Critica letteraria di “Yahweh, il dio della guerra” di Stefania Tosi.
di Mauro Biglino – L’autrice ci accompagna nella lettura dell’Antico Testamento, mostrando il vero volto di Yahweh, un dio capace di ordinare il massacro di intere popolazioni, uomini, donne e bambini. Un dio che arde per la brama di fama e potere, che sottomette con la forza Abramo e Mosè per conquistare nuove terre e che usa la terribile e potente Arca dell’Alleanza per uccidere 30.000 Israeliti in una sola battaglia. Vi sono infatti almeno 200 parti del testo biblico che rivelano chiaramente che Yahweh non è un “vero” Dio, ma un guerriero in cerca di un regno da sottomettere e desideroso di conquistare la terra di Canaan. La sua ferocia e la spietatezza gli sono valse l’appellativo di “Signore degli Eserciti”. «Uccideteli, uccideteli tutti!», gridava ai suoi, lanciandoli a compiere razzie e massacri. L’immagine rassicurante veicolata dalla tradizione canonica della divinità buona e compassionevole stride con il profilo del brutale assassino protagonista del racconto del Vecchio Testamento. Gli episodi terrificanti e reiterati, sebbene scuotano coscienze e animi, sono incontestabili, inconfutabili e descritti in modo chiaro e inoppugnabile. Dice l’autrice in un video: «Anche se la verità dei fatti non piace, la soluzione non è negarla o chiudere gli occhi. Essa non svanisce o muta sostanza soltanto perché ignorata».
Yahweh massacra intere popolazioni. Vota allo sterminio donne e bambini. Egli, presunto dio dell’Antico Testamento, ha a cuore una cosa sola: conquistare un grande regno ed eliminare ogni avversario. Le sue imprese sono narrate nel testo che erroneamente si crede parli di Salvezza e Resurrezione. Stefania Tosi mostra invece come la Bibbia sia una grande antologia di guerra in cui sono celebrate le gesta spietate dei patriarchi (Mosè, Giosuè, Davide) e le battaglie compiute nel secolare tentativo, sotto l’egida di Yahweh, di accaparrarsi la fantomatica “Terra promessa”. Nel Libro della Genesi, del Deuteronomio e di Giosuè, il dio degli Israeliti pronuncia queste parole: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate».
È una promessa che non sarà mai mantenuta e che costerà la vita a centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini. La marcia di Yahweh è infatti arrossata dal sangue dei popoli che pretende di sterminare per insediare la sua tribù seminomade. L’esortazione divina è chiara: gli abitanti di villaggi e città devono essere tutti sterminati, passati a fil di spada e nei loro confronti non deve trovare spazio la compassione. Ogni popolazione è da schiacciare, perciò gli Ittiti, gli Amorrei e i Cananei devono essere trattati come nemici e votati allo sterminio.
Il disprezzo di Yahweh nei confronti della vita umana è freddo come il ferro delle spade. L’epiteto di Yahweh più frequente nell’Antico testamento è proprio “Signore degli eserciti”. Il Dio d’Israele infatti è in primo luogo un combattente, che scende in battaglia e combatte, sprona e incita, scaglia frecce e folgori. Non offre misericordia ma intolleranza. L’esegesi biblica pretende di minimizzare il soprannome con un’edulcorata metafora cosmologico-creaturale secondo la quale il “Signore degli eserciti” sarebbe da intendersi come un generico “dio dell’universo”. Tuttavia le schiere sotto il comando di Yahweh sono 650.000 uomini ben addestrati e armati, pronti a tutto pur di compiacere il Comandante supremo che sgomita per emergere e guadagnarsi un posto d’eccellenza tra i grandi dell’epoca, gli Egizi e i Babilonesi.
Brama di fama e potere accentuano l’indole vendicativa di Yahweh che riesce ad imporre il suo comando solo con metodi brutali: «La tua destra annienta il nemico, tu scateni la tua ira, spavento e terrore piomberà su di loro [i nemici, nda]» (Es 15:3).
«Un Dio geloso e vendicatore è il Signore, vendicatore è il Signore, pieno di collera» (Na 1, 2).
L’irascibile divinità colpisce anche il suo stesso popolo come mostrano diversi passi dell’antico testamento. Questo e molto altro ancora è scritto in modo chiaro nel testo biblico: è sufficiente un’attenta lettura critica che la dottrina osteggia in modo sempre più energico.
L’immagine rassicurante veicolata dalla tradizione canonica del Dio Padre buono e compassionevole stride con il profilo del brutale assassino protagonista del racconto veterotestamentario. Eppure gli episodi terrificanti e reiterati sono incontestabili. Le imprese di Mosè e Giosuè sono emblematiche: sotto la guida di Yahweh e con spada di Mosè, gli Israeliti votano allo sterminio ogni città, uomini, donne e bambini della città di Sicon e non vi lasciano nessun superstite.
Sotto la direzione di Yahweh, Giosuè distrugge l’intera città di Gerico e vota allo sterminio tutto quanto c’è in città: uomini e donne, giovani e vecchi, buoi, pecore e asini. Gli Israeliti passano a fil di spada ogni creatura, saccheggiano poi la città, destinando però l’argento, l’oro e gli oggetti di bronzo e di ferro a Yahweh e, infine, danno fuoco alla città. Questi sono i racconti biblici di herem (distruzione totale) che ritornano diverse volte a danno di Gerico, Makkedà, Lakish, Gezer, Eglon, Ebron, Debir e Hazor. È la dura legge del Dio di Israele. L’arma più potente di Dio, infatti, non è l’amore.
Ma nonostante il popolo d’Israele veda e parli con il suo dio faccia a faccia, e sia testimone delle armi eccezionali di cui Yahweh dispone, è pronto ad abbandonarlo per adorare altre divinità. E il condottiero divino ne è consapevole. Ciò lo devasta e ossessiona perché perdere gli Israeliti equivale a perdere la sua forza militare. Come avrebbe allora potuto dimostrare la sua grandezza e schiacciare tutti i nemici?
All’epoca del Bronzo nella terra di Canaan vi sono diversi dèi della guerra: Moloch, Kamosh, Baal, Milcom. E tutti praticano lo herem a danno delle popolazioni nemiche. Yahweh pertanto non è né solo e né unico.
L’autrice mostra come le pagine dell’antico testamento grondino brutalità. Ogni affermazione riguardo a presunti messaggi circa la salvezza è puro inganno testuale. Yahweh non menziona peccati pregressi, né redenzioni o future resurrezioni. Ogni sua parola è detta hic et nunc, in previsione della prossima battaglia, del prossimo villaggio da aggredire e del bottino da spartire. Questo è il volto cupo di Yahweh, il dio guerriero protagonista dell’antico testamento.
L’autrice: Stefania Tosi, laureata in Storia, vive e lavora a Milano come docente di materie umanistiche. È ricercatrice indipendente, studiosa di storia antica e di mitologia. Da più di dieci anni si occupa di storia dell’antico Egitto e dei testi sacri egizi a cui ha successivamente affiancato l’analisi dei testi biblici.