di Piercarlo Fabbio – In attesa delle motivazioni della sentenza di Cassazione che mi riguarda e che saranno depositate fra qualche mese, è giusto che conduca qualche considerazione sugli equivoci più diffusi che una vicenda che dura dal dicembre 2010 ha ingenerato nell’opinione pubblica. Se non altro per evitare inutili discussioni tra chi si occupa di contabilità pubblica e di situazioni collegate alle finanze del Comune di Alessandria.
Del resto dopo sette anni si potrebbe avere anche solo l’ardire di conoscere la situazione per com’era e non per come ognuno di noi avrebbe pensato fosse.
Un “falso ideologico” che non procurò nessun effetto
La prima grande verità, che incredibilmente pochissimi hanno segnalato, parte da un’inversione del racconto che oggi si fa degli episodi di allora: è stata una certificazione errata (secondo la Corte dei Conti) del Patto di stabilità ad essere riversata nel Rendiconto 2010 (i bilanci sono solo preventivi nei Comuni) a renderlo non veridico e non viceversa.
Ma quello che non viene del tutto raccontato è che le risultanze di quel certificato e di quel rendiconto non procurarono mai effetti positivi o negativi conseguenti sulla città. Perché? Semplicemente perché, dietro esposto di consiglieri dell’opposizione di sinistra, la Corte dei Conti a settembre dello stesso anno 2011 incominciò a mettere nel mirino i conti del Comune di Alessandria e segnalò ai suoi organi quelli che si ritenevano errate imputazioni. Sindaco, Giunta e Consiglio accettarono le critiche senza opposizione e, il 30 dicembre 2011, cambiarono nel senso indicato dalla Corte i documenti contabili. Quindi, nel caso si assumesse come non veridico (“falso” è un termine non corretto e dozzinale, come l’eloquio dell’Anonimo del seicento che fa da introduzione ai Promessi Sposi) ciò che nella primavera 2011 fu adottato dal Consiglio, nessun effetto venne generato sulla contabilità seguente da quei presunti errori.
Non è cosa da poco, ma in sede processuale non si è ritenuto di considerare quello che potrebbe essere equiparabile ad un ravvedimento operoso, ammesso che Corte dei Conti avesse tutte le ragioni e il Comune di Alessandria tutti i torti.
Quello sui bilanci non è argomento univoco
E allora? Non c’è cosa al mondo più opinabile dei bilanci. Anche questi sono frutto di scelte e solo in un secondo tempo di somme o sottrazioni. Mi viene in aiuto uno scritto del ragioniere capo di allora, Paolo Ansaldi, che così commentò gli avvenimenti: “Non un centesimo di denaro che dovesse essere pagato è stato “cancellato” nel 2010: quanto effettivamente necessario, e da pagare, è stato inserito nei conteggi del 2011 – quelli del bilancio di previsione e ben prima che la Corte dei Conti ne chiedesse una già effettuata ancorché opinabile correzione – e lo “scorrimento degli impegni” – strano concetto ma che vuol solo dire che quello che non devo pagare oggi, anche se lo ho previsto, lo contabilizzo quando devo pagarlo effettivamente – è diventato legge dello Stato Italiano e deve essere obbligatoriamente applicato da tutte le amministrazioni pubbliche!”
La Corte dei Conti ha fatto solo danni
Certo, l’interpretazione era da verificare, ma condotta a vantaggio del Comune di Alessandria e non so quanto a svantaggio dello Stato. Casomai avrebbe potuto insorgere un fornitore che avrebbe accumulato ulteriori ritardi nel venire a capo dei suoi crediti, ma dopo le decisioni della Giunta seguente di dichiarare il dissesto, quegli stessi fornitori sono forse stati trattati meglio?
Tra l’altro un Sindaco come in allora il sottoscritto, eletto dai suoi cittadini e non nominato dal Re o dal Presidente della Repubblica, di chi avrebbe dovuto fare gli interessi? E che dire del fatto che già nel 2011 nel nostro ordinamento c’erano naturali spazi interpretativi di norme in senso favorevole ai cittadini di Alessandria?
Chi oggi – magari lavorando sotto pseudonimi nei blog di qualche testata – fa orecchiare termini giacobini e da indignazione popolare, probabilmente non ha valutato con attenzione questi aspetti e dopo sette anni anch’io vorrei sapere la verità sui conti del Comune di Alessandria. Nel 2012, dopo un lungo lavoro, fummo in grado di fare emergere un disavanzo, tra debiti fuori bilancio e deficit storico, di circa 40 milioni. Pare che ci si sia sbagliati in largo eccesso, visto che l’OSL (Organismo Straordinario di Liquidazione questo sì nominato dal Presidente della Repubblica) chiude il 2011 con un avanzo di oltre 39 milioni di euro.
Rita Rossa ha avuto 60 milioni dallo Stato quando ne bastavano 20
Se ci fermassimo qui non vedremmo mai la fine. Invece ritengo sia corretto comunicare che questa cifra è la risultanza definitiva dell’utilizzo parziale di un prestito chiesto allo Stato. Lo stesso Stato che avrebbe subito un danno e poi conferisce al Comune (Giunta Rossa) una cifra di circa 60 milioni di euro, quando ne sarebbero serviti poco meno di 20. Ma chi ha sbagliato così clamorosamente la valutazione del debito (questa è una delle poche certezze), magari andando per trasmissioni televisive a sparare cifre a sproposito, perché non mi accompagna nell’esercizio della pena? Basta pensare alla buona fede nel dichiarare un dissesto disastroso per tutti oppure vi è stata mala fede?
Che la situazione non sia ancora conclusa si deduce dal fatto che, per esempio, il Consiglio Comunale ha tuttora da individuare i responsabili di oltre 7,5 milioni di debiti fuori bilancio (allora ne avevamo conteggiati circa 26, ma nel frattempo si sono ridotti per effetto di rinunce, fallimenti ed altre manovre della Giunta Rossa), che sono solo dirigenti e non politici e che non riguardano solo i nostri anni di mandato ma anche quelli precedenti. Lo farà? Spero di sì, ma intanto finora non l’ha fatto.
I conti, come si vede, poco aiutano, perché incompleti.
Che poi a distanza di tanti anni non si sia ancora arrivati a definire l’allora quadro contabile complessivo del Comune, mi fa pensare.
Ma allora noi, in pochi mesi e lavorando contestualmente per la città, come avremmo potuto essere così precisi e infallibili?
(Appunto d redazione).
SOTTO, LA “PISTOLA FUMANTE” CHE HA “INCASTRATO” FABBIO. SI TRATTA DI UN VOLGARE FALSO E NESSUN GIUDICE, N E S S U N O, LO HA RILEVATO.
COME SI PUO’ NOTARE L’APPUNTO A MANO E’ STATO APPOSTO DOPO LA FIRMA DI FABBIO, E LO SI NOTA IN QUANTO LA FRASE E’ “SPEZZATA” PER EVITARE DI “TAGLIARE ” LA FIRMA.
CHI L’HA SCRITTA?
NESSUNO HA MAI PENSATO AD UNA PERIZIA CALLIGRAFICA?
ROBA DELL’ALTRO MONDO.