di Raffaele Angius – In Germania la digitalizzazione ha creato più posti di lavoro di quanti ne abbia distrutti, sostituendo soprattutto le mansioni più ripetitive in favore di posizioni meglio qualificate e più pagate.
Sonno i risultati di uno studio condotto dal Centro per la ricerca economica europea (Zew) di Mannheim, Germania, e commissionato dal Ministero per l’istruzione e la ricerca tedesco per analizzare l’impatto dell’automazione sul mercato del lavoro.
Con 309 unità robotizzate ogni diecimila posti di lavoro, la Germania è la terza industria al mondo per automazione. Eppure l’occupazione tedesca ha raggiunto, nel 2017, 44 milioni di posti di lavoro: il livello più alto dalla riunificazione del Paese nel 1990. In questo cambiamento l’automazione ha giocato un ruolo chiave, portando a un aumento dell’occupazione dell’uno per cento annuo, rispetto allo 0,2 per cento del periodo 1995-2011.
Ma questa tendenza sembra destinata a impennarsi ulteriormente: secondo le stime, la digitalizzazione dell’industria trainerà una crescita dell’occupazione pari all’1,8 per cento nel 2021. Prospettiva che ricalca l’esperienza già vissuta con il boom dell’informatica negli anni ottanta e novanta.
“Complessivamente la digitalizzazione tra il 2011 e il 2016 ha in realtà contribuito alla crescita per almeno l’uno per cento”, nota nella ricerca Terry Gregory, membro del dipartimento di ricerca sul mercato del lavoro dell’istituto tedesco. Un calo del cinque per cento del livello di occupazione tra il 2011 e il 2016 dovuto alla digitalizzazione, evidenzia lo studio, sarebbe stato pienamente compensato nei settori dell’industria nei quali si è investito maggiormente nelle nuove tecnologie.