Abituarsi a non trovare normale tutto ciò che accade. Potrebbe così condensarsi, con le parole di Bertolt Brecht, la formula magica del pensiero critico. Soprattutto in tempi di omologazione coatta come quelli in cui, nostro malgrado, stiamo vivendo: tempi in cui l’inimmaginabile è fatto passare per plausibile, quando non per benefico.
Come in 1984 di Giorgio Orwell, il Partito ha da tempo deciso che due più due dà cinque e diffama, silenzia e ostracizza (magari con l’ubiquitaria categoria di fake news) chiunque abbia l’ardimento di sostenere che dà quattro. Ed è in questa prospettiva che, quasi fosse normale, vogliono ora farci credere che mangiare vermi, larve e insetti sia nutriente, sfizioso e gustoso: e che retrò, premoderni e non raffinati siano quanti non sappiano apprezzare queste leccornie à la page, preferendo magari – antidiluviani del palato! – pezzi da museo come la carbonara e i maccheroni, il brasato al Barolo e la pasta al pesto.
Et voilà, i magnanimi signori del globalismo, sempre così attenti alle esigenze e ai diritti delle masse nazionali-popolari, hanno adesso deciso financo il menù delle plebi sradicate e supersfruttate, pauperizzate e costrette alla mobilità deterritorializzante (la sempre encomiata “libera circolazione”): vermi, larve, insetti. Insomma, la coprofagia spacciata per bontà dal pensiero unico global-elitario. Il pranzo mondialista è servito!
Prepariamoci, è questo il futuro che ci attende nel nuovo capitalismo vermicolare, che sta facendo regredire l’umanità tutta. La regoletta è sempre la stessa: il “puoi”, nel capitalismo, si capovolge sempre nel “devi”. Puoi mangiare larve e insetti, perché nessuno te lo impedisce. Devi mangiarle, perché è la tua condizione economica di plebeo del feudalesimo capitalistico a importelo. Insomma, variando la formula del presidente Mao, nemmeno la mondializzazione capitalistica è un pranzo di gala.