La globalizzazione è, per sua essenza, ideologia del medesimo, espressione di un capitalismo speculativo e autoriflessivo che vuole vedere rispecchiato e riprodotto ovunque sempre e solo se stesso.
In vista di questo orientamento teleologico, esso mira alla soppressione delle differenze e, con esse, delle alternative, di modo che ovunque trionfino quelle che, con Marcuse e Heidegger, potremmo qualificare come l’ “unidimensionalità” e l’ “uniformazione” (Einförmigkeit).
Il globalitarismo aspira a rispecchiarsi in ogni cellula della realtà, annichilendo ogni modo di esistere, di pensare, di parlare e di scambiare che non sia quello modellato secondo l’assiomatica del do ut des liberoscambista.
Dietro l’apparente proliferare delle screziature, dei colori e dei plurali si nasconde quello che, con Hegel, potremmo verosimilmente chiamare il “monocromatismo assoluto” (einfarbige absolute Malerei) della società di mercato; monocromatismo assoluto che è, poi, anche la cifra della mondializzazione come universalizzazione della società di mercato con annessa neutralizzazione di tutte le forme di produzione, di esistenza e di pensiero che non coincidano con essa.
Come ricordato da Marx, il denaro, “leveller radicale, dissolve tutte le distinzioni” e impone un’uniformazione del reale e dell’immaginario che aspira a farsi planetaria e onniavvolgente.
In ciò riposa l’essenza della mondializzazione come colonialismo glamour e all’altezza dei tempi, che include neutralizzando e uniforma livellando.
Del mondialismo come nuova figura dell’imperialismo si potrà un giorno dire ciò che Marx, nel “Capitale”, affermò in relazione al colonialismo in auge al tempo suo: “fu ‘il dio straniero’ che si mise sull’altare accanto ai vecchi idoli dell’Europa e che un bel giorno con una spinta improvvisa li fece ruzzolar via tutti insieme e proclamò che fare del plusvalore era il fine ultimo e unico dell’umanità”.
In questa prospettiva, l’accumulazione planetaria intreccia livellamento e disuguaglianza. Uniforma il pianeta e, insieme, dà luogo a uno sviluppo sempre più diseguale, perché sempre più marcatamente fondato sulla contrapposizione classista tra Servo e Signore, con annesso conflitto unilateralmente determinato come massacro di classe del secondo ai danni del primo.