’organizzazione), secondo cui già oggi in Italia sono operativi quasi 2.000 impianti di biogas, dei quali l’80% in ambito agricolo, con una potenza elettrica installata di circa 1.400 MW, equivalente a una produzione di biometano pari a 2,8 miliardi di metri cubi all’anno, mentre entro il 2030 il Paese potrebbe arrivare a produrre fino a 10 miliardi di metri cubi di biometano (di cui almeno 8 da matrici agricole), pari a circa il 15% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale e ai due terzi della potenzialità di stoccaggio della rete nazionale.
Dal Governo Gentiloni 4,7 miliardi di incentivi per il settore
Agli obbiettivi strategici fissati nella SEN sono poi seguite misure concrete varate dal Governo per sostenere il nascente settore dei biocarburanti, e del biometano in particolare: il 2 marzo 2018 è stato infatti pubblicato in Gazzetta Ufficiale un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, stilato in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, con cui vengono messi a disposizione ben 4,7 miliardi di euro di risorse, spendibili tra il 2018 e il 2022, a sostegno della produzione e della distribuzione di biocarburanti e biometano.
Motivando il suo ‘via libera’ alla norma (che, prevedendo una forma di sostegno pubblico, doveva passare al vaglio di Bruxelles), la Commissione Europea spiegava che “i biocarburanti e il biometano avanzati, più sostenibili e rispettosi dell’ambiente rispetto ai combustibili di origine fossile, hanno però costi di produzione molto più elevati”. Nell’ambito del nuovo regime italiano di sostengo al settore – finanziato dai commercianti al dettaglio di carburanti per trasporto, che sono obbligati per legge a includere una certa percentuale di biocarburanti avanzati e di biometano nelle loro miscele di combustibili – “i produttori di biocarburanti e biometano avanzati riceveranno quindi un premio che consentirà loro di compensare i maggiori costi di produzione e competere con i combustibili fossili nel settore dei trasporti”. Le misure di sostengo dovrebbero anche – si conclude la nota della Commissione – “incentivare gli agricoltori a produrre biometano e biocarburanti da stallatico e da altri residui derivanti dalle attività agricole e ad avvalersene per alimentare macchinari agricoli e veicoli”.