di Andrea Guenna – Non ne poteva più. Pagava per tutti anche quando ciò non era dovuto finché non ha detto basta.
Bruno Binasco era un brav’uomo, me lo hanno detto in molti e io ci credo. Non lo conoscevo personalmente, ma mi sono interessato di lui dopo Tangentopoli, quando ha scelto di andare in galera al posto di altri, per fedeltà e lealtà verso chi gli si era dimostrato amico.
Non ne poteva più forse anche di chi gli chiedeva piaceri e soldi in continuazione nella certezza che lui non avrebbe mai detto di no. Ma alla fine quel “No” l’ha scandito una volta per tutte quando ha deciso di farla finita.
Non si sa per certo se abbia lasciato un biglietto, ma si dice che qualcosa di scritto gli inquirenti abbiano trovato, dove si leggerebbe, fra l’altro, che non voleva il funerale.
Era ormai un leone pieno di ferite e di cicatrici. Come quelle che ha subito quando ha dovuto andarsene da Impregilo dopo lo scontro all’ultimo sangue con la famiglia Salini per il controllo della maggiore impresa italiana nel settore delle costruzioni, con un giro di affari di oltre tre miliardi di euro all’anno. Per il Gruppo Gavio la prima testa a cadere nel cesto è stata proprio la sua seguita da quella di Fabrizio Palenzona. Ambedue nati e cresciuti alla corte di Marcellino Gavio, in una vera e propria simbiosi in cui ognuno dei tre doveva agli altri due il suo stesso esistere.
Bruno Binasco era l’indispensabile, insostituibile, fedelissimo funzionario, col delicato e pericoloso ruolo multiplo di consigliere, tesoriere, elemosiniere e, nel contempo, parafulmine legale, e per questo più volte finito alla sbarra e persino imprigionato per conto terzi.
Era un po’ come il paggio del nobile delfino di Francia spesso frustato al posto del futuro Re quando quest’ultimo combinava qualche marachella.
Palenzona, anch’egli ascoltato consulente, svolgeva un ruolo più prestigioso sia come mente pensante che come stratega nonché di severo e talvolta brutale pastore del numeroso gregge di onorevoli, sindaci, segretari di partito, assessori e dirigenti, indispensabili pompasoldi a favore del Gruppo Gavio. Ma l’omone di Pozzolo Formigaro aveva un “Piano B”, le banche, la loro dirigenza, le autostrade e l’aeroporto di Roma.
Binasco no, aveva solo Gavio e per Gavio aveva sempre lavorato e vissuto.
Tutti sanno che in Italia a vincere gli appalti sono (o erano) sempre gli stessi in quanto godono di adeguata protezione politica da parte dell’intero arco costituzionale visto che i committenti dei lavori sono lo Stato o gli Enti pubblici.
Tutto il mondo sa che la politica seguita dalle grandi imprese in Italia è sempre stata di un’efficiente e rozza semplicità: pagare, ma pagare tutti, sia chi comanda, sia chi è all’opposizione poiché con la bocca piena non si parla e nessuno si lamenta.
Binasco forse ne sapeva qualcosa e la galera che ha fatto per conto terzi è la dimostrazione di quanto quel “forse” sia pleonastico.
Ma il suo lavoro, la sua dedizione, il suo coraggio non sono bastati poiché, una volta al potere in Impregilo, gli eredi di Marcellino Gavio anziché rastrellare in Borsa le azioni dell’azienda hanno pensato bene di acquisire altre aziende mentre Salini acquisiva la maggioranza. Così i tortonesi, rimasti per loro sventura culturalmente dei provinciali convinti che Roma sia una città come Alessandria, solo più grande, in cui il gioco si controlla facilmente, alternando la frusta a un pugno di carrube, hanno perso Impregilo con Igli Spa (Gruppo Gavio) a luglio del 2012 a favore di Pietro Salini che ne diveniva anche amministratore delegato.
In quel caldo pomeriggio, alla fine della riunione del Cda, Binasco e Palenzona sono usciti con le pive nel sacco; si dice che Binasco avesse gli occhi lucidi. Erano stati sbranati dai raffinati quanto spietati romani che si erano resi conto di poter divorare senza alcuna difficoltà i rozzi barbari arrivati dalle nebbie del Nord. E lo fecero con tremenda lucidità. Una volta rastrellate le azioni necessarie, andarono allo scontro frontale, avendo però la saggia accortezza di arruolare prima in banda come consulenti il meglio che si trovava in Italia, a partire dallo studio legale Erede di Milano, a giganti esperti in questi giochi come Massimo Ferrari ex Consob ed ex Romagest, Larry Kay advisor Rotschild.
Il Gruppo Gavio, con la presunzione di chi non ha capito niente, solito a sottovalutare e spregiare ogni forma di cultura, rimase convinto sino alla fine di riuscire a risolvere le cose a proprio vantaggio usando gli uomini e i muscoli di sempre, mandando sul ring l’erede di Marcellino spalleggiato da due incanutiti gladiatori come Binasco e Palenzona. Come era prevedibile, fu un vero e proprio massacro.
Di lì a poco, nel 2013, Binasco uscì anche dal Gruppo Gavio e si mise a fare altro. A quasi settant’anni è dura rimettersi in gioco anche per un leone come lui, ma ha gettato il suo cuore oltre l’ostacolo e se lo è andato a riprendere ancora una volta.
Acquisì la maggioranza delle quote di Acerbi Industrial Vehicles Srl di Castelnuovo Scrivia, una storica azienda del tortonese che produce rimorchi ma che stava attraversando un momento difficile. La risanò nei quattro anni di cui fu presidente. Da quella carica s’è dimesso lunedì scorso 25 giugno 2018, restituendo le azioni alla famiglia Acerbi.
Ma Bruno Binasco aveva rilevato anche la News Srl, la società editrice del settimanale “Panorama di Tortona” rilanciandolo.
L’anno scorso, insieme a molti amici, aveva fondato la società Calcio Derthona, impegnandosi a sistemare lo stadio “Fausto Coppi”.
Di tutto questo, ma anche di altro, la gente di Tortona sembra essersi dimenticata.
Per carità, Bruno Binasco non cercava dei grazie o dei finti sorrisi, forse solo un po’ di pace e di comprensione, la comprensione che probabilmente gli davano quelle piante secolari che l’aspettavano abbracciandolo, immobili e pur vive, nel parco della sua bella casa di Rivalta Scrivia, ai piedi delle quali gli piaceva passeggiare da solo e alle quali dava tutto se stesso prendendosene cura.
Ha voluto annullarsi in loro, nel silenzio tonante di quella natura e di quei fiori in un gesto estremo che chi scrive crede di poter comprendere.
Io non la conoscevo, dottor Binasco, ma la saluto con tutta la mia stima.