Alessandria (Gimmy Barco) – Sabato mattina è deceduto all’ospedale dov’era ricoverato Alfredo Quaglia. Era nato nel 1930 e la sua famiglia era famosa in città per la fornace che conduceva al Cristo dai primi del Novecento. Dopo la scomparsa della moglie Imode avvenuta nel 2015 viveva da solo nell’appartamento agli Orti in un condominio che sorge proprio davanti all’ingresso delle tribune del Mocca. E non poteva essere altrimenti perché Alfredo ha dedicato al calcio, e non solo ai Grigi, tutta la sua vita. Poco più che ventenne era stato dirigente dell’Alessandria poi ha cominciato una lunga carriera da d.s. che lo ha portato in tante piazze calcistiche della Penisola. Ha lavorato anche per i Grigi e il suo nome è legato a campionati vinti in Serie C e a salvezze miracolose. Negli anni ’60 è stato uno dei più stretti collaboratori di Italo Allodi, l’artefice dell’Inter di Angelo Moratti ed Helenio Herrera. E proprio Allodi è stato soprattutto colui che ha dato una svolta manageriale al calcio italiano ritagliando il ruolo del “direttore sportivo” così come lo conosciamo adesso. Alfredo Quaglia è stato allora fra i protagonisti del passaggio epocale da un calcio fondato sul mecenatismo dei presidenti, al calcio manageriale che conosciamo oggi. Dietro a questo fine conoscitore di cose calcistiche c’era un uomo controverso ma autenticamente alessandrino. Guardavi e ascoltavi Alfredo nelle sue irresistibili affabulazioni e coglievi il “come eravamo”. La nostra città nella sua forma migliore lui l’aveva vista ed aveva contribuito a farla diventare così. E non eravamo poi così male. Accidenti a lui e a noi e a quello che siamo diventati.