di Giovanna Trentadue – I risultati delle urne hanno notoriamente, e prevedibilmente, restituito una composizione del parlamento che rende estremamente difficile, se non impossibile, formare una maggioranza di governo. Il primo partito (M5s) e la prima coalizione (di centrodestra) avanzano pretese sull’esecutivo, ma rimane una fondamentale incognita: chi gli darà i seggi mancanti?
Se il Partito Democratico si scansa, la Lega per voce di Matteo Salvini comunque allontana ipotesi di allargamento a sinistra, mentre il M5s è più possibilista: volevano l’appoggio esterno che il PD al momento nega e trattano con Salvini intanto per spartirsi le presidenze delle camere, il resto è incerto.
Si vocifera di un esecutivo di scopo, targato centrodestra con l’appoggio esterno del M5s, sufficiente a scavalcare l’ipotesi nuove elezioni, rifare la legge elettorale e tornare ai seggi contestualmente alle Europee nella primavera del 2019. Chi conosce e segue il movimento capitanato da Di Maio tuttavia è ben consapevole della loro indisponibilità a compromessi, per quanto si tratti di un appoggio esterno in un governo a breve termine.
Come capitò a Giorgio Napolitano, la patata bollente tra poco passerà a Sergio Mattarella. I presidenti della Repubblica sono notoriamente, per dovere istituzionale innanzitutto, visceralmente opposti allo scioglimento anticipato delle camere, tuttavia in questa circostanza sarà già oro colato riuscire a vedere l’anno nuovo. Entro fine mese si troverà dunque costretto a chiedere alle principali forze del paese di fare un importante gesto di responsabilità per trovare una maggioranza stabile.
Perché se è vero che il dialogo tra Lega e Movimento 5 Stelle sulle presidenze delle camere procede, è altrettanto vero che si tratta di trattative e assegnazioni istituzionalmente doverose e necessarie prima che si insedi il nuovo parlamento. Allora quando i rappresentanti dei partiti saliranno sul colle, quale potrà essere una soluzione? In assenza di un accordo Salvini-Di Maio non è da escludere che il Presidente della Repubblica chieda al PD di valutare un appoggio esterno ai Grillini, come ventilato da Michele Emiliano. Ma perché dovrebbe farlo? Il partito vuole rimanere all’opposizione, come chiesto dagli iscritti, ma è possibile che per sopravvivere debba sacrificarsi in questa (più o meno breve) legislatura. Il rischio è che, con o senza una nuova legge elettorale, al successivo ritorno ai seggi il PD venga assorbito in buona parte da centrodestra e M5s, spinti da cittadini desiderosi di vedere un esecutivo stabile. Insomma il cosiddetto voto utile si ridurrebbe a due scelte e il centrosinistra rimarrebbe tagliato fuori, in una sorta di ballottaggio.